Non mi acquisterei

27 Luglio 2007 di Stefano Olivari

“Nel marzo del 2006 mi ero accordato con il Real Madrid. Capello era già in procinto di diventare allenatore dei merengues, aveva fatto alla dirigenza il mio nome. Poi mi sono rotto il crociato. Finito tutto”. Firmato Francesco Coco. Cosa pensate delle sue parole? Intanto che nel marzo del 2006 Fabio Capello era l’allenatore della Juve non ancora investita da Calciopoli e che si era già accordato con il Real. Non si tratta dell’unica grossa rivelazione fatta dal terzino sinistro, nella hall di un albergo di Riscone di Brunico, dove si allena con la squadra Primavera dell’Inter in attesa di andarsene da qualche altra parte. E’ un fiume in piena, Francesco. Tanti argomenti, nessuna polemica, solo fatti e considerazioni. Ma che fatti, e che considerazioni.

Partiamo dalla insolita preparazione estiva, assieme alla squadra Primavera, con “i grandi” che sudavano e provavano gli schemi sul campo accanto. Come ti sei sentito? Imbarazzato? Frustrato?
”Diciamo che io voglio tornare a fare il calciatore e che non mi sarei sentito a mio agio con i miei ex compagni. So che l’Inter non conta su di me, so che non rientro nei piani. Mi sarei sentito uno di troppo, quasi un intruso. Ho un contratto fino al 2009, di conseguenza ho ricevuto la raccomandata dalla società, che mi invitava di presentarmi in ritiro il 14. Assieme ai dirigenti abbbiamo deciso di stare con la Primavera. Meglio per tutti”.

Fisicamente, come stai?
”Non tornerò mai al cento per cento. Dopo l’operazione alla schiena ho un deficit del nervo sciatico, al massimo potrei arrivare all’ottanta. Lo spero bene, anche perché ci sono delle offerte interessanti, potrei tornare a giocare”.

In Italia?
”No, all’estero. Il Deportivo La Coruna é una possibilità, c’era anche il Betis Sevilla, poi é sfumato, sono a posto con i terzini. Ho qualche offerta pure dallla Francia. Speriamo bene”.

Perché all’estero, in Italia non sarebbe possibile?
”Non credo. Le società temono il giudizio della gente comune, dei tifosi. Nessuno punterebbe su di me. Al primo errore, il minimo errore, sarei finito. In un altro paese mi sentirei libero, mi giudicheranno secondo le mie prestazioni e basta. Niente gossip, niente preconcetti”.

Dicevi del contratto: hai mai pensato alla rescissione?
”Sì, certo, onestamente però mi pare una strada poco percorribile, in questo momento. Vorrei andare in prestito per una stagione e poi convincere la mia nuova squadra ad acquistarmi. D’altronde chi prenderebbe un giocatore fermo da un anno, con due gravi infortuni alle spalle? Io non mi acquisterei”.

L’Inter, inteso come società, come si é comportata?
”Mi ha completamente abbandonato, e non da ieri”.

In che senso?
”La mia prima stagione in nerazzurro é stata ad alti livelli. Titolare quasi sempre. Poi inizia il mal di schiena e i medici mi consigliano l’intervento. Risultato? Sono stato fermo due anni”.

E loro?
”Nulla. mi hanno lasciato solo. A gestire una situazione terribile. Dovevo tornare dopo un mese e mezzo, sono stato fuori per due anni”.

Scusa, ma é dura da capire. Avevi 26 anni, eri titolare della Nazionale e dell’Inter. Perché mai una società non deve difendere un patrimonio del genere?
”Chiedetelo a loro”.

Lo chiediamo a te.
”Non lo so. Dovrei andare e chiarire la situazione, chiedere delle spiegazioni”.

Forse é un po’ tardi, sono passati quattro anni.
”Lo so. Appena infortunato, mi sono concentrato sul recupero. Vedevo che i tempi si allungavano, non riuscivo a capire cosa succedeva. Non avevo la testa per dei chiarimenti”.

Però un’idea ce l’avrai…
”No”.

Il Milan ha avuto da gestire un caso molto simile, quello di Inzaghi. Per due anni lo hanno sostenuto, appoggiato, aiutato: lui é tornato regalando la Champions.
”Diciamo che i due infortuni non sono stati simili. Però, come idea, si, ci sta”.

Fin qui le colpe della società. E le tue?
”Io ho mollato troppo presto, lo ammetto. Lo dicevo prima, sembrava un recupero breve, invece i tempi diventavano sempre più lunghi. Mi chiedevo se sarei tornato a fare il calciatore, non trovavo risposte, mi sono lasciato andare. E’ in quel periodo che iniziano le storie piccanti, i gossip, il tam tam mediatico, uscivo sempre e di conseguenza facevo notizia”.

Forse un po’ te le sei cercate, le notizie extracalcistiche.
”E perché? Io semplicemente mi divertivo, andavo in discoteca, alla luce del sole. Altri invece rimanevano a casa a far baldoria fino alle otto. Una volta una giornalista viene e mi chiede come mai finisco sempre sui giornali. Ma io che ne so, mica faccio l’editore o il direttore del giornale. Sono gli altri a pubblicare articoli su di me”.

Fra le tante donne, qual é stata la più bella?
”E’ antipatico fare delle classifiche, però solo una donna avrei sposato, Manuela Arcuri. Certo ero ancora troppo giovane, avevo solo 26 anni, ma in prospettiva mi ci vedevo accanto a lei”.

Prima di tornare al calcio, ci racconti l’episodio delle due donne si fanno a coltellate per te? ”Pazzesco. L’aspetto più delirante e che gli amici mi chiamano dicendomi beato te. Come beato me? Una cosa del genere é folle, incredibile. Non c’entro nulla, assolutamente. Poi mi chiedono perché esco sui giornali: cosa c’entro?”

Francesco Coco é ancora un calciatore da grande squadra?
”Non lo so. Però vi racconto un episodio. Al Livorno andavo benissimo. Giocavo sempre, e bene. Un giorno si presentano i dirigenti del Lione, si giocava contro la Fiorentina. Volevano seguire Pasqual, alla fine della gara si sono congratulati con mio padre, seduto accanto. Hanno preso contatto, poi mi sono infortunato di nuovo. Ecco, vorrei tornare come ai tempi del Livorno, 29 gare ad un buon livello; poi tutto sarà possibile”.

A dire il vero un’occasione c’é stata, nella passata stagione, il Torino.
”Andò tutto male. Una scelta sbagliata, affrettata. Mi sono accordato nell’ultimo giorno di mercato, il 30 gennaio, senza neppure essere convinto. Andai per Zaccheroni. Il Toro era a metà classifica, poi vennero quattro sconfitte di fila e la situazione era diventata drammatica. Esonerato Zac, arrivò De Biasi che non poteva rischiava nulla e di conseguenza puntò sulla gente pronta. Feci due gare, peraltro da ala. Come convincere? Poi il novanta per cento della gente era contraria al mio arrivo, non si andava da nessuna parte”.

Capitolo Manchester City: davvero sei andato ad allenarti con la sigaretta in bocca?
”Altra pazzia. Secondo voi, uno va con la sigaretta in bocca a salutare il mister? In dodici anni di professionismo nessuno mi ha mai visto fumare, nel caso uno senta il bisogno va nel bagno, come a scuola. E’ venuta dall’Italia la notizia, da qualcuno che aveva l’intenzione di farmi del male, in Inghilterra hanno semplicemente copiato dai giornali italiani. Sono stato per tre giorni a Manchester. Ogni mattina un dirigente veniva a prelevarmi dall’albergo e mi portava allo stadio. Uno scende dalla macchina e si accende la sigaretta, davanti agli spogliatoi? Assurdo”.

E allora perché non sei rimasto?
”Semplice, Pearce mi voleva utilizzare come centrale. Sono un terzino, mister, gli dissi”.

Pensi al dopo calcio?
”Ho già delle mie attività, farò l’imprenditore”.

Non ti interessa un ruolo in una società, o magari fare l’agente?
”Se non segui i tuoi affari da vicino sei perduto. Per cui…”

Isola dei famosi, qualche altro show televisivo?
”Il calcio é un’attività pubblica, non mi va di farne un’altra”.

Inter, Barca, Milan, la Nazionale. Poi nulla, solo infortuni e guai. Facendo un bilancio, ti consideri un calciatore fortunato oppure no?
”Fino a 26 anni molto fortunato. Dopo, no”.

Pare ovvio, ma complessivamente?
”Direi sfortunato. Se a 25 anni hai giocato
nelle squadre più forti del mondo e hai fatto pure un Mondiale, vuol dire che ci sapevi fare. Ecco, avrei voluto migliorare ancora, giocare ad altissimi livelli. Due gravi infortuni mi hanno distrutto”.

Dominique Antognoni
dominiqueantognoni@yahoo.it

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