Basket
I bei tabellini della serie A2
Stefano Olivari 24/04/2013

La Legadue ha lasciato, anche se ufficialmente avrebbe raddoppiato fondendosi con la DNA (la serie C del basket, per dirla in italiano) e trasformandosi in Lega Nazionale Pallacanestro. Dalla prossima stagione 16 squadre nel girone Gold e 16 in quello Silver, con playoff promozione fra le prime 7 del Gold (che però in via transitoria si chiamerà anche LegaDue, secondo la vecchia denominazione, tanto per facilitare le cose allo spettatore occasionale) e la prima del Silver. Il Silver a sua volta avrà dei playoff, per chi si classifica dal secondo al nono posto, per determinare la seconda promossa nel Gold. Una riforma che, a essere buoni, potremmo definire demenziale. L’area del professionismo sfigato aumenta a dismisura, proprio mentre la serie A sta colando a picco (il futuro di almeno 5 dei club di quest’anno è più vicino al fallimento che alla sopravvivenza da Washington Generals) e tante aziende non possono mostrare ai loro cassintegrati che si spendono soldi per quarantenni tatuati che si esibiscono di fronte a quattro gatti. Due extracomunitari possibili, chissà di quale livello, un passaportato (vale tutto: dall’italiano per via dei bisnonni della moglie al comunitario) e tre Under 22 obbligatori. Con diritti televisivi che verranno trattati in maniera collettiva ma che difficilmente arricchiranno qualcuno (ci sarà anzi da ringraziare in ginocchio la Rai). Da incubatore per la serie A, secondo la realistica visione dell’ormai uscente presidente Marco Bonamico, a carrozzone dove realtà serie verranno messe sullo stesso piano di bancarotte annunciate. La definizione di ‘campionato dilettantistico’ non corrisponde ovviamente al vero, visto che in campo andranno professionisti, ma sul piano formale servirà (forse) ad evitare la causa intentata dal primo presidente-genio che volesse utilizzare tre americani. Se pensiamo all’entusiasmo che generò nel 1974 la creazione della A2, che in pieno boom della pallacanestro aumentò il numero di squadre che a inizio stagione potevano almeno sognare lo scudetto (situazione durata fino al 1994, in mezzo ai vari cambi di formula), ci viene da piangere. Quell’idea funzionò, al punto che i quotidiani generalisti pubblicavano i tabellini completi delle partite (adesso si fa fatica trovare i risultati della serie A) e che molti giocatori di primo piano, in presenza della situazione giusta, andavano senza problemi a giocare nella categoria inferiore. Altri tempi, si usa dire. E invece i conti non tornavano nemmeno allora. La differenza stava nell’economia reale, più o meno in nero, di quell’Italia, che poteva alla fine pagare i conti di tutti gli sport incapaci di autofinanziarsi al livello tecnico a cui aspiravano. Sabatini dice che il pubblico Virtus gli fa incassare solo 600mila euro l’anno? Che si abitui il pubblico a guardare squadre da 600mila euro l’anno. Tanto nemmeno quelle da 6 milioni sono più interessanti da vedere degli Heat o dei Thunder.