Calcio

C’è da spostare una Maquina

Jvan Sica 14/11/2008

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26 maggio 1949, erano passati 22 giorni dallo shock sportivo più straziante della storia nazionale. Una squadra simbolo del Grande Torino che schierava i migliori calciatori del Campionato italiano si incontrava con la squadra sogno di quegli anni ’40: il River Plate. Per devolvere soldi alle famiglie delle 31 vittime della sciagura di Superga. Il telegiornalista della Settimana INCOM snocciola in trance i nomi e le attitudini dei campioni sudamericani (e a questa prosa aulica, anche noi del 2000 passato ci adeguiamo per la giusta esaltazione). Siamo ancora alla Maquina, però i pezzi sono un po’ scombussolati: Labruna, il Clark Gable scheletrito che toccava la palla come se fosse un pennello per piedi, Loustau, aletta esile come Nureyev e resistente come Zatopek (o giù di lì), addirittura c’era ancora Di Stefano, la scheggia dorata che stava per salutare tutti per l’“Eldorado” dei Millionarios (squadra guida del campionato fuorilegge colombiano in cui molti campioni sudamericani corsero ad arricchirsi e a solleticare le domeniche dei narcotrafficanti), in cui avrebbe ritrovato un altro componente della Maquina, lui già emigrato per sostanziarsi la busta paga: El Maestro Pedernera. Un altro pezzo che a Torino non c’era, perché trasferitosi proprio quell’anno alla Universidad Catolica in Cile era l’innesco della Maquina, il motore d’avviamento, il lubrificante per talenti troppo individualisti, l’ingranaggio di connessione attraverso cui si sviluppava quella velocità in destrezza: José Manuel Moreno, il libro su cui Di Stefano ha studiato, la lingua che il biondo ha poi portato in Europa, da cui molti altri hanno preso spunto. Moreno è stato il primo vero universale della storia del calcio, forse anche più completo di Mazzola. Non è tanto considerato dai “classificatoristi” di professione perché in Europa lo hanno solo annusato e con la Nazionale non trovava le chimiche del River. A Torino invece andò con la sua faccia da freak in libera uscita Norberto Estampilla Yacono, padre di Stiles e di tutti i mediani al cardiotonico che si vedono ancora oggi per i campi. Questo articolo è fatto di semplici note a corredo di un evento straordinario anche nel dolore di premessa. Quel giorno apparivano praticamente dei miraggi e ricordarne le sensazioni è ancora oggi inebriante.

Jvan Sica
(per gentile concessione dell’autore, fonte: Letteratura sportiva)
Video: Torino Simbolo-River Plate

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