Lo scarico delle centodue

1 Aprile 2009 di Stefano Micolitti

L’Associazione Italiana Calciatori si è ricordata di esistere non solo per incassare i soldi dei diritti di immagine collettivi (quelli della Panini, semplificando), ma anche per difendere i giocatori che lontani dai riflettori guadagnano, in genere fino ad aprile (la firma delle liberatorie poi rende un terno al lotto la ricezione degli ultimi tre stipendi stagionali), duemila euro al mese in ambienti allucinanti. Del caso Juve Stabia abbiamo già parlato (ieri il povero Maurizio Costantini ha dovuto lanciare segnali distensivi alla curva), ma ci sono anche quelli del Novara, del Gela e di tante microrealtà in cui gli ultras sono più numerosi degli spettatori normali e molto più legati al territorio. L’AIC ha chiesto a Viminale ed Osservatorio di non muoversi solo nelle situazioni da copertina, ma non c’è dubbio che ormai il calcio professionistico minore sia fuori controllo. A ogni latitudine: la situazione finanziaria della Pro Patria, fra contributi non versati, debiti, dimissioni fasulle, messa in mora da parte delle due stelle Fofana e Toledo (che rishiano di tornare al Ravenna, stesso girone e stessi obbiettivi), inevitabili voci di affiliazione moggiana e minacce varie, sta falsando il campionato di Prima Divisione: la squadra di Busto Arsizio rischia seriamente di essere promossa in B, per poi scontare lì quei pochi punti di penalità che le infliggeranno. Purtroppo per l’Aic, il sistema può reggere non più di trenta squadre professionistiche vere in tutta Italia: ma Campana non vuole passare alla storia come il liquidatore delle altre centodue.

Share this article