Il momento di Tony D’Amato

25 Maggio 2012 di Fabrizio Provera

“Non so cosa dirvi davvero. Tre minuti alla nostra più difficile sfida professionale. Tutto si decide oggi. Ora noi, o risorgiamo come squadra, o cederemo un centimetro alla volta, uno schema dopo l’altro, sino alla disfatta. Siamo all’inferno adesso, signori miei. Credetemi. E… possiamo rimanerci, farci prendere a schiaffi oppure aprirci la strada lottando verso la luce.

Possiamo scalare le pareti dell’inferno un centimetro alla volta. Ma io non posso obbligarvi a lottare! Dovrete guardare il compagno che avete accanto, guardarlo negli occhi. Io scommetto che ci vedrete un uomo determinato a guadagnare terreno con voi. Che ci vedrete un uomo che si sacrificherà volentieri per questa squadra, consapevole del fatto che quando sarà il momento voi farete lo stesso per lui. Questo è essere una squadra, signori miei! Perciò… o noi risorgiamo adesso, come collettivo, o saremo annientati individualmente. È il basket ragazzi! È tutto quì. Allora, che cosa volete fare?”

Scriviamo sull’onda emotiva della netta, inescusabile sconfitta della Bennet a Pesaro, al cospetto di una Scavolini che riscopre la forza del collettivo oltre le ben note individualità. Ed è per questa ragione, alla vigilia di una sfida da ‘Win or go home’, anzi da ‘Win or die’, ossia la quinta e decisiva sfida di domani sera al Pianella, che invochiamo il Tony D’Amato di Ogni maledetta domenica, il mai sufficientemente lodato Al Pacino della pellicola di Oliver Stone. Ci aggrappiamo alle parole di D’Amato-Pacino e ancora una volta – a distanza di una settimana- confidiamo nel talento visionario, indiscusso, di Andrea Trinchieri. Quella di domani non sarà sfida da alchimie tecnico-tattiche, da trovate offensive o difensive, da sofisticate strategie conseguenza di sessioni video: domani sera dovranno sentirsi soltanto il rumore delle spade, delle asce dissotterrate, la ferocia degli sguardi, il fragore degli scudi che abbattono le linee  nemiche.

La naturale, persino scontata imprevedibilità di una gara decisiva di play off deve fare posto ad una consapevolezza: non è possibile interrompere, così prematuramente, la stagione del ritorno alla gloria europea,la stagione in cui Cantucky ha fatto tremare alcune delle più grandi potenze continentali, la stagione dell’orgoglio (definitivamente) ritrovato. Non possumus, diciamolo a gran voce. Toccherà risorgere come collettivo, contrapponendo una forza di squadra (tutta da ritrovare, dopo lo spaesamento offensivo della Bennet di ieri) ad una Scavolini capace di andare oltre il talento di White, Hickman e Jones, una Scavolini che ha messo in campo un autentico gruppo. Trinchieri ha saputo superare le enormi difficoltà di organico dell’ultimo mese, conducendo i suoi ragazzi alla vittoria nelle prime due gare dei quarti di finale. Ecco perché ci rimettiamo sereni alla sua capacità motivante, perché Cantucky merita le semifinali scudetto, dove troverebbe le due corazzate di Siena e Milano ma anche Sassari, un altro superbo collettivo che dimostra come l’orgoglio, l’identità e l’appartenenza – quelle parole che abbiamo evocato tante volte, in questi mesi- siano gli elementi extra, meta cestistici che fanno grande la pallacanestro.

“Io non posso obbligarvi a lottare! Dovrete guardare il compagno che avete accanto, guardarlo negli occhi. Io scommetto che ci vedrete un uomo determinato a guadagnare terreno con voi. Che ci vedrete un uomo che si sacrificherà volentieri per questa squadra, consapevole del fatto che quando sarà il momento voi farete lo stesso per lui.
Questo è essere una squadra, signori miei!”

Fabrizio Provera, 25 maggio 2012, da Pesaro

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