La serie B degli italiani all’estero

23 Novembre 2016 di Stefano Olivari

Parlare di brogli elettorali ancora prima che si verifichino è di solito l’ultima arma di chi è dato perdente dai sondaggi (l’ha usata anche Trump, per dire) mentre chi pensa di vincere ha ovviamente tutto l’interesse ad esaltare la pulizia di votazioni e spoglio. In Italia non sta funzionando così, in vista del referendum del 4 dicembre, con Cinque Stelle e altri del fronte del No (in sostanza la consistente parte anti-renziana del PD e qualcuno di altri partiti) a mettere in dubbio il voto degli italiani all’estero. Gli aventi diritto sono stimati in circa 3.700.000 (su 4.340.000 totali), da confrontare ai circa 46.000.000 elettori residenti in Italia, ma la storia insegna che gli italiani all’estero hanno un tasso di astensionismo molto superiore a quello degli italiani in Italia: al referendum sulle trivellazioni si era espresso circa il 20% degli aventi diritto (cioè gli iscritti maggiorenni ai registri AIRE).

Stando a quanto raccontano italiani con diverse residenze non si può però generalizzare: essendo l’invio delle schede e l’aggiornamento dell’anagrafica compito dei singoli consolati (lo prevede la legge Tremaglia, perché va ricordano che è soltanto da dieci anni che gli italiani all’estero votano), quelli gestiti da cani si differenziano da quelli gestiti bene e non si può dare la colpa a ‘Roma’ se non per una legge poco chiara. E i tanti disservizi, perché poi quasi tutto avviene via posta pur essendoci la possibilità del voto fisico, fanno spesso passare la voglia, soprattutto quando come in questo caso ogni opzione ha consensi trasversali. Le idee politiche degli italiani all’estero sono oggetto spesso di speculazioni cervellotiche, quando basterebbe ricordare i risultati della circoscrizione estero alle Politiche del 2013: le differenze sono in sostanza un lieve calo del PD, un fortissimo calo dell’allora PdL, la scomparsa della Lega, Scelta Civica che raddoppia i suoi voti e i Cinque Stelle che ne prendono un terzo. Insomma, è chiaro chi ci perde anche se non chi ci guadagna.

Il non detto di queste polemiche è però evidente e non riguarda i brogli in senso materiale, perché non crediamo che un voto passato per il consolato italiano a Londra sia meno credibile di quello in un paese controllato dai Casalesi. Questo il punto: gli italiani che hanno la loro vita lavorativa e spesso anche familiare all’estero, pur mantenendo il passaporto, possono influire su scelte i cui effetti riguardano soprattutto gli italiani d’Italia? Messa in un modo più chiaro: ci sentiamo più affini all’italiano che rimarrà tutta la vita in Australia e spera ci rimangano anche i suoi figli oppure al maghrebino (che non ha diritto di voto, a meno di non avere anche la nazionalità italiana) che di qui non se ne andrà mai? Cultura, immaginario e sentimenti comuni contro un presente purtroppo oggettivo. Personalmente non abbiamo dubbi su chi scegliere, ma comunque è di questo che si sta parlando e non delle doppie schede. Italiani come noi quando votano ‘bene’, stranieri in malafede quando votano ‘male’.

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