Grazie Professore

18 Marzo 2010 di Marco Lombardo

di Marco Lombardo
“Non lavorare troppo, per favore, che mi fai fare brutta figura”. Mentre lo diceva il Professor Roberto Lombardi cliccava sul suo computer alle prese con un solitario e io me lo ricordo così, la prima volta. Ovviamente scherzava, come amava fare sempre, con quell’ironia tra il serio e il faceto che faceva personaggio e che poi ce lo ha fatto apprezzare.
Quella prima volta eravamo freschi inviati sul tennis, mentre lui era “Roberto Lombardi che scriveva sul Corriere della Sera e faceva le telecronache” ed eravamo a Wimbledon, il regno della racchetta. Figuratevi voi. Naturalmente Roberto lavorava, eccome: non stiamo qui a ricordare la sua carriera sportiva culminata nel sesto posto della classifica italiana (per il resto rimandiamo al sito Ubitennis.com di Ubaldo Scanagatta, suo compagno di doppio e di telecronache ma soprattutto suo amico), piuttosto ricordiamo la sua estrema competenza, figlia della passione per i numeri e della sua laurea in matematica che ne faceva, appunto, un Professore. E soprattutto Roberto Lombardi per noi e per molti altri malati di tennis come noi era una delle voci – con il mitico duo Tommasi e Clerici e con appunto Ubaldo – che hanno iniziato una generazione a seguire gli eroi di questo sport. E non è un caso che, pur in mancanza di un campione di casa nostra, il tennis sia rimasto televisivamente attraente per tutti questi anni. C’erano loro, insomma, a cui poi si sono mescolate altre voci che hanno seguito il solco tracciato dai “fondatori” per far sì che una partita di tennis non fosse mai banale. E non lo è mai stata, perché comunque sia andata la sua storia la malattia di Roberto noi non l’abbiamo mai televisivamente subita: fino quasi all’ultimo ha lavorato, pur costretto su una sedia a rotelle e a una quasi immobilità da quella Sla che lascia dietro di sé sempre troppi dubbi. Roberto ha lavorato e pensava di farlo ancora dopo un intervento che liberasse le corde vocali costrette dalla malattia, sperava ancora di rimettersi in sesto per Roma e Parigi, per parlare di quei “dritti anomali” che da sua invenzione sono diventati un gesto da manuale nel tennis. Poi, pochi giorni fa, la notizia che Roberto a 60 anni aveva sposato la sua compagna storica Caterina, e tutti hanno capito l’ultimo gesto d’amore di un uomo ancora innamorato della vita.
A noi che lo abbiamo conosciuto e a me che – pur frequentandolo non assiduamente – resta ancora il ricordo di quel primo incontro in cui il Professore ha messo subito a suo agio l’allievo, rimane un’ovvia tristezza. Anche perché, ora che una delle voci della nostra vita s’è spenta, ci si rende conto di essere improvvisamente un po’ più soli.
Marco Lombardo

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