Calcio
I buoni ci sono
di Stefano Olivari
Pubblicato il 2009-03-09
Parlare di ultras non conviene. E’ gente che legge solo le proprie fanzine, che consuma poco e soprattutto le cui vicende non interessano alla massa dei tifosi veri. Gente che magari, particolare non secondario, anche l’ultimo collaboratore della gazzetta dell’oratorio può trovarsi sotto casa: per avere Mark Chapman non è necessario essere John Lennon. Più in generale, pur da (ex) fanatici di questo gioco non riusciamo a concepire l’esistenza di persone che si riuniscano per andare a vedere una partita di calcio, quindi dopo i fatti di Cagliari (sintesi: venerdì gli Sconvolts hanno assediato il carcere di Buoncammino dopo la morte di un loro capo) per una volta ci è venuto in mente di stilare l’elenco dei ‘buoni’. Perché dei cattivi si sa già tutto: allo stadio e dintorni fanno paura romanisti, napoletani e atalantini, in autogrill anche juventini e interisti, il Milan preoccupa più per le infiltrazioni malavitose che per violenza con pretesti calcistici, in negativo si possono citare anche Livorno, Verona e Catania. In seria A i buoni secondo l’Osservatorio del Viminale ed il Casms (Comitato di analisi per la sicurezza delle manifestazioni sportive), di cui fanno parte persone molto preparate (così si dice di chi ti risponde al telefono con educazione) comunque ci sono: Fiorentina, Sampdoria, Bologna, Chievo, Siena, per qualche mese ha avuto un buon rating addirittura la Lazio (parliamo sempre di curve) prima di tornare al passato. Senza criminalizzare nessuno, la conclusione è evidente: la parte degradata delle metropoli e quella politicizzata della provincia producono la maggior parte dello schifo. Cosa si può fare? Niente, meglio tenerli uniti e non parlarne.