Ciclismo

Coppi o Bartali?

Indiscreto 05/05/2020

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Coppi o Bartali? Il ventennale della morte dell’immenso Gino ci spinge a proporre un ‘Di qua o di là’ definitivo con l’immenso Fausto, due uomini le cui storie personali dimostrano che lo sport ha senso soltanto in un contesto, soltanto se è importante per chi lo guarda, soltanto se non è solo sport. Diversamente il ciclismo sarebbe onanismo per idioti che sanno solo di watt e VAM e non invece cultura, passione, storia, vita. Discorsi che potremmo peraltro fare per tanti altri sport.

Coppi o Bartali, storie con una contabilità da asteriscare senza bisogno di spiegare il perché: provate a togliere i migliori 5 anni di carriera di Indurain, Hinault e addirittura anche di Merckx, poi dite cosa rimane. La guerra ha tolto tanto ad entrambi ma li ha anche resi immortali: Bartali postino di documenti contraffatti per salvare centinaia di ebrei e Coppi liberato dalla prigionia in Africa che risale in bici l’Italia distrutta sono storie gigantesche.

Indubbiamente però l’Italia del dopoguerra li trasformò in simboli anche di altro: Bartali, di 5 anni più anziano e meno avveduto come amministratore, emblema dei presunti valori ‘di una volta’, Coppi emblema di un approccio scientifico allo sport ed in generale della presunta modernità. Tutto questo senza entrare nel privato, anche questo materia di contrapposizione. A decenni di distanza riusciamo ancora a percepire la grandezza e quindi ad avere come minimo una leggera simpatia in più per l’uno o per l’altro. Coppi o Bartali?

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