L’anno di Crialesi

2 Marzo 2011 di Stefano Olivari

La storica promozione in serie A del Catania 1982-83 di Gianni Di Marzio allenatore e Angelo Massimino presidente, raccontata in un libro sulla storia rossazzurra. Con Ranieri libero, Cantarutti centravanti, Mastalli creativo, Sorrentino in porta e tanti altri nomi che fanno venire i brividi solo a pronunciarli. Tutti protagonisti di quei memorabili tre spareggi di Roma insieme a Como e Cremonese… 

L’appuntamento con la cadetteria è per domenica 12 settembre in quel di Cremona: il pomeriggio è estivo, il caldo afoso. La partita è equilibrata e volge al termine così com’era cominciata, cioè priva di sussulti. Grazie a Dio, all’82’ aleggia ancora un filo di vento che scuote Aldo Cantarutti. La zampata della torre friulana è potente e Oddi si lascia sfuggire la palla dalle mani: 0-1. Sette giorni dopo, sopraggiungono i superfavoriti Diavoli rossoneri che sfoggiano lo Squalo Joe Jordan. Prima Franz Baresi e poi Mastallino trasformano due dubbi rigori. Il pareggio per 1-1 lo firma allora anche l’arbitro Gianfranco Menegali. Dagli spalti del Cibali, gremiti in ogni ordine diposto, in 35.000 ammirano uno squadrone, che è quello che veste la casacca rossazzurra.
Nel pomeriggio di sabato 25 settembre, alla vigilia della terza di andata, capita un fatto strano. Durante la trasferta per Lecce, dopo un viaggio spossante in pullman, il torpedone si ferma per una breve sosta all’area di servizio di Trebisacce dove vendono salumi e prosciutti genuini. Riparte e giunge a destinazione, ma manca il bomber. Saltano fuori strane congetture: Aldo è fuggito, è stato rapito. Finalmente da un taxi sbuca il fulvo centravanti in calzoncini di jeans sbrindellati, camiciola, zoccoli, sguardo sghembo e mitragliata di imprecazioni contro tutto e tutti. Ventiquattr’ore dopo, una bomba da fuori area al trentatreesimo assicura altri due punti: è il regalo del redivivo centravanti. Quando si torna in casa, a far visita c’è la Reggiana. L’assalto è privo di fortuna e la gara si conclude a reti bianche. Sette giorni più in là, al Comunale di Bergamo, Gianni Di Marzio posiziona Ranieri libero e azzecca tutte le marcature; al resto ci pensa Damiano Morra: intelligente, forte, generoso e indomabile. A metà ripresa, un missile di Giovanelli su cui il portiere Benevelli non può far nulla significa vittoria sull’Atalanta e primo posto in graduatoria.
Lontano da casa la brigata è una macchina da guerra, invece nell’impianto di Piazza Spedini i soldatini si impantanano e non riescono a sfruttare il fattore campo. E il motivo c’è. «Il terreno di gioco del Cibali – va ripetendo Di Marzio – è buono per piantarci le patate». Durante la gara con il Varese gli etnei attaccano dal primo all’ultimo minuto ma il gol lo sfiorano soltanto: 0-0. Alla “Favorita” di Palermo la difesa è eccezionale e blocca ogni incursione rosanero: 0-0. Il 31 ottobre si va a Cava de’ Tirreni. Non c’è Chinellato, c’è il nuovo acquisto Roberto Barozzi ma ci sono anche i padroni di casa che vanno in rete con Cupini. È un tiro forte e angolato che inganna Roberto Sorrentino. I pochi cross seguenti a cercare la testolina magica di Aldo Cantarutti non bastano a evitare il primo knock out: la Cavese giustizia il Catania per 1-0. Sette giorni dopo accorre sotto l’Etna la Pistoiese. Crialesi firma l’1-0, Vincenzi pareggia a cinque primi dal termine e Gamberini e Morra sono tra i migliori.
«Ci vuole Palanca, Massimino compraci Palanca» gridano 14.000 voci dagli spalti di un campo che pare stregato. Milan e Lazio scoccano il volo e prenotano due posti promozione. Fra gli inseguitori ci sono i rossazzurri che però collezionano troppe X in casa e hanno qualche punto di ritardo sulle due battistrada. La prima vittoria casalinga ha la data del 21 novembre. Ne fa le spese il Bari dei giovani di Catuzzi che torna a casa con tre reti sul groppone; portano le firme di Crusco, Cantarutti e Mastropasqua e infiammano la folla dei tifosi. La settimana successiva ecco una nuova sconfitta, questa volta a Como. La vendetta è di Massimo Palanca, autore di un diabolico tiro di punizione che scheggia l’incrocio dei pali. La palla assume una traiettoria maligna, rimbalza in verticale sulla linea di gesso, poi Matteoli la mette nel sacco.
Poco prima di partire per la trasferta di Bologna accade il finimondo. Per disputare due amichevoli internazionali di rugby, infatti, il Cibali è prestato al quindici dell’Amatori. Minaccia di ritardare per protesta la partenza dei suoi per la gara di Bologna, il signor Di Marzio. La sua disamina è spietata. «Ci avevano promesso il campo della Cittadella ma non ho visto niente. Era stato promesso un campo minore per il settore giovanile ma anche in questo caso tutto è rimasto come prima. Se dico che la serie A è impossibile c’è un motivo. Tutti questi contrattempi sono abituali a Catania, dove c’è qualcuno che non vuol bene alla squadra». Il 19 dicembre al Comunale di Bologna si infiltrano anche un migliaio di rumorosi supporter rossazzurri che espongono i loro striscioni in curva. Quella etnea è squadra arrembante che aggredisce subito, non butta mai palla e difficilmente concede spazi. Gioca con intensità ed energia e sa essere ora bella, ora cinica, ora sorprendente. Allo stadio c’è anche l’ex Beppe Vavassori, d’accordo a fine gara con il giornalista Nunzio Spina su tre punti chiave: 1. Il pari per 1-1 è il risultato giusto; 2. A Claudio Ranieri formato superman va la palma di migliore in campo; 3. Gli etnei sono la terza forza della B. Approva il buon Valcareggi, selezionatore della rappresentativa cadetta; i supporter sono contenti e si ergono nuovi gruppi di fedelissimi. «Egregio Direttore di Alè Catania, Le chiediamo ospitalità per presentare ai suoi lettori l’ultimo nato tra i clubs organizzati della nostra città. Noi siamo i ‘Catania Raiders’ e intendiamo affiancarci alla splendida Falange ed agli altri stupendi club organizzati catanesi allo scopo di far sentire sempre più caloroso il sostegno degli sportivi alla squadra che tante soddisfazioni ci sta regalando. Distinti saluti, il presiden- te Umberto Teghini».
Il giorno dopo Capodanno, al Cibali c’è il Monza, ultimo in classifica e per questo da prendere con le pinze.
La temperatura è rigida e il terreno quasi privo d’erba ma non manca un sole sfavillante a rallegrare l’atmosfera. Gli applausi a scena aperta vanno al mister brianzolo Guido Mazzetti, a Crialesi che spiazza De Toffol dopo una finta di Morra e a Cantarutti che sigla il 2-0 in semirovesciata. Ma si fa male Sorrentino, scontratosi con Pradella. «Valida contusione dell’articolazione sterno-claveare; – la diagnosi è del professor Quintino Mollica – io e il dottor Luigi Russo gli abbiamo praticato un’immobilizzazione dinamica del braccio. La prognosi è di dieci giorni». Con una gara accorta, su un campo pesante e insidioso per la pioggia si strappa un punticino a Foggia, con Onorati definito “Il piccolo Sorrentino”. In casa con la Lazio, dopo il vantaggio biancoceleste, protagonisti sono Barozzi, che si guadagna la nomea di tuffatore, e Mastalli che trasforma il rigore al 90’. Un altro 1-1 giunge dal “Curi” di Perugia, in formazione largamente rimaneggiata, e consente di raggiungere il giro di boa con 23 punti in saccoccia. Il 30 gennaio, con la Cremonese al Cibali, gli etnei sono impacciati e il pari senza gol rispecchia l’andamento della partita. Il 6 febbraio il torneo si prende un giorno di riposo. Cantarutti, Crusco e Mastalli insieme ai compagni della nazionale
di Serie B volano a Nairobi per l’amichevole con i Leopards, campioni del Kenia, che si conclude 0-0.
Il 13 febbraio tutti i riflettori sono puntati sulla partitissima della B: Milan-Catania. La sfida è vibrante, la difesa rossazzurra strepitosa e per la prima volta il Diavolo rimane a bocca asciutta nel suo nido. Sette dì più tardi, a conclusione della gara casalinga con il Lecce vinta per 2-0, capita un nuovo fatto strano. Nero come la pece, il tecnico dei pugliesi, Mariolino Corso, rilascia dichiarazioni poco simpatiche su tre dei suoi giocatori. «Sono stati condizionati dalla presenza di Di Marzio – grida inviperito l’ex mancino terribile – non dovevo farli giocare». Non fa i nomi ma si riferisce a Bruno, Mileti e Cannito. Riagganciata la terza poltrona in condominio con Como e Cavese, la combriccola accusa un leggero calo. Perde fuori casa e sotto la neve con l’ultima in graduatoria, la Reggiana, pareggia al Cibali per 0-0 con l’Atalanta e le busca a Varese (2-1), dove comunque gioca con coraggio. «State tranquilli – Di Marzio rasserena tutti -, la regolarità sarà il nostro passaporto per la A. Se pubblico e squadra saranno sempre un’unica cosa, nessun traguardo ci è proibito».
Il 20 marzo è il giorno del derby casalingo con il Palermo: il pomeriggio è primaverile, il terreno verdeggiante e irregolare.
La cornice di pubblico è tutta locale, la partita  nervosetta: sei i cattivi nel taccuino di Roberto Bianciardi da Siena. Il rigore di Mastalli e la poderosa incornata di Piero Mosti fanno 2-0 per i padroni di casa. Nel finale Massimino s’alza a protestare per un fallo di Odorizzi su
Crialesi. L’arbitro lo invita a sedersi ma il presidente brontolando si allontana. Il campionato va avanti, radiomercato dice che Sorrentino e Cantarutti sono già della Juve, ma tutti i rossazzurri si ritrovano un po’ sotto tono. Entrati in una fase di stanca, perdono mordente e posizioni. In casa, alla giornata numero 31, falliscono l’aggancio alla terza classificata perché Barozzi si fa sfuggire nel primo tempo
due palle-gol. Come lui fanno Gamberini e Ranieri: Catania-Como 0-0.
L’inseguimento alle zone nobili dei cadetti si fa complesso; quando l’autobus per la A pare perso, i ragazzi di Di Marzio dimostrano di aver voglia di riprendersi. Impattano ad Arezzo e poi si spostano a San Benedetto del Tronto. È domenica 8 maggio: in un limpido pomeriggio primaverile, l’armata etnea è incontenibile e supera per 3-1 la Samb di Nedo Sonetti. Fantastica la prodezza che porta la firma di Mastallino, fisico minuto ed agile e scattante come una saetta. All’ottantottesimo, con rapida evoluzione, il ventiquattrenne estroso fantasista con il numero 8 cucito dietro parte in progressione da centrocampo come mago Mandrake. Ondeggiando fra uno slalom e l’altro, raggira la retroguardia avversaria e con raffinata perizia si caracolla dentro l’area di rigore. Scartato l’estremo difensore Minguzzi, mago Ennio completa la deliziosa serpentina con la palla al piede e la adagia dentro la porta. Le prospettive si fanno allettanti ma le speranze di promozione si devono misurare a Roma contro la Lazio che segue di un punto, in terza posizione. All’Olimpico la giornata è di piena estate e di 36° C la temperatura. Il pennacchio siciliano ad inizio gara è imbavagliato e melenso, poi prende coraggio e si fionda in avanti. Sotto l’occhio “vigile“ del fiorentino Gino Menicucci trova semaforo rosso e finisce al tappeto, immeritatamente trafitto da un rigore inventato e da un autogol. Vincono gli avversari, seppur inferiori sul piano tecnico; tornano a casa con rabbia, groppo in gola e amaro in bocca i 15.000 giunti nella capitale per sostenere una squadra valorosa.
Rimane l’ultima partita e tiene viva una fiammella di speranza il tenue soffio di uno spiffero: poche però le chance di promozione nella giornata conclusiva. Domenica 12 giugno un traboccante Cibali apre le porte al Perugia. Pochi minuti prima del via il custode Angelo Grasso, snervato da beffeggi e insulti di alcuni teppisti, smette di giocare a carte con gli amici, imbraccia un fucile e spara all’impazzata. «Non ne potevo più, – racconta mentre lo conducono in caserma – da tempo mi lanciavano lattine, gelati, bottigliette. Quando mi hanno orinato sulla casa davanti a mia moglie e a una delle mie figlie non ho capito più nulla». Il folle raptus di un tranquillo dipendente comunale di 54 anni costa la vita di Lorenzo Marino, 28 anni di San Gregorio e padre di due bimbi in tenera età. Decine di feriti completano la tragedia e la notizia, appresa in diretta dalle emittenti private, crea forte panico. Nello scenario di una bolgia invasa dal terrore, inizia la gara ed è carica di tensione. Gli etnei attaccano alla disperata ma passa il Perugia dopo una traversa colpita da Morra. Nella ripresa, grazie alle segnature di mastro Ennio e dell’insaziabile giustiziere Aldo, la gara termina 2-1. A rimettere le cose a posto, contribuisce il Varese che fa il miracolo e blocca la Cremonese. Classifica finale: Milan punti 54, Lazio 46, Cremonese, Como e Catania 45. Prima e seconda volano in A, alle altre tocca contender in tre incontri extra. In palio c’è l’unico posto disponibile per raggiungere l’alto palcoscenico tutto luci sfavillanti della pedata italiana.
Le nespole già patite negli incontri supplementari con Avellino, Legnano e Nocerina corrispondono a una maledizione da sfatare. Puntuali si riaffacciano, poi, le minacce di sciopero per i premi-promozione e appena giunta a Roma, la combriccola prepara le valigie per rientrare a casa. Poi tutto si risolve. Ore 18,00 di sabato 18 giugno 1983, Roma, stadio Olimpico, via del Foro Italico: con la partita Como-Catania ha inizio il primo spareggio. A dirigerlo viene chiamato Luigi Agnolin da Bassano del Grappa. Alla ricerca di punti preziosi come granelli dorati da depositare in cassaforte, il team etneo si fa grintoso e guardingo. Mastropasqua è strepitoso, ma tutta la squadra è risoluta e compatta. Salda e attenta è la condotta della difesa, supera la ragnatela comasca il centrocampo, colpisce un palo Giovanelli e perde un’occasione d’oro Mastalli. Gli attaccanti, invece, rimangono ingabbiati nella congestione di metà campo e non si svolgono altre azioni dignitose. Al 70’ Aldo Cantarutti fa sfoggio della sua superiorità fisico-atletica e fila via sulla destra. Il biondo centravanti salta due avversari e pennella un cross liftato di sinistro. Si avventa come un falco Angelo Crialesi che colpisce di fronte piena: splendida zuccata e pallone che gonfia la rete. Con una sfilza di bordate e numerosi colpi di prestigio i due seminano il panico ma non riescono a rendere il bottino più succulento. La contesa si fa vibrante. La pattuglia dell’Etna vorrebbe imprimervi il marchio ma quella lombarda risponde con una punizione di Matteoli, uno dai piedi di velluto e un tiraccio del pilastro difensivo Galia. Entrambi i tentativi li neutralizza Sorrentino, bravo ad abbrancare il pallone come un avvoltoio con la preda. La rabbiosa reazione trasforma il forcing in pericoloso accerchiamento. Il risultato non cambia: il Como è messo sotto per 1-0. La squadriglia è massiccia e ricoperta da una magica aureola: tre giorni dopo lo scontro fra le altre contendenti non si schioda dallo 0-0.
Sabato 25 giugno 1983 è la giacchetta nera romana, Gianfranco Menegali, giunto alla sua gara d’addio, a fischiare per Catania-Cremonese. Come regola vuole la formazione vincente non si cambia e lo speaker ripete i nomi dei soliti guerrieri: Sorrentino, Ranieri, Mosti, Giovanelli, Chinellato, Mastropasqua, Morra, Mastalli, Cantarutti, Crusco, Crialesi. Ai box si trattengono Onorati,
Labrocca, Ciampoli, Paganelli e Barozzi. Le lancette segnano le sei pomeridiane. Da tutta Trinacria in 35.000 assiepano e addobbano le tribune dell’arena romana. Si spellano le mani e i loro vessilli sventolano in uno stadio colpito da un bradisismo. È uno spettacolo entusiasmante: mai visti fuori dal catino del vecchio impianto di Piazza Spedini in cos
ì tanti. Di più, una invasione senza precedenti nella storia del calcio italiano. In campo, però, succede poco. Senza aprire varchi che possano causar  allarmi, si controllano a vicenda le truppe. Quella etnea, utilitaristica e solida, disputa la gara perfetta; ben abbottonata, applica il catenaccio davanti al supremo battitore libero e addormenta la partita. I due marcatori sono iperbolici nel posizionare la museruola agli attaccanti giallorossi: il giovane Gianluca Vialli e l’esperto Sauro Frutti. La partita finisce senza reti e, sul filo di lana, si raggiunge la promozione in A. Signorilmente, negli spogliatoi, il tecnico dei lombardi Emiliano Mondonico non piange come una fontana, anzi riconosce la superiorità dei rossazzurri che conquistano per la quarta volta il più alto palcoscenico pallonaro.
Fuori una straordinaria carovana è pronta a trasformare la Roma eterna in festante colonia. Sotto il cielo turchino della città capitolina si celebra per ore la conquista e alle otto di sera Piazza del Popolo, Fontana di Trevi e Piazza Navona si riempiono di frementi catanesi che zampettano giubilanti: meravigliosi fotogrammi si sviluppano nel loro intimo, quelli di una mirabolante storia d’amore. Davanti alle telecamere Massimino si stringe nelle spalle e, con una punta di fierezza, promette che si lotterà per la zona Uefa. Si fa paonazzo, gli occhi si illuminano e le guance si tinteggiano di colori vermigli: «Sto prendendo uno straniero, di cui non posso dirvi il nome, ma che ancora Dino Zoff ci guarda il palo».
«Dalla conquista sportiva – annota Saretto Magrì su “La Sicilia”- un’occasione di riscatto per Catania, una città dietro
un pallone. Una città da tempo abituata a perdere, insanguinata dalla delinquenza, taglieggiata dagli estortori, sfigurata dalle implicanze e dai sospetti mafiosi affiorati dopo l’assassinio di Dalla Chiesa. Una città allenata alla sconfitta, addestrata quasi al caos e alla mediocrità. Questa città che è Catania all’improvviso vince qualcosa e corre in festa dietro a un pallone e a undici giovanotti in mutande e maglia rossazzurra. È un ciclone d’estate che spazza finalmente le strade dall’immondizia, che per un momento la lava e la riscatta da tutte le lordure».
«Ci fu una sera a Catania – prosegue Pippo Fava su “I Siciliani”
– in cui scesero insieme in piazza e si abbracciarono ballando e cantando i cavalieri del lavoro Costanzo, Finocchiaro, Rendo e Graci e i procuratori della Repubblica che stanno ancora (o stavano?) indagando sui barlumi di amicizie pericolose e fraudolenze fiscali; e in piazza c’erano, sventolando bandiere rossoazzurre e sempre ballando e sottobraccio cantando gli onorevoli Drago, Trantino, Andò. Furono visti democristiani organizzare quadriglie con radicali e là in mezzo, fraternamente insieme, carabinieri, scippatori, politici e ladri di passo, e tutti così abbracciandosi e talvolta baciandosi, erano felici perché il Catania aveva conquistato la promozione in serie A».

(Tratto da ‘Tutto il Catania minuto per minuto – Dalle origini al 2010’, di Antonio Buemi, Carlo Fontanelli, Roberto Quartarone, Alessandro Russo e Filippo Solarino, in vendita nelle librerie di Catania e via web)

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