Dimenticare Mourinho

21 Settembre 2011 di Libeccio

di Libeccio
La leggenda dice che i dopo Mou sono come la  grandine su una vigna matura. Anche con l’Inter la tradizione è stata rispettata. Tanto è forte il vincolo che il portoghese riesce a stringere con le squadre che allena, quanto debole è quello alimentato dagli altri che giungono dopo di lui. Questo sentimento investe la squadra, ma non solo.
Anche il management ne è colpito profondamente. Da Moratti in poi viene naturale ad ognuno misurare ogni cosa con il metro di Special One. Cosa avrebbe fatto Mou, cosa avrebbe detto Mou, se c’era Mou tutto ciò non sarebbe sucesso. Un pericoloso, costante, irrazionale focus sul passato, con il presente che lentamente si sbriciola fino a diventare il disastro di ieri sera a Novara. Che ha molti colpevoli.
Il primo colpevole è la società, che è rimasta aggrappata ai ricordi recenti e ha parametrato ad essi ogni azione.
C’era da scegliere un tecnico che rispettasse ed anzi esaltasse la fase precedente, facendosi accettare pian piano, ed invece ha scelto uno strappo (Benitez) che ne ha prodotti a catena fino alla sua uscita di scena dopo la conquista del Mondiale. La scelta successiva di Leonardo è stata felice per come Leonardo si è presentato (nel mito di Mou), diventando il fratello maggiore della squadra, sostenendola soltanto nella sua forza, vivendo nel suo riflesso. La sua “incomprensibile” uscita di scena non è ancora stata spiegata. Troppo debole la società nell’avallarla perché fosse credibile. Deve essere successo qualcosa che mai nessuno racconterà davvero. A quel punto l’unica scelta da fare era quella di dare la squadra a Baresi e Figo per fare un campionato tranquillo e gestire con massima attenzione la fase successiva. C’era una squadra palesemente vecchia e in decadenza evidente da ristrutturare in profondità con alcuni innesti mirati e fondanti. Non è stato fatto.
Il secondo colpevole è la squadra che ieri sera ha giocato come poteva giocare una squadra di serie C.
Incomprensibile, inguardabile, illogica, e se ci sono altri aggettivi, usateli pure. Discretamente e bicolore nella supercoppa (ci sta perderla con il Milan), discreta e sfortunata a Palermo, pessima con la Roma dove alcuni segnali allarmanti si erano annunciati, e allo sbando ieri sera in una gara facile e da vincere ad ogni costo. E’ una squadra alla fine di un ciclo, con le posizioni apicali palesemente stanche e imbolsite, i nuovi arrivati spesso frutto di fraintendimenti tecnici grossi come una casa (Zarate, Alvarez, Castaignos, Forlan). Una squadra che vive oramai costantemente la fase del “guardarsi allo specchio” rivivendo i fasti del passato che le impediscono di stare sul presente. Senza una conduzione forte ed esperta può portare al disastro annunciato.
Il terzo colpevole è l’allenatore, che con esagerata rigidità ha inteso perseguire i suoi obiettivi prescindendo da quanto gli accadeva intorno.
E’ stato anche lasciato solo, va detto, ma lui ha messo parecchio di suo per rompere tutto rapidamente. Il risultato è un punto su nove disponibili. Una media da retrocessione certa. Gasperini non ha legato con la squadra, con quelli della squadra che contano di più, con alcuni che non sono più nella rosa ma “contano” ancora tantissimo nello spogliatoio e negli sms e che Gasperini non ha degnato neanche di uno sguardo, con parte del management che gli ha fatto intorno non proprio il necessario a sostenerlo. Diciamo che forse su Gasp si sono giocati anche equilibri interni tra un Branca che forse ha assunto troppo potere ed altri che vorrebbero riequilibrarlo. Di suo Gasperini non ha fatto sforzi rilevanti per trovare una sintonia che nell’Inter è fondamentale. Ha sbagliato su tutta la linea (anche la preparazione della squadra sembra totalmente sballata). Non aveva più alcuna forza e nessuno a sostenerlo. Le dichiarazioni di ieri sera post gara sono state come una ammissione di impotenza. La sua storia all’Inter finisce qui.
Il quarto colpevole è il tifoso interista che vive perennemente nel ricordo di Mou e che ieri sera ha addirittura contestato squadra e società al grido “tirate fuori gli attributi”. Banale e ridicolo per una squadra che negli ultimi anni ha vinto ogni cosa vincibile. Ci sono gli alti e bassi, ci sono i cicli, ci sono i momenti belli e quelli brutti, ai grandi traguardi  succedono momenti di crisi ed anche sconfitte. E’ la vita ed accade anche nello sport. Il tifoso interista ha bocciato subito Benitez (un grande professionista), storto la bocca con Leonardo anche se poi i buoni risultati (e la sua incredibile furbizia) lo hanno convinto a cambiare opinione (si sentiva spesso con Mou), gridato allo scandalo con Gasp neanche si trattasse di lesa maestà. Ora si è messo sulla sponda del fiume ad aspettare che passi qualche cadavere. Presto ne scorreranno diversi.
Cosa fare adesso? Al di là del fatto che mentre stiamo scrivendo queste righe la squadra sia nelle mani di Baresi e Bernazzani.
C’è da fare una sola cosa: chiamare Ranieri e affidargli la squadra. Ranieri è il massimo esperto nell’arte di riportare squadre blasonate ad uno standard che hanno malamente perduto. Lo ha fatto con il Chelsea, a Torino e a Roma. In più ha esperienze nel calcio che conta che torneranno utili. E’ uomo di grandissima furbizia, che non è un difetto. E’ tosto il necessario, ma sa presentare ogni cosa con un guanto di cachemire. E’ l’uomo che andava scelto per il dopo Leonardo. Meglio ancora in questo preciso istante.

Libeccio

(21 settembre 2011)

Share this article