Cento chilometri del Caribe
21 Maggio 2014
di Silvana Lattanzio
Caribe, una destinazione che fa sognare: sole, mare, balli, ma non solo… Da quest’anno, per la prima volta in terra dominicana, si è corsa un’ultra: la 100 chilometri. Tutto è filato liscio in questa prima edizione, nata dalla felice intuizione di Mariluz Maher, figlia della Repubblica Domincana ma italiana di adozione. “Non c’era niente di simile nella mia terra, solo brevi gare, neanche una maratona. E così mi è nata l’idea di un’ultra, però a tappe, in modo che ognuno, per le tappe che vuole, può parteciparvi”. Infatti tanta è stata l’adesione dei locals, felici di unirsi a corridori provenienti da varie nazioni: Italia, Francia, Messico, Colombia, Portorico, Venezuela, Australia… Ma italiani sono i vincitori che si sono aggiudicati il primo gradino del podio: Massimo Tagliaferri e Katia Figini, già reduce dalla vittoria alla Grand to Grand. Cinque le tappe, ognuna con le sue caratteristiche, ognuna un’ottima occasione per conoscere angoli diversi di questo Paradiso. Ma vediamole nello specifico.
Prima tappa, 8,8 km, Cabarete Beach, praticamente piatta e quasi tutta on the beach, spiaggia che per il suo vento è tra le top five nel mondo per il windsurf. Alla partenza, come pure all’arrivo, vele di ogni colore, festa, musica, ma al via solo respiri affannosi, falcate che sfalciano nella sabbia, mare cristallino a sinistra e palmeto a destra. Questo è solo l’antipasto.
Seconda tappa, 17,5 km, Puerto Plata. Qui la musica cambia, il profilo altimetrico si impenna, fino a portare i runners tra single track, rocce, fango e terra battuta sulla cima di un monte dove la statua del Cristo, con le sue braccia aperte, pietosamente li accoglie. “I 17 km più lunghi della mia vita”, è il commento a caldo di Marco Olmo, mito nella storia delle ultra, giunto poi terzo alla fine della kermesse. “Forse un po’ troppo dura per essere solo la seconda tappa”, è il commento di qualche altro podista un po’ esasperato dalla fatica. Ma, si sa, è lo sfinimento quello che poi si cerca in gare di questo tipo.
Terza tappa, 18 km, Sosua, tutta corsa off road, fango, sabbia, sassi. Partenza da Monkey Jungle, da una struttura all’ingresso della giungla dove vive una coppia, ricca di umanità, che dà vitto e alloggio a medici che, per tre mesi all’anno, alternandosi, prestano gratuitamente le loro cure agli abitanti limitrofi, poveri e isolati. Anche qui il profilo altimetrico è mosso ma, comunque, tutto tendente verso la discesa, fino ad arrivare alla finish line, posta a lato di una magnifica pozza fresca ristoratrice nella quale i podisti, senza neanche rallentare la corsa, si tuffano.
Quarta tappa, 44,5 km, Las Terrenas. Questa è la tappa ultra, la più lunga, ma col suo fiore all’occhiello: El Limon Waterfall, la cascata più spettacolare della Repubblica Dominicana, 52 metri di acqua fresca che precipita in una sottostante piscina naturale dove poter fare il bagno. Non per gli atleti, però, che non possono perdere tempo e a testa bassa la superano stando attenti a dove mettere i piedi per attraversare uno dei tanti guadi che in questa tappa si incontrano (almeno cinque). Siamo a metà percorso, circa, ma il pezzo più alla “Indiana Jones” deve ancora venire: è la spiaggia con le mangrovie. Tanto per gradire, al 38° km e a gambe già belle provate, si entra dentro (sì, proprio dentro) il mare fino alla cintola (ai più bassi va anche peggio) per guadare almeno 2 km fino alla successiva spiaggia. E poi, quasi a compensazione della fatica patita, ancora dentro a palmeti ombrosi con sabbia bianca compatta sotto i piedi. Gli occhi si riempiono di verde e di azzurro.
Quinta tappa, 12 km, Terrenas, Playa Moron. Siamo giunti alla fine dell’avventura, per molti che aderiscono solo a questa parte di gara è anche l’inizio. Sarà perché è domenica, sarà perché ci si può iscrivere la mattina stessa, ma sono molti i dominicani che si uniscono allo zoccolo duro dei partecipanti, un centinaio in tutto, una vera magia per una prima edizione! Subito una importante salita lascia il posto alla discesa verso il mare, in un susseguirsi di belle spiagge bianche, verdi palme… belle sì, ma non finiscono mai? Il finale vale la fatica: in fondo c’è l’arco dell’arrivo, il palco con la musica dal vivo, le ballerine sgargianti nei loro vestiti verde brillante e i fiori rossi nei capelli. Siamo ai Caraibi, bellezza!
Silvana Lattanzio, da Santo Domingo (foto di Pierluigi Benini)
Commenti Recenti