Tennis
Il tedesco Sinner
Stefano Olivari 22/09/2023
Che cosa ha fatto Jannik Sinner alla Gazzetta? Ma soprattutto: come mai quelle rare volte in cui si critica qualcuno lo si fa con singoli atleti o allenatori, però mai con i dirigenti e meno che mai con i grandi club e i grandi sponsor? Le ultime sono domande retoriche, non c’è bisogno di ricordare la vomitevole campagna estiva contro Lukaku (avido, grasso, bugiardo, indeciso, non hanno scritto negro) ma quella su Sinner-Gazzetta è vera, visto che dopo una serie di articoli sulla sua rinuncia alla Coppa Davis a Bologna adesso è arrivata anche la copertina di Sportweek: Sinner caso nazionale. Addirittura. Sarebbe bello, ma purtroppo il numero 7 del tennis mondiale interessa meno di un tatuaggio di Pioli.
Ovviamente chi segue anche distrattamente il tennis sa che l’importanza della Coppa Davis nel corso degli anni è cambiata molto: se ai tempi di Pietrangeli valeva quasi tutto e in quelli di Panatta tanto, dagli anni Ottanta in poi nessun tennista di vertice l’ha messa in cima ai propri obbiettivi, se non saltuariamente e per motivi di immagine perché i media generalisti mandano inviati e danno spazio soltanto quando c’è di mezzo la nazionale. Senza distinguere il peso della nazionale nel rugby o nella pallavolo da quello nel tennis e ormai anche un po’ nel calcio.
Se la Davis contasse qualcosa la Svizzera di Federer-Wawrinka l’avrebbe vinta 15 anni di fila invece che una volta sola, ed una sola volta l’ha vinta la Serbia, anche se soltanto in 5 stagioni Djokovic ha detto totalmente no, mentre in quasi tutte le altre ha selezionato le apparizioni. Anche Nadal, un altro che come come Djokovic è dal punto di vista politico amante del proprio paese, in molte stagioni ha mandato il certificato medico ed in altre nemmeno quello. In altre parole la Coppa Davis può essere un obbiettivo per le seconde linee, non per chi almeno nei sogni è un tennista in grando di vincere uno Slam, come è Sinner. Che a seconda dei giorni è quindi tedesco o italiano.
Un Sinner che peraltro in nazionale tornerà, magari già dalla fase finale di Malaga, ma certo senza pensare che la Davis sia il massimo per un tennista. La formula Piqué, dal 2019, un po’ ha dato e un po’ ha tolto. Ha dato partite più incerte e brevi, cercando di creare lo spirito di un Mondiale. Ha tolto il sangue, cioè il giocare contro il pubblico (e fino al 1980 anche l’arbitro) nemico in fine settimana interminabili. Certo non ha potuto cambiare tempi in cui gli Slam sono in proporzione molto più importanti rispetto agli anni Settanta, quando agli Australian Open non andava nessuno e mezza America non si presentava al Roland Garros. Invece oggi l’oro olimpico è considerato dai tennisti che contano molto più pregiato rispetto al 1988, quando il tennis tornò nel programma dei Giochi, quindi il Sinner dell’estate 2021 senz’altro sbagliò nel rinunciare a Tokyo. Un Sinner del 1976 non avrebbe fatto il prezioso per la Davis, ma il Sinner attuale giustamente lo fa.
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