Il padre di tutti i Federer

18 Settembre 2009 di Stefano Olivari

Raramente l’Italia ha vissuto un venerdì di Coppa Davis più umiliante, con il previsto andamento di Federer-Bolelli e quello meno prevedibile (nelle dimensioni, non nell’esito finale) di Wawrinka-Seppi. Alle quattro e mezza del pomeriggio tutto finito, per il pubblico di Genova e per gli utenti Rai. A proposito, persa un’altra occasione di mostrare Federer a tutta l’Italia: d’accordo sulla tivù del dolore di RaiUno, meno su telefilm e cartoni animati antichi sul Due e sul Tre (pur con tutti i distinguo sulle regioni già passate al digitale terrestre, dal Lazio alla Sardegna). Seppi è stato distrutto dalla superiorità di Wawrinka, che con la sua mano a bassi ritmi vale più del suo attuale 22 Atp, dalla pressione e da imprecisati problemi intestinali. Bolelli dalla differenza di assoluta di valori, nonostante le tante palle steccate dall’avversario per disabitudine alla superficie, dal suo essere in ricostruzione ed anche dal fatto di essere uno degli sparring del Re. Poi il bolognese ha servito abbastanza bene, come al solito è stato di buon livello con il pallino del gioco e come al solito rivedibile in quella che a Coverciano chiamerebbero fase difensiva. Tutto come previsto, anche contro un Federer da allenamento, senza processi: che in uno sport dove vince quasi sempre chi gioca meglio sono assurdi. Come assurdi sono sembrati certi commenti in telecronaca, degni di chi è stato paracadutato lì per coprire un buco: da Seppi invitato a giocare sul rovescio di Wawrinka (il suo colpo migliore!) al padre di Federer non riconosciuto (significa non avere seguito neppure un set dei recenti UsOpen, visto che era sempre in tribuna) passando per considerazioni da far rimpiangere il Galeazzi più demotivato, quello del turborovescio e del ‘questa è bella’. Imbarazzante il confronto con altri sport, anche altri sport Rai come l’atletica o il nuoto. Ma non è che la Svizzera sia sul due a zero per questo, mentre noi non siamo così snob da abbassare l’audio (suona un po’ come ‘vado a vivere a Parigi’). Possiamo dirla tutta? E’ bellissimo uno sport in cui non si deve per forza tifare.

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