L’albo d’oro di Zeman

1 Gennaio 2012 di Federico De Carolis

di Federico De Carolis
Il ritorno di Zdenek Zeman su una panchina di serie B fu salutato dallo stesso Zeman non con una banale promessa di promozione in A ma con una dichiarazione su Moggi: ”Io ci sono ancora, lui no”. La sintesi di un’epoca trascorsa, ma non dimenticata da alcuno. Il campionato del Pescara, poi, ha riportato il ceco all’attenzione del palcoscenico calcistico italiano anche a prescindere dalle dichiarazioni.
Ho incontrato Zeman per il lavoro al Corriere dello Sport moltissime volte. Ad esempio quando venne a Torino, chiamato dal procuratore Guariniello, per spiegare al popolo calcistico quello che non andava. Parlò di Vialli, di Del Piero e della Juventus in generale (all’epoca mi occupavo della squadra bianconera), senza trascurare coloro che ne seguivano in qualche modo l’esempio, per sottolineare la crescita fisica, impossibile nella normalità, di diversi assi del nostro calcio. Passati quasi sotto silenzio i suoi avvisi ai naviganti (dell’epoca) per tutto quello oltre ai farmaci stava rovinando il calcio, comprese le scommesse. Un uomo di campo certo, amato dai giocatori con voglia di lavorare e un po’ meno dai mestieranti, che ha il raro dono della ragione e della critica. Critica non certo tifosa, anzi: non svelo certo un gran segreto ricordando le sue simpatie juventine interrottesi quando è entrato in rotta di collisione con Moggi.
Zdnek Zeman a Pescara ha trovato un ambiente tranquillo, al di là del valore della squadra. Un ambiente che potrebbe riportarlo in auge nonostante l’età (percepiamo Zeman sempre come un emergente, ma sta andando per i 65 anni) e gli affanni di una carriera che, se gli ha portato consensi e applausi, non l’ha ripagato con quei successi che lui per primo si attendeva. Vent’anni fa iniziai un’intervista con lui con un ”Lei che ha già fatto tanto” che voleva solo sottolineare l”ottimo lavoro fatto fino ad allora nel calcio lontano dai riflettori. Mi guardò con stupore per sottolineare: “Guardi che ho vinto solo un campionato che non era neppure di serie C1”. Stava a Foggia, allora, lo stesso Foggia dove è tornato due anni fa senza ripetere il miracolo di Signori, Baiano e soci e dove iniziò la grande performance che doveva portarlo alla Lazio e alla Roma. Inutile ripetere cosa abbia rappresentato Zeman per il calcio italiano negli ultimi decenni, il resto è solito dibattito fra nemici mortali (non sempre in buona fede) e adoratori acritici (spesso nemmeno loro). Veniamo al presente e alla sua venuta qui a Pescara, in una piazza che ha amato un certo tipo di allenatori (Cadé, Angelillo) ma mitizzato altri (Galeone). Zeman è senz’altro nel girone dei mitizzabili.
Lui all’assalto dei cronisti sulle possibili esaltazioni biancazzurre risponde senza rispondere, ma forse alla A ci pensa davvero se non trascura, nella sua verve polemica, quegli arbitri che hanno negato al Pescara almeno due successi insieme a tanti rigori.
Bisognerà attendere per vedere quali panni riuscirà a vestire la quadra pescarese lungo tutto il campionato, ma Zeman, il suo gioco e i suoi giocatori finora sconosciuti hanno dal loro punto di vista già vinto. Praticamente come accadde a Foggia tanti anni fa. Chissà se il grande calcio lo riavrà protagonista o se Zeman sarà condannato a rappresentare per sempre gli allenatori bravi, ma anche incapaci di condire la loro carriera con successi che contano. Chi ha conosciuto Zeman sa che per lui il risultato non è un optional e che è ben lontano da quell’immagine di professorino del genere ‘l’operazione è riuscita, ma il paziente è morto’ che gli hanno affibbiato. Lo scudetto non lo vincerà mai con il Pescara, questo è sicuro. Ma qualcuno con i soldi e fuori dai soliti giri potrebbe (dovrebbe) credere ancora in lui.


Federico De Carolis, da Pescara (1 gennaio 2011)

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