Laura non c’è

9 Dicembre 2009 di Dominique Antognoni

di Dominique Antognoni
Da una difesa dell’autorevole Equipe qualche riflessione sulla morbidezza della stampa sportiva italiana, adesso impegnata a cloroformizzare i discorsi sulla Juve. Perché il colpevole è l’allenatore, e nemmeno sempre…

Qualche giorno fa una gentile signora di nome Laura (una delle tre donne che leggono Indiscreto, stando alle ultime rilevazioni del Direttore) ci riempì di critiche perché avevamo osato dire la verità sull’impresentabile inviato dell’Equipe. Aveva scomodato perfino Gianni Brera, magari senza averlo letto (come il novanta per cento di chi ne parla). Insomma, il solito pistolotto moraleggiante all’italiana: mancate di rispetto ad un collega (avvertimento paramafioso, nel caso venga da colleghi, ma ignoriamo la professione di Laura) e scriviamo per invidia, frustrazione, bla bla bla. Amen.
Di sicuro la sciura Laura ama molto di più i rispettosi quotidiani italiani che prima di scrivere una parola negativa su Del Piero, Juve, Ferrara, Blanc e Lapo Elkann fanno mille ragionamenti contorti, primo fra tutti il fantastico “Teniamo tutti famiglia e poi non dobbiamo scontentare il lettore-tifoso”. Perché l’ipotesi di base è sempre quella: chi legge di una squadra deve per forza essere tifoso di quella squadra, quindi vendiamogli ottimismo. Da mesi alcuni giornalisti costretti dalla vita a seguire ogni giorno la Juventus raccontano di tutto (in privato) su Diego, Melo, Ferrara sulla dirigenza. Cose pesanti, che sperano scriva il loro interlocutore in modo poi da poterle ‘riprendere’ (in italiano: copiare senza beccarsi una querela). Il punto sta tutto lì.
La simpatica ma inacidita signora Laura evidentemente non sa cosa sia il giornalismo ma ha in concreto ragione: in Italia viene considerata una mancanza di rispetto avere un parere critico. Giusto: uno deve fare l’impiegato e aspettare lo stipendio, pagato non certo con le vendite ma con gli introiti pubblicitari. Domanda: se la Fiat non fosse un grossissimo investitore (big spender, come ama dire la gente che la sa lunga) cosa avremmo già letto sulla Juve e dintorni? Cambiate la squadra ed il prodotto ‘giornalistico’ cambierà di poco, visto che la pubblicità non è l’unica leva finanziaria utilizzabile per avere articoli al cloroformio: tutti ‘simpatici’ e ‘signori’. Cara zia Laura, lei ha ragione: non si fa come facciamo noi. Non si scrive quello che si pensa. Si mette in prima pagina come ieri una dichiarazione di Del Piero, “Juve ora vinci e non fermarti più”. Perché mai si dovrebbe avere un parere? Il giornalista, per come la vede lei, deve esaltare il tifoso, dimenticando che il tifoso non compra nulla e al massimo sfoglia il giornale al bar. E pazienza se Del Piero è da anni la zavorra della Juve. Il tifoso ha quindi le lacrime alle occhi solo a vederne il nome scritto in grande (ne siamo sicuri?)
Viviamo in un mondo, quella della stampa italiana, cosi contorto da considerare bravo chi scrive ‘Maradiego’ o ‘Voglia di Ale’. Secondo la sempre giusta signora Laura (e tanti altri) il giornalismo sta nel parlare della delusione di Ferrara e la voglia di Legrottaglie di vincere la Europa League. D’altronde mica interessava la Champions, il primo obiettivo era il campionato, diranno coloro che la sanno lunga. Diranno che il progetto (ma quale?) é solo agli inizi, che si deve ripartire dalla rabbia di Ale, che i giocatori si sono parlati dopo la gara contro il Bayern (farlo prima, no?), che le sconfitte rafforzano e che si rema tutti dalla stessa parte. Ecco, cara Signora Laura, stavolta abbiamo scritto un pezzo che a lei dovrebbe andare a genio. Propositivo, non distruttivo, vero? Così forse possiamo tornare a far parte della categoria dei giornalisti italiani. Una categoria che domani farà dei titoloni su John Elkann (sicuramente le parole più dure saranno “Piena fiducia a Ferrara”) e dopodomani ruggirà con un “A Bari per dimenticare il Bayern”. Poi qualcuno si scandalizza per il poco rispetto di Mourinho verso la categoria (o per il suo presidente, un altro dei grandi beatificati dai grandi inviati). Perché mai si dovrebbe disturbare nel rispondere, sapendo già come vanno le cose? 
Immaginate solamente cosa accadrebbe domani se l’Inter fallisse il passaggio agli ottavi: altro che carezze e progetti da mandare avanti. I giocatori sono uomini veri che solo quel cattivo portoghese non capisce, Moratti è una persona illuminata e un grande intenditore di calcio (fosse stato per lui avrebbe comprato i Brechet e i Recoba ancora oggi), il tifo interista meraviglioso e meritevole di dieci Champions League. Unico colpevole Mourinho, l’uomo che ricorda ad alcuni giornalisti quanto siano ridicoli. Ci sono grandi firme che affilano i coltelli da tempo, non per motivi calcistici ma per una intervista o una cena rifiutate. Interviste che Ferrara ‘Grande uomo’ non rifiuta mai: purtroppo per lui il calcio si gioca (a volte) sul campo e non nelle felpate redazioni italiane. Per chiudere: sull’ultimo numero di Prima Comunicazione si parla di un restyling di Tuttosport. Lo vogliono far diventare un giornale di nicchia. Gentile Signora Laura, ci può illuminare e dirci cosa significa nel linguaggio del giornalismo italiano ‘giornale di nicchia’?
Visto che ormai si scrive per i tifosi, editoriale preventivo per quelli dell’Inter. In caso di passaggio del turno ecco il titolo: ‘Mou, che euro-paura!!! – L’Inter batte il Rubin Kazan al 90′ e salva il discusso tecnico portoghese’. In caso di eliminazione: ‘Inter, l’ira di Moratti – ”Con una rosa come la nostra non si può uscire prima degli ottavi”. Baresi traghettatore aspettando Benitez?’. Intanto i lettori si stanno ‘traghettando’ sempre più lontano dall’informazione calata dall’alto. Peccato, perchè uccisi (o prepensionati) i professionisti in malafede rimangono sulla piazza solo i dilettanti allo sbaraglio. Addirittura più morbidi, in quanto più precari (e più scarsi), dei predecessori. Con un pubblico che è iper-critico, essendo più informato rispetto a vent’anni fa, e che non compra più. Insomma, Laura non c’è.
Dominique Antognoni

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