Non si è ancora ritirato

19 Aprile 2010 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
La testa di Nadal,  l’umiltà di Volandri e le squadre senza senso.

1. Meglio di Borg, non per i record ottenuti in epoche comunque paragonabili, ma per essere riuscito a non calare di testa una volta uscito dalle prime due posizioni del mondo. Rafa Nadal ha triturato l’elìte o ex elìte della terra battuta a Monte Carlo (Ferrero nei quarti, Ferrer in semi, Verdasco in una delle finali più veloci nella storia del torneo), dopo quasi un anno con zero titoli e pur essendo lontano dal miglior se stesso: il Borg che a 25 anni, nel 1981, lasciò Flushing Meadows senza nemmeno partecipare alla premiazione (di McEnroe) e che di fatto lì si ritirò, è uno scenario ancora lontano. Un torneo zoppo, va detto, senza Federer, Davydenko, Del Potro e Soderling: un fenomeno e tre campioni che con Nadal sulla terra perderebbero (e hanno perso) quasi sempre e malvolentieri, però almeno facendo il loro gioco e non il suo. Anche Verdasco avrebbe in realtà caratteristiche che gli consentono di uscire dagli incroci sempre più…incrociati di Nadal, ma ieri non era giornata. Adesso questo Nadal all’80% deve sopravvivere fino al Roland Garros, conquistando Barcellona e il Foro Italico. Da lì in poi non avrà più cambiali in scadenza dall’anno prima e non è inverosimile che possa tornare numero uno del mondo con una buona stagione estiva sul cemento. Per adesso è terzo, dietro a Federer e all’ondivago Djokovic e davanti a Del Potro e Murray. Inutile fare previsioni, se non per le scommesse. Al momento è tornato a vincere, situazione sempre leggermente diversa dal non vincere.
2. Aspettando la finale di Monte Carlo vista quella del challenger Rai, in un clima un po’ da strapaese in cui tutti erano amici di tutti (discorso finale di Milly Carlucci, alla presenza del consigliere Rizzo Nervo) ma giocata bene dai protagonisti: Filippo Volandri che a 29 anni sta cercando di risollevarsi con molta umiltà, senza aspettarsi o pretendere wild card nei tornei che contano, e il ventiseienne muscolare algerino Ouahab. L’obbiettivo realistico del livornese è un rientro nei primi cento del mondo, molti piani più in basso rispetto a Nadal il rischio era lo stesso: non avere più voglia, dopo avere ottenuto il massimo possibile per il suo gioco ed avere avuto seri problemi alle ginocchia.  A Tor di Quinto Volandri ha battuto in un primo turno nobile Vassallo Arguello, nei quarti Christophe, il meno famoso dei Rochus, ed in semifinale l’olandese Jesse Huta Galung. Fatica vera l’ha fatta solo contro Matteo Viola (gran rovescio ma servizio peggiore anche di quello di Volandri) al secondo turno, guadagnandosi quindi fino all’ultimo euro dei 4.300 spettanti al vincitore (35mila il montepremi totale). Le imprese valgono sempre in relazione al contesto, e Volandri a Tor di Quinto non era nemmeno fra le teste di serie (l’ottava era l’americano Jess Witten, numero 168 ATP). Più futuro di Volandri avrebbe in teoria Matteo Trevisan, partecipante con wild card, che al primo turno si è trovato di fronte però proprio Ouahab.
3. Lo spazio extra-calcio ed extra-Ferrari sui media italiani è così esiguo che anche l’esaltazione di un torneo come quello di Barcellona va bene. Esaltazione perché ovviamente l’ha vinto un’italiana su un’altra italiana: la Schiavone ha asfaltato la Vinci (campionessa uscente, fra l’altro) guadagnando il suo terzo torneo WTA e facendo guadagnare qualche riga in vista della semifinale di Fed Cup contro la Repubblica Ceca. Manifestazione di valore solo nazionalistico, quando la tua nazione va avanti, e meno importante del fatto che fra le prime cento del mondo (novità della settimana l’ingresso nelle top ten della Stosur) ci siano ben 7 italiane.

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