Nadal è soltanto il più forte

15 Settembre 2010 di Marco Lombardo

di Marco Lombardo
E adesso le cose si complicano. Perché se Novak Djokovic, appena persa una finale degli Us Open, guarda il suo avversario per dirgli «tu diventerai il più grande di sempre», la polemica tra gli schieramenti non può che riesplodere.Insomma: Federer o Nadal? E soprattutto: dove arriverà davvero Rafa, che con il 6-4, 5-7, 6-4, 6-2 costruito lunedì a New York tra uno scroscio di pioggia e l’altro, ha portato a casa – con il nono successo tra Australia, Parigi, Wimbledon e Flushing Meadows – il Grande Slam della carriera a soli 24 anni? Appunto: forse oltre Federer. Anzi no, ed ecco perché.
Facendo paragoni, non c’è dubbio che il maiorchino abbia un chilometro di vantaggio sullo svizzero: alla stessa età solo Bjorn Borg aveva vinto come lui, solo che a quota 25 l’orso svedese aveva già appeso la sua racchetta di legno al chiodo, mentre Nadal ha intenzione di usare il martello ancora a lungo, ma solo per picchiare sulle palline. E non c’è dubbio poi che la tenuta mentale sia dalla parte dell’attuale numero uno del mondo: Federer ha sempre sofferto Nadal e anche il miglior Roger ha subito le sue sconfitte più deludenti proprio per l’incapacità di superare il blocco Rafa. L’esempio più lampante è la finale di Roma del 2006, l’ultima giocata al meglio dei 5 set sul rosso degli Internazionali: lo svizzero, in vantaggio 4-1 nell’ultima partita e poi con due match-point a suo favore, improvvisamente smette di giocare come sa. Stava per battere il nemico sul suo terreno, era il suo momento. Eppure finisce 7-6 Nadal, come sempre. E – ancora – non è un caso che Federer conquisti finalmente il Roland Garros, anno 2009, nel torneo in cui un malmesso Nadal viene defenestrato in malo modo da Robin Soderling. Senza di lui pista libera.
Mentre ora, con il ventinovenne Roger verso il tramonto, Nadal sa che il futuro è suo, anche se non infierisce:
«I 16 titoli negli Slam sono un traguardo lontanissimo, non ha senso pensarci ora. I paragoni con Federer sono stupidi: i numeri dicono che lui in questo momento è il migliore. Io mi godo i miei trofei, non avrei mai pensato di conquistare tutto questo. Questa vittoria è più di quanto abbia mai sognato. Era già incredibile arrivare in finale. Per la prima volta nella mia carriera ho giocato un gran match sul cemento e l’ho fatto nel momento più importante. Questa superficie, per me, è sempre stata la più difficile. Vincere qui è il premio per tanto lavoro: rispetto al 2009 sono migliorato e continuerò a lavorare per crescere ancora». Appunto. Inappuntabile. Però…
Perché c’è qualcosa che nella sfida tra due supercampioni, celebrata perfino in una pagina dedicata dall’enciclopedia on-line Wikipedia, sfugge alla logica dei numeri.
Ed è, vista con gli occhi di chi tifa Federer, l’essenza del tennis. Ovvero: Nadal esalta, ma Federer emoziona. Nei colpi di Roger insomma c’è la purezza del gesto, in quelli di Nadal la ripetizione furiosa di uno schema perfezionato con l’allenamento. Nei tocchi di Federer c’è il genio improvviso, il passante che parte da sotto le gambe, il diritto che ti fulmina e tu non sai perché. Nelle mazzate di Nadal l’agonismo di chi non mollerà mai perché ha imparato a non mettersi dei limiti. Per questo, e in questo, anche se Nadal diventerà migliore di Federer non sarà mai come lui. Ma trattandosi di due facce della stessa racchetta, la risposta da dare agli ultrà dei due eroi forse è una sola. E cioè che migliore di sempre è la loro rivalità.
Marco Lombardo
(per gentile concessione dell’autore, fonte: Il Giornale)
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