Foggia, la Nazionale di Zeman

L’Italia di Mancini è in parte anche l’Italia di Zeman. Non perché Immobile, Insigne e Verratti siano diventati Immobile, Insigne e Verratti nel suo Pescara, e nemmeno per il 4-3-3, ma per tanti princìpi sportivi ed etici che senza essere dichiarati sono alla fine arrivati alla pancia del paese, con qualche eccezione. Questo nulla ha a che vedere con il risultato nei quarti di finale di venerdì sera, non è che se Lukaku ci farà tre gol Mancini diventerà uno sporco. E al contrario, grandi successi non hanno ripulito l’immagine di altri. Per questo la notizia che a 74 anni Zeman è tornato sulla panchina del Foggia è di quelle che riconciliano con il calcio.

La quarta incarnazione rossonera di Zeman inizia dalla Serie C, esattamente come la prima, in una squadra dove a centrocampo giocava Delio Rossi, anche se ovviamente quella che ha fatto entrare Zeman nella leggenda è la seconda, quella dal 1989 al 1994: per il gioco, per i messaggi veicolati e per il numero incredibile di giocatori dei quali innalzò il livello, alcuni prendendoli già buoni ed altri letteralmente inventandoli. L’esempio più famoso è Beppe Signori, oscuro centrocampista di Trento e Piacenza trasformato in attaccante, ma sono decine le plusvalenze che Zeman ha fatto fare ai suoi presidenti.

Operazione nostalgia? Senza dubbio, lo dimostra anche il coinvolgimento dello storico direttore sportivo Peppino Pavone, 71 anni, che per vivere questo ultimo urrah insieme a Zeman ha lasciato pochi giorni fa la Juve Stabia. Non ci sarà ovviamente Pasquale Casillo, morto l’anno scorso, protagonista anche del ritorno zemaniano a Foggia nel 2010-11, ma il nuovo uomo forte (di due settimane fa è la sua entrata in scena) Nicola Canonico ha capito subito cosa occorre per guadagnarsi qualche riscontro mediatico.

Detto questo, troviamo incredibile che negli ultimi decenni Zeman non abbia mai avuto da un grande club l’unica proposta davvero degna di Zeman: la riorganizzazione del settore giovanile e di tutta una filosofia educativa, al di là delle formazione di giocatori da rivendere (cosa in cui peraltro Zeman è un super-maestro). Certo Zeman è uno dei pochi uomini di calcio dai quali compreremmo un’auto usata e questa sua integrità gli si è spesso ritorta contro.

Mancini’s Italy is also in part Zeman’s Italy. Not because Immobile, Insigne and Verratti have become Immobile, Insigne and Verratti in his Pescara team, nor because of the 4-3-3, but because of so many sporting and ethical principles that without being stated have eventually reached the belly of the country, with a few exceptions. This has nothing to do with the result in Friday night’s quarter-final, it’s not that if Lukaku scores three goals Mancini will become dirty. And on the contrary, great successes have not cleaned up the image of others. That is why the news that Zeman has returned to the Foggia bench at the age of 74 is one that reconciles us with football.

Zeman’s fourth Rossoneri incarnation began in Serie C, just like the first, in a team where Delio Rossi played in midfield, although obviously the one that made Zeman a legend was the second, the one from 1989 to 1994: for the game, for the messages he conveyed and for the incredible number of players whose level he raised, some taking them as good players and others literally inventing them. The most famous example is Beppe Signori, an obscure midfielder from Trento and Piacenza who was transformed into a striker, but there are dozens of players Zeman has made capital gains from for his presidents.

Nostalgia operation? No doubt, and this is also demonstrated by the involvement of the historic sporting director Peppino Pavone, 71, who left Juve Stabia a few days ago to experience this last hurrah with Zeman. There will obviously be no Pasquale Casillo, who died last year and who was also the protagonist of Zeman’s return to Foggia in 2010-11, but the new strongman (his entrance on the scene was a fortnight ago) Nicola Canonico immediately understood what was needed to gain some media attention.

Having said that, we find it incredible that in the last few decades Zeman has never had from a big club the only proposal truly worthy of Zeman: the reorganisation of the youth sector and a whole philosophy of education, beyond the training of players to resell (something in which, moreover, Zeman is a super master). Certainly Zeman is one of the few footballers from whom we would buy a used car, and his integrity has often backfired.

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