Portachiavi senza italiani

16 Giugno 2008 di Stefano Olivari

ZURIGO – La città del nord della Svizzera che ospita moltissimi emigranti italiani, ma che noi identifichiamo anche come sede del derby fra l’FC Zurigo ed il Grasshoppers, ci accoglie con un clima leggermente più freddo rispetto a quello trovato a Berna qualche giorno prima. Poco male, ci diciamo, stasera sarà l’Italia a scaldarci, dobbiamo vincere e questa ci sembra la giornata giusta. La stazione di Zurigo, dall’inizio degli Europei, ospita anche gigantografie plastificate che sono la riproduzione di 11 calciatori di differenti nazionali che partecipano ad Euro 2008. In perfetto stile fiera di paese (indovini la risposta e vinci la bambolina) alcuni ragazzi targati Adidas chiedono ai curiosi che si fermano sotto i giganti di individuare i nomi degli stessi, così da intascare un bel portachiavi. Dei vari giocatori non c’è nemmeno un italiano – strano visto che gli Azzurri a Zurigo giocheranno due partite – e dopo aver preferito glissare sui giocatori in maglia polacca e olandese, andiamo sul sicuro: Ballack, Cech (ha anche il caschetto), Charisteas e Chivu.
Intascato il portachiavi, usciamo dalla stazione e ci dirigiamo verso la Fanzone. Mancano poche ore alla partita e la zona dei tifosi ci sembra un po’ smorta, senza quella passione e il calore che avevamo trovato a Berna. Non resta quindi che dirigerci verso il Letzigrund: più ci avviciniamo, più vediamo salire la febbre per l’attesa. Tanti italiani, tantissimi con qualcosa di azzurro addosso ma anche tantissimi rumeni, abbigliati con il giallo di ordinanza. L’atmosfera è molto tranquilla, non si può dire che le due tifoserie fraternizzino come qualche giorno prima era successo nella capitale elvetica, diremmo piuttosto che si ignorano quasi totalmente. Ognuno canta i propri cori, sventola i colori della sua squadra ma mostra poco interesse per l’avversario che ha di fronte. Dentro lo stadio l’effetto cromatico questa volta è finalmente a favore degli Azzurri che occupano circa tre quarti del Letzigrund. I rumeni sono tutti concentrati in una parte ben definita dello stadio ed occupano parte di un rettilineo e quasi un’intera curva. I cori dei nostri avversari sembrano un po’ scontati – anche se dobbiamo dire sinceramente che il rumeno non lo conosciamo – e poche volte vanno al di là di un “Rumanìa,Rumanìa!”.

Alle 18 finalmente la partita e qui dobbiamo ripetere quanto detto la scorsa settimana: ci siamo divertiti meno. Sul match anche questa volta è stato detto tutto, con varie accuse all’arbitro norvegese, alla sfortuna e discussioni sul perché Cassano non sia partito titolare (per la prossima partita in caso di ennesimo insuccesso ci aspettiamo anche commenti di chi dirà che “è uno scandalo lasciare fuori Quagliarella” e “non si può avere in panchina il secondo miglior cannoniere del campionato italiano e non farlo mai giocare ”). Quando mancano meno di dieci minuti alla fine Buffon para un rigore a Mutu e ci tiene appesi a un ultimo filo di speranza. L’Italia ha giocato sicuramente meglio rispetto alla partita con l’Olanda ma per andare avanti ci vuole ben altro. Mestamente usciamo dallo stadio, inutile cercare di prendere un tram che ci riporterà in centro perché sono tutti pieni di tifosi, così non ci resta altro da fare che percorrere i quattro chilometri circa che ci dividono dal centro cittadino. I tifosi rumeni ormai si abbandonano in cori pro-Olanda mentre quelli italiani sperano in un piccolo aiuto dei nemici francesi. Niente da fare, gli oranje dopo gli azzurri distruggono anche gli uomini di Domenech, sommergendoli sotto un passivo di quattro gol a uno.

Tornati alla Fanzone, la vediamo completamente trasformata. Piena di tifosi rumeni e olandesi festanti ma anche di italiani che comunque hanno voglia di divertirsi e di tifosi di altre nazionalità che si radunano soprattutto in Parade Platz dove si canta e balla su ritmi sudamericani. E’ la solita bella festa del post partita, che ci godiamo appieno durante queste manifestazioni. Il giorno dopo veniamo a sapere dai giornali che ci sono state risse e arresti in città, ma noi non ce ne siamo proprio accorti. La scorsa volta dicevamo che questa sarebbe stata l’ultima spiaggia, ora siamo alla deriva ma prima di parlare di una possibile “marmelada olandese” (o biscotto, parola in voga negli ultimi tempi) cerchiamo di battere la Francia, poi, come dei Del Piero/Achille ci metteremo sul colle e aspetteremo il risultato di Berna. Siamo quasi alla conclusione della prima fase e ad oggi sembra che il vincitore non possa uscire dal trittico Spagna, Portogallo e Olanda. Bisogna però andare piano con le conclusioni troppo affrettate. In precedenti edizioni di Mondiali ed Europei chi è partito molto bene non è poi riuscito ad arrivare alla fine. I casi che ci vengono in mente sono senz’altro quelli dello splendido Brasile del 1982, della Repubblica Ceca agli Europei portoghesi del 2004, oppure ancora la grande Argentina di Germania 2006. Tutte partite fortissimo ma nessuna di queste che ha raggiunto la finale. Giuste le considerazioni di chi sostiene che Francia e Italia potrebbero tornare pericolosissime dai quarti di finale e che quindi l’Olanda ha nelle proprie mani l’occasione ghiotta di eliminarle entrambe. Non ci resta che aspettare e vedere se dopo la Svizzera, riusciremo a visitare anche il Paese confinante.

Luca Ferrato, da Zurigo
ferratoluca@hotmail.com

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