Dieci motivi per amare il calcio giovanile

18 Gennaio 2022 di Gianluca Casiraghi

È ormai molto di moda parlare di calcio dilettantistico, esaltando lo spirito dei calciatori di provincia o di quelli delle categorie giovanili, che portano avanti la loro passione contro mille difficoltà legate a tempo, lavoro, famiglia, soldi, anche al clima, e chi ne ha più ne metta (non parliamo nemmeno del Covid). Ma chi di questi cantori ha veramente vissuto le situazioni tipiche del calcio dei poveri o per lo meno di quello dei giovani fuori dai grandi giri? Ci è quindi venuto in mente di fare un gioco, elencando dieci situazioni reali e chiedendo ai lettori quali di queste abbiano anche loro nel bagaglio di esperienze calcistiche.

Prima situazione: kit da partita – Quando abbiamo iniziato a giocare in un campionato regolare della FIGC, categoria Esordienti, il nostro kit da partita e allenamento, come si dice nel calcio del 2022, era riccamente composto da una maglietta, un paio di calzoncini e uno di calzettoni, quest’ultimi nemmeno a calza completa ma fatti a staffa per cui serviva sempre mettere sotto un paio di calzettoni di spugna. Tuta, maglietta e pantaloncini di allenamento, giacca a vento e borsa? E chi ce li aveva? Ah, sì, avevamo una seconda divisa, però proveniente direttamente dagli anni Settanta, le due magliette dei portieri rigorosamente a maniche lunghe, 13 maglie rosse, sempre a manica lunga, che andavano bene sia a zero gradi sia a più 40, e una arancione, la numero 16, chissà perché (Era la stagione di gloria 1982-1983 e in distinta ci andavano soltanto 16 giocatori e con due cambi a partita).

Seconda situazione: spogliatoi – Dove giochiamo sabato prossimo? A Trecella (ridente paesello della pianura lombarda). Oh no, ci dobbiamo cambiare negli spogliatoi più brutti del mondo: 5 metri quadrati in lamiera, quindi gelati di inverno e bollenti in primavera, con all’interno la lavatrice per pulire le magliette della squadra di casa. Risultato? La maggior parte delle volte a fine partita ci siamo cambiati sul pullman della trasferta e doccia negli spogliatoi del nostro campo o a casa.

Terza situazione: campo in discesa – Alcune volte la scelta del campo con il lancio della monetina dell’arbitro era fondamentale, perché il terreno di gioco era in discesa o aveva una porta più bassa dell’altra, quindi nel primo tempo con più fiato nei polmoni si poteva sfruttare la discesa o difendersi con la porta più bassa di 20 centimetri di quella verso cui si attaccava.

Quarta situazione: assistenti di parte – Il presidente guardalinee. Eh sì, perché nelle società anni Ottanta il presidente faceva di tutto, anche il guardalinee nelle partite della categoria Esordienti. E anche molti anni dopo ti riconoscevano su ogni campo della provincia di Milano: ah tu giocavi nella Nuova Frontiera di Bellinzago Lombardo, dove il presidente faceva anche il guardalinee?

Quinta situazione: allagamento – Ancora a proposito degli spogliatoi dei campi di provincia, partita giocata su di un letto di fango e doccia da fare con dieci centimetri d’acqua nello spogliatoio, defluita direttamente dal campo, tipo fanghi per curare i reumatismi alle terme.

Sesta situazione: cambio di campo – Una delle ultime giornate della stagione, partita decisiva o quasi per la vittoria del campionato, trasferta in terra bergamasca, arriviamo allo stadio e non ci sono le porte. Il custode ci dice: la partita si disputa al vecchio stadio. Arriviamo, fili d’erba alti 20 centimetri e ci si cambia nei locali di una vecchia cascina. Per fortuna vinciamo 2-1 e alla fine della stagione trionfiamo anche nel campionato.

Settima situazione: spogliatoi di riserva – Forse il massimo si è raggiunto quando alla periferia sud-est di Milano lo spogliatoio era un vecchio pullman parcheggiato alle spalle di una porta. Stiamo parlando del mitico campo della Macallesi in fondo a viale Ungheria, sì proprio quello dove ha compiuto le prima parate l’«Uomo ragno» Walter Zenga.

Ottava situazione: la spugna – Anni Ottanta e calcio durissimo, quando si volava per aria per un tackle e si restava per terra. L’arbitro, rigorosamente con la divisa nera, altro che il multicolor degli anni 2000, consentiva al dirigente di entrare in campo con la mitica spugna imbevuta dell’acqua santa che stava in un secchio, solitamente di colore azzurro, posto tra le due panchine. E via in piedi come prima. Nelle società più ricche si aveva anche il conforto del magico spray ghiacciato, anche lui un toccasana universale.

Nona situazione: scivolate da ustione – Le righe del campo segnate stortissime con la calcina o il gesso, altro che la vernice che si usa adesso, e una scivolata sulla linea laterale o su qualsiasi altra del campo portava a ustioni del terzo grado, da far passare la sera sul divano di casa con il ghiaccio.

Decima situazione: il pallone – Chiudiamo con il pallone, in vero cuoio, secchissimo nelle giornate calde, e pesantissimo quando era intriso d’acqua nelle giornate di pioggia o neve. Così calciare in porta da trenta metri era già un’impresa, rispetto ai palloni odierni che assomigliamo più al Super Santos o al Super Tele che imperversavano e imperversano nelle partitelle estive sulla sabbia.

Insomma, era veramente un altro calcio, e del resto sono trascorsi quarant’anni. Ma a livello giovanile molte cose anche nel 2022 sono rimaste esattamente uguali: per certi versi la scarsità di mezzi finanziari e di prospettive esalta la passione, perché con tutte le opportunità che oggi ha un ragazzo soltanto chi è motivato riesce davvero ad andare avanti e a trasformare in qualcosa di romantico tutte le situazioni che abbiamo elencato, per non parlare di quelle non elencabili. E a voi come è andata?

Share this article