Nell’Astana del lupo

1 Dicembre 2006 di Stefano Olivari

1. Quest’anno quasi con comodo e quasi per tempo, ecco che va in scena la presentazione ufficiale del Giro d’Italia prossimo venturo. E chissà che nel foyer del Teatro degli Arcimboldi non si accettino scommesse: tra l’Angelo Zomegnan organizzatore e quei diavolacci di giornalisti rovina-sorprese, chi l’avrà vinta questa volta? Il primo, che ha finito per compilare il più imprevedibile dei Garibaldi (nomignolo, gergale, attribuito al libro-guida che illustra la gara) giusto per fargliela al solito anticipatore ben informato, o i secondi che anche sul Web impazzano, rivelatori dispettosi – e nel dettaglio – di un percorso di gara molto poco segreto? Il giallo intriga in particolare tutti i concorrenti della verdellea (già rosea), da sempre all’inseguimento di piste e soffiate valide, per uno scoop su salite e tappe da far saltare: lo sfoggio di un colpo di reni che la testata-promotrice dell’evento non potrà mai permettersi, impegnata com’è a tirarsi la volata. Le solite cucine redazionali bene infornate subodorano già il rigetto del gruppo verso i troppi trasferimenti designati, disegnati sulla cartina 2007. Basteranno premi ancor più ricchi, a far digerire tutti questi spostamenti ai poveri corridori col mal d’auto?
2. Sembra impossibile. Ma un ex gregario di Ivan Basso se ne va in giro per davvero, a dire che il ritorno alle gare del varesino potrebbe gettare sul gruppo l’ombra inquietante del sospetto o dell’accusa di doping. E allora meglio, molto meglio che nessuno domandi al suddetto quanta credibilità immagini detenga ancora il ciclismo professionistico, presso il grande pubblico e presso lo stesso piccolo mondo degli addetti ai livori; finanche prima, oltre che dopo le nebulose indagini dell’Operación Puerto. Soprattutto, nessuno gli chieda dove diavolo abbia vissuto negli ultimi quindici anni, se su questo o su di un altro pianeta (che abbia corso per una formazione UCI Satellitar?). Anche perché, del resto, si conosce benissimo l’ultimo recapito al quale il delatore è rintracciabile: fino a meno di un mese fa, giusto lo stesso del suo capo espiatorio. Quell’apprezzato capitano servito e riverito per tre-stagioni-tre, come da scudiero pronto e fidato.
3. Figurine Fanini. Quasi fosse una compagnia delle opere buone, l’Amore & Vita – McDonald’s offre un’altra possibilità a Ivan Quaranta. Quaranta chi? Aiutino: qualche anno fa enfatici suiveur, velocisti del soprannome, ne cantarono repentini le gesta (quattro vittorie al Giro in due stagioni, nientemeno) come di quelle d’un «ghepardo di Crema». Un azzardo. Affermazioni senza seguito, poi smentite da una serie d’innumerevoli ritiri nelle corse che contano. In confronto, Endrio Leoni seppe fare di meglio. Quaranta chi? Un’eterea promessa, mai mantenuta.
4. La vita del più incredibile (o meno credibile) degli sport professionistici è come una scatola di cioccolatini: non Saiz mai quello che ti capita. Succede che il ritorno del più chiacchierato dei direttori sportivi alla guida del più chiacchierato dei gruppi sportivi, procuri più di un imbarazzo ai suoi ex collaboratori e corridori, rimasti felici e beati nell’Astana del lupo, convinti com’erano che il vecchio patron non vi mettesse più piede. Errore. Tecnici e atleti vecchi e nuovi, tra i quali Alexandre Vinokourov e Paolo Savoldelli, vivacchiano quindi da separati in casa, in attesa di una pronuncia definitiva (?) della federazione internazionale, sul caso strano delle due squadre in una. Fedelissimi del redivivo team manager e ribelli ammutinati in rotta con lui, tutti insieme appassionatamente, restano nel frattempo a guardarsi in cagnesco, scomodi scomodi sui sedili della stessa ammiraglia.

Francesco Vergani
francescovergani@yahoo.it

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