Il testimone

5 Febbraio 2010 di Stefano Olivari

di Gabriele Porri
I cento anni di Pancho Varallo, fra i ventidue giocatori della prima finale mondiale l’unico rimasto in vita. Fra celebrazioni e ricordi che fanno ancora male…

Cento anni e non sentirli. Ma anche “maledire” il motivo per cui tutta l’Argentina li festeggia. Questo è Francisco “Pancho” Varallo, nato a Los Hornos (sobborgo di La Plata, provincia di Buenos Aires) il 5 febbraio del 1910 e unico superstite dei ventidue giocatori che hanno disputato la prima finale di un Campionato del Mondo. Sono le 15.30 del 30 luglio 1930 e l’Albiceleste argentina entra in campo al Centenario di Montevideo contro i padroni di casa dell’Uruguay con questa formazione: Botasso; Della Torre, Paternoster; J. Evaristo, Monti, Suárez; Peucelle, Varallo, Stábile, Ferreyra, M. Evaristo. I selezionatori sono Francisco Olazar e Juan José Tramutola.
«Ricordo nitidamente quella finale, che mi ha segnato per sempre. Fu una partita durissima che gli uruguayani vinsero con la potenza. Noi avevamo una grande squadra, ma alcuni giocatori si abbatterono nel secondo tempo e perdemmo.» Questo il ricordo, non certo felice, che Varallo ha di quella finale. «Tutti mi chiedono di quella partita – prosegue Varallo in un’intervista che ha rilasciato all’agenzia di stampa EFE – che non avrei dovuto giocare perché ero giovanissimo, senza esperienza. A volte preferisco non ricordare quel che accadde a Montevideo. Vincevamo facilmente per 1-2 e perdemmo 4-2. Non potevo correre perché avevo male al ginocchio. Mi fa rabbia ricordare quella partita.»
Non si possono dargli tutti i torti, Varallo avrebbe certo preferito essere protagonista in altri mondiali, quando la sua carriera – e che carriera! – era all’apice, ma non prese parte alla sfortunata spedizione del 1934 e l’Argentina non partecipò all’edizione del 1938. Varallo si ritirò nel 1940, a soli trent’anni, per un grave infortunio. E poi, soltanto undici mesi fa (il 6 marzo del 2009) Martin Palermo ha battuto il suo record come massimo goleador nella storia professionistica del Boca Juniors. «Ho un bisnipote che si chiama Gabriel – ha dichiarato simpaticamente Varallo due anni fa, quando ancora lo deteneva – e spero che in futuro batterà il record di Palermo.»
El Cañoncito, così veniva chiamato, ha segnato con gli Zeneises ben 194 gol, frutto di un tiro potente nonostante per il resto non avesse eccelse doti tecniche. Con il Boca vinse tre titoli di prima divisione (1931, 1934 e 1935). Irresistibile quando in giornata, realizzò ben 5 reti all’Argentinos nel dicembre del 1936 e in ben quattro occasioni fece un poker. Memorabile il primo di questi, al suo esordio da ex contro quella che è stata la squadra che lo ha lanciato, e con cui aveva vinto un titolo nel 1929: il Gimnasia y Esgrima di La Plata, che lo aveva prelevato da una squadretta del suo quartiere, il 12 de Octubre. Diverso il rapporto di Varallo con la nazionale: soltanto 16 partite e 6 gol ma un importante titolo, il Campeonato Sudamericano (l’attuale Copa America) del 1937, in cui realizzò tre gol con la Selección, che vinse il torneo.
Come detto, poi, il ritiro a soli 30 anni per una lesione grave al menisco del ginocchio sinistro. E qui c’è un simpatico aneddoto, che spesso è stato ripetuto da Pancho ma di cui è lecito dubitare. Prima di una partita, Varallo non voleva giocare per il dolore al ginocchio e il direttore tecnico Mario Fortunato per convincerlo gli chiese: «Quale ginocchio ti fa male?» «Il sinistro», rispose Varallo. «Allora non ci sono problemi, i menischi sono nel destro» disse Fortunato.
Tra il 1957 e il 1959 fu allenatore del Gimnasia, ma disse sempre di non avere il carattere per fare il tecnico. Oggi Varallo vive a La Plata, città che gli sta per dedicare una via e che sta anche istituendo un premio a lui intitolato, “Alla carriera e al cavalierato”. Il primo trofeo sarà consegnato proprio a Varallo il prossimo 12 febbraio. Inoltre, già dal 1994 ha avuto un riconoscimento importante, il FIFA Order of Merit (il secondo a riceverlo, prima di lui era stato dato solo a Lev Yascin, nel 1988). Varallo è anche cittadino onorario di Buenos Aires. Tra le curiosità, a lui sono stati dedicati tre tango: “Varallo”, di José Maria Bagnatti, “El Cañoncito de La Boca” di Italo Goyeche e “íVarallo! íVarallo!”, con testo di Grosso e musica di Ostinelli. Inoltre, Maria del Carmen Taborcía gli ha dedicato il poema “Francisco ‘Pancho’ Varallo”.
Gabriele Porri
(per gentile concessione dell’autore, fonte: Storia del Calcio)
 

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