Niente teste di cazzo

10 Ottobre 2023 di Stefano Olivari

Confessiamo: quando viene annunciato il premio Nobel per la Letteratura quasi sempre andiamo affannosamente su Google a vedere chi sia, ma quando Luciano Spalletti cita un libro noi lo abbiamo di solito letto. È stato così anche per Niente teste di cazzo, di James Kerr, uscito 4 anni fa per Mondadori con un titolo italiano discutibile, visto che l’originale è Legacy. Ma nella storia è accaduto di peggio (chi si ricorda di Con sei ragazze a poppa si rizza la prua?). Il commissario tecnico lo ha comunque inserito in un discorso più ampio, quello sulla scarsa concentrazione di tanti giocatori di oggi, simboleggiata dall’arrivo allo stadio o al campo di allenamento con i cuffioni e dondolandosi come ebeti.

Ma al di là di Spalletti il libro è interessante e non è nemmeno un libro sugli All Blacks, come è stato presentato. Semplicemente prende storie e aneddoti riguardanti la nazionale neozelandese di rugby perché siano utili ad una vita utile, per noi nel presente ma anche per altri, lasciando qualcosa (da cui appunto Legacy) a chi venga in contatto con noi. Non ci sono frasi da motivatore cazzuto, come di solito accade in questo tipo di libri, ma diverse domande da porci ogni giorno. Chi siamo? Perché stiamo facendo questo? Ma soprattutto: quale è il nostro vantaggio competitivo, ammesso che esista (perché può non esistere e si vive lo stesso), sugli altri?

In ultima analisi fuffa, aria fritta, di quella che serve ad inculare un po’ di soldi alle aziende usando lo sport che davvero è un mondo a parte, non fosse altro che perché è l’unico ad avere obbiettivi chiari. Lo sportivo sa se sta facendo bene o male, diversamente da quanto accade in qualsiasi altra professione. Però il miglioramento individuale, questa la chiave del libro, quello proprio come persone, è la base di un successo non effimero o comunque di una vita decente. Chi mette in ordine le proprie cose ed il proprio spogliatoio ha la testa giusta, chi fa gli scherzi al magazziniere ascoltando la propria playlist no.

Al di là degli All Blacks, inevitabili le citazioni di John Wooden, Vince Lombardi, Bill Walsh e altri allenatori (in attesa del libro di De Zerbi super consigliabile La Piramide del Successo di Wooden, degli altri non abbiamo letto niente se non le loro frasi celebri) che non hanno mai proposto la retorica del gruppo ma hanno costruito grandi squadre invitando i singoli ad essere persone migliori. Niente di inedito o che aiuti a fare carriera, ma una lettura interessante e non moraleggiante. Evitare di fare le teste di cazzo conviene, non è una questione di simpatia e antipatia perché anzi le teste di cazzo sono spesso simpatiche. Ma una squadra ne può reggere una, se ne ha la convenienza, non di più.

stefano@indiscreto.net

 

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