Il Manifesto di Loredana Bertè

1 Dicembre 2021 di Paolo Morati

Amiamo Loredana Bertè e ci prendiamo le nostre responsabilità in ciò che stiamo per dire: riteniamo che negli anni la sua produzione discografica sia stata nettamente superiore a quella della sorella Mia Martini. Quest’ultima interprete sì enorme, emozionante, eppure la minore delle due ci ha sempre trasmesso quel qualcosa in più, coinvolgendoci, andando oltre i generi, sperimentando ed esponendosi. E siamo stati felici della sua rinascita e popolarità cross-generazionale, va detto, aiutate anche da uno sguardo alle tendenze odierne e dalla partecipazione in veste di giudice ad alcuni talent.

L’uscita del suo nuovo album Manifesto ci ha di fatto confermato quanto avevamo già ad esempio pensato con l’uscita del singolo Figlia di… e il duetto Che sogno incredibile con Emma Marrone, assente nel disco. Ossia che Loredana Bertè sia riuscita là dove altri suoi colleghi e colleghe storici non ce l’hanno fatta: essere riconoscibile dalle nuove generazioni accettando di coinvolgerle e di entrare nel loro mondo. Anche se questo può significare la reiterazione di stili come ad esempio l’ormai iper inflazionato reggaeton, noiosa derivazione latina, con contaminazioni varie, dello storico reggae originale che per prima aveva portato in Italia negli anni Settanta.

Niente di male, ma per chi come noi è appunto cresciuto con E la una bussò e Non sono una signora risulta più faticoso accettarlo in quanto riteniamo che proprio in virtù della popolarità acquisita anche tra il popolo delle playlist, si possa osare qualcosa in più. Quel qualcosa che Loredana Bertè è ampiamente ancora in grado di fare, ad esempio un paio di anni fa con Cosa ti aspetti da me che ci ha poi portati a rivederla in concerti affollatissimi.

Detto questo, prodotto da Luca Chiaravalli, Manifesto si apre con Bollywood, brano firmato tra gli altri da Riccardo Zanotti, palesemente pensato per rimanere in testa. E ancora, proprio per quella necessità di mettere l’ingrediente che può solleticare la curiosità delle orecchie da rap, tra le tracce ci sono le ‘irrinunciabili’ partecipazioni (o meglio featuring) di Fedez e J-Ax in Lacrime in limousine e Donne di ferro, oltre a quella di Nitro in Florida.

 

Poi in Manifesto abbiamo anche altro, Ho smesso di tacere, scritta da Ligabue, Chi non muore si rivede, Quelle come me (non a caso con lo zampino di Gaetano Curreri) e Persa nel supermercato, sulle quali tuttavia dobbiamo ancora ragionare bene, proprio perché da mettere a confronto con capolavori del repertorio di Loredana Bertè già ben sedimentati nella memoria, in suoni e parole. Del resto le nostre orecchie, abituate a dischi come Traslocando, fanno fatica a dimenticare ciò che è stata capace di fare e quindi a entrare in sintonia e identificarsi con l’odierno. Al centro le storie narrate, che confermano il suo indubbio talento nell’uscire dal banale, ma il giudizio è rimandato ai più ascolti nel tempo, sperando che il dito medio in copertina non sia rivolto a noi…

Share this article