Basket
La tonnara di Pat Riley
Stefano Olivari 15/06/2012
Notte da moviola, dopo i due fuorigioco inesistenti che hanno negato all’Italia una meritata vittoria contro la Croazia e il tocchetto di LeBron James e pochi secondi dalla fine, sul 98-96 Miami, su Kevin Durant. Ma se le sviste del signor Kirkup sono difficili da discutere, riguardando una posizione, va detto che in una situazione del genere e nel finale di una partita di playoff NBA ci vuole molto ma molto ma molto di più perché l’arbitro soffi nel fischietto. Fino a quel momento la partita aveva ricordato vagamente garauno, come andamento, con il grande inizio degli Heat e i Thunder a recuperare nella seconda metà. In garauno il vantaggio gettato era stato anche di 13, in garadue ha toccato i 15. La differenza, non da poco, è stata nell’ottima prestazione di Wade e in un Bosh sempre più convincente al di là delle buone statistiche. Bene Harden, sono mancati in maniera clamorosa i lunghi di Oklahoma City. Rimandando altrove per boxscore e statistiche (è già stato notato su Indiscreto che www.nba.com rimanda direttamente al sito della Gazzetta), proponiamo alcune nostre modeste chiavi di lettura di garadue, in attesa domenica sera del terzo episodio della saga.
1. Spoelstra o chi per lui ha scelto di iniziare e in sostanza continuare con la cavalleria per così dire leggera, per la prima volta dall’inizio della stagione. I big three, che scriviamo in minuscolo perché ormai chiunque pensa di avere big three in squadra, più Chalmers e Battier per sfruttare con il loro tiro il campo allargato (Battier ha fra l’altro messo di tabella un tiro da tre importantissimo, nel momento migliore dei Thunder), hanno funzionato perché hanno funzionato le percentuali di tiro (già buone in garauno). Traduzione: nonostante le enormi pressioni gli Heat, non solo LBJ, stanno giocando senza braccino.
2. Pat Riley (ops) è a occhio l’allenatore che più di tutti se ne frega dei tre secondi difensivi, consapevole del fatto che gli arbitri possano fischiarne solo una minima parte. E così la squadra piccola, concetto peraltro relativo (LeBron da quattro, cioé il ruolo in cui sarebbe SEMPRE devastante), ha potuto portare a vette inesplorate il concetto di tonnara. Con una pressione che sfugge alle statistiche, che contano solo le palle recuperate, ma non a chi battuto il suo uomo si trova subito davanti un muro.
3. Legato al punto precedente è quello su James in grande controllo e con scelte di tiro a più alta percentuale (più vicino al canestro, in italiano), riaprendo dal post basso senza incartarsi. Alla fine cambiargli ruolo è stato l’unico modo (a meno di non ingaggiare Steve Nash) per togliergli la palla di mano per qualche secondo. E i momenti di marcia indietro, tornando all’antico (quindi le fasi con Haslem in campo, perché Turiaf ed Anthony sono stati omaggiati di un bel DNP), sono stati per gli Heat i loro peggiori della partita.
4. OKC non è mancata nelle stelle, che hanno fatto il loro (in particolare Harden), ma nei lunghi e nei gregari che di solito sono il suo punto di forza. Dignitoso il solo Fisher, che ha tirato male ma è stato decisivo nei momenti di fuoco della sua squadra. Per riandare in vantaggio in una serie a questo punto apertissima i Thunder dovrebbero riprendere a cavalcarli, ma sarà ovviamente decisivo il metro arbitrale. In garadue la sfida fra i cosiddetti supporting cast (cioé tutti tranne i tre più forti) è stata stravinta da Miami 28-16, con percentuali di tiro doppie. Perkins e Ibaka non sono Wilt Chamberlain, ma di schiacciare dopo che Westbrook e Durant hanno mosso la difesa battendo il loro marcatore sono capaci. Si torna quindi al discorso dei tre secondi difensivi e a uno sport che a questo livello è più inarbitrabile della pallanuoto. Conclusione? Durerà più a lungo di Siena-Milano.
Stefano Olivari, 15 giugno 2012