Basket
Banchi di sopra
Oscar Eleni 07/01/2013
Oscar Eleni dal paese dei balocchi dove se sbagli a comprare, ad assemblare, a fare il tuo mestiere, interviene sempre uno zio d’America pronto a comprarti giocatoli nuovi. Prima o poi riuscirai a sentirti felice, il numero uno. Basta nascere fortunati, basta avere le tasche piene. Non si corre mai partendo dalla stessa linea. Milano e il suo trenino di giocatori che salgono e scendono. L’Armani può permetterselo. Varese, ad esempio, anche se ha dominato il girone di andata, ora rischia di fare la stessa fine della bella Cantù della scorsa stagione azzoppata nel momento cruciale della stagione. Per la Cimberio che sognava una coppa Italia in grande potrebbe capitare di andare fuori al primo turno se dovesse incontrare l’Emporio dove in settimana dovrebbe cominciare a spolverare gli scaffali più in alto, insomma il tabellone nemico, quel Pops Mensah-Bonsu che quando ha la luna giusta svita lampadine in paradiso. Per Varese l’ansia della ricerca di soluzioni se Ere e Banks dovessero restare fermi troppo tempo.
Il mondo è fatto proprio a scale, ma nel paese dei balocchi tutti se la godono: Pianigiani ad Istanbul ha fatto quello che voleva, puntando su giocatori imborghesiti, tipo Andersen e Batiste, e si trova con una difesa ballerina che fa venire tanti dubbi. Nel paese reale dicono che il Banchi di sopra era l’anima guerriera che ora ha trasferito il suo vero credo, non sempre condiviso dal piccolo principe lupaiolo dicono nemici annidati anche dove si pensava di avere solo adoratori, nella Mens Sana che ha rivoltato come un guanto da gettare nella vera sfida dopo averne sentite tante all’inizio quando certi errori di assemblaggio erano evidenti. Siena che torna a far paura più di prima con una squadra messa insieme spendendo la metà delle stagioni precedenti, un terzo della sua sfidante principale che cammina al passo dell’oca sbattendo le ciglia con i brillantini che non incantano tanto la gente del Forum, forse anche meno di Cantù che poteva pensanrci un po’ meno se davvero il cambio Anderson è quello visto nelle prime due uscite.
Tutte verifiche da fare in primavera, ma a febbraio questa coppa Italia ci dirà nuove verità e sarebbe bello se nelle combinazioni quasi impossibili entrasse anche la Caserta del Sacripanti che contende a Bucchi e Vitucci il titolo di allenatore dell’anno, considerando questo premio, che un tempo andava per esclusione del massimo Erode Pianiagini e gratificava i cagnolini costretti ad inseguire la volpe argentata protetta nel castello di Minucci, potrebbe anche prenderselo proprio il Banchi maremmano se la sua corsa fra Italia ed Europa avrà notti come quelle sul Bosforo. Qui bisogna confessare che al Brown dei primi giorni avremmo personalmente consegnato valigia e biglietti di ritorno, sapendo che la stessa idea era venuta a chi lo aveva ingaggiato, ma poi se ci lavori, se costruisci qualcosa, forse cambi la testa del giocatore. Non è ancora detto perché il mostruoso 41 di Istanbul porterà l’uomo a credersi più alto della torre sul Campo, potrebbe squilibrare, ma intanto attenti a voi che credevate di vedere Siena sepolta sotto l’inchiesta nata in una città dove diventi Aceto se sai tirare nerbate, ma anche bersaglio per chi volesse guadagnarsi paradisi diversi dopo aver scoperto che il duca non sorride a tutti nella stessa maniera. Morale? Non sono i soldi, ma il sentire comune, la competenza a fare buone squadre. Non è sempre colpa di chi va in campo se la luce si spegne. Il caso è quello del povero Omar Cook preso da Milano per stizza perché con Valencia le aveva fatto del male, ma lo guidava Pesic, e adesso sembra aver ripreso vita in Basconia dove, forse, giocano sapendo tutti cosa serve per aiutare la cause. Forse.
Siena che si “ rinforza” prendendo Oertner e non Mancinelli, Milano che si “rinnova” affidando a Green la lampada per far uscire, finalmente, la squadra che interrompa una carestia lunghissima, nata prima per mancanza di fondi, ma poi, quando i soldi sono arrivati davvero, tanti, tantissimi, si è visto che non bastava buttarli dalla finestra chiedendo a quelli di sotto di avere pazienza se il Marchese al comando magari arroventava i talleri per i tangheri imploranti. Nel paese dei balocchi hanno visto il gatto e la volpe prendere per il naso il pinocchio di corte, quello che costringe i ragazzi con famiglia a dire sempre di sì, quello che sa tutto non sapendo in realtà niente. Succede. Puoi raccontare che hai preso il meglio andando nell’agenzia dove farsi un piacere a vicenda aiuta, puoi fingere che sia la NBA a rubarti i cervelli più raffinati, puoi recitare la parte della vittima avendo la vocazione del carnefice, ma poi il campo decide per tutti e adesso, nel paese loro, si tirano la palla in faccia. Attenti ad Icaro che cade dalle torri bianche. Lo diciamo a Pianigiani, a Scariolo, al povero D’Antoni che tanto povero non è, ma fa sempre passi oltre la sua gamba. Quando vediamo certe cose ci domandiamo perché questi permalosetti del quartierino fremono appena capiscono che i loro dirigenti amano il tipo Messina e non più il loro fatto trine e merletti. In tempi non tanto lontani chi sfidava Milano diceva sempre: sarebbero inatacccabili con Messina, ma con altri sono un po’ come tutti. Ohibò. Ecco un servo del Tancredi illuminato dalla sosta premio sull’oceano angelino. Leggere il suo libro non per cambiare idea, perché resta sempre quel profumo di trappole per topi dove non tutte le verità sono vere, ma per imparare e gestire meglio.
Nel paese dei balocchi dove Petrucci porterà il suo consiglio di scimmiette non udenti, non parlanti e non vedenti, ma attento prence, perché se la Cremascoli impara l’arte così in fretta come ha fatto con Cantù, potresti trovare qualcosa di meno soffice su cui sederti, tu che addirittura sognavi di avere al fianco uno dei duellanti nel rancido della sfida meneghino- senese dove adesso mangiano altri topolini arbitrali se è vero che hanno messo Sahin in seconda fascia e ci propongono per la prima dei bravi ragazzi del coro che, magari, fanno tenere la maglia nei mutandoni, cacciano dalla panchina il tesserato non a referto, ma poi, al momento di decidere, peccano per servo encomio, gente che pensa al dopo e non sa che certi riccastri neppure sprecano un biglietto d’auguri per le feste.
Bella idea quella del Meneghin in uscita dal regno dei muti grugnanti per un commiato dicendo il vero. Ha scelto il Piccolo di Trieste, una delle città dove si è ricreato come uomo e campione, per dire, finalmente, che non si poteva lavorare in un posto dove ogni giorno scoppiava una lite per avere il pennino più bello. Doveva farlo dopo il commissariamento e invece sperava di imparare, di capire tutto in fretta. Peccato. Ma non lo dimenticheremo se Petrucci non farà soltanto finta di tenerselo al fianco perché alla Fiba gli hanno detto che il posto Italia non è ad nazionem ma ad personam. Insomma devi avere un curriculum e ora vedremo. C’è all’orizzonte il Pierlo Marzorati che vorrebbero fare fuori dal Coni regionale gli stessi che lo imposero dando uno spintone al Maifredi che cercava una consolazione dopo la congiura che lo aveva fatto cadere dal mondo a spicchi. Siamo curiosi di capire le mosse in questa assemblea bulgara dove tutti i candidati saranno investiti dal camerlengo di turno, di vedere come sorrideranno alla vecchia vita quelli che non si sono vergognati di invitare ex presidenti federali, a patto che le spese le pagassero di persona. Piccinerie che pensavamo di vedere soltanto al Forum di Assago dove hanno invitato Renzo Bariviera per il suo ingresso nella casa della gloria, ma si sono dimenticati di mandare sul campo i nuovi dirigenti, il presidente in assenza dell’Armani che rifletteva in vacanze diverse, illudendo il povero Peterson, che ora il Proli quasi non vede e non soltanto perché è alto come Green, che sul campo ci sarebbe stato un premio anche per lui. No. Nano ghiacciato per l’immagine sotto gli stendardi guadagnati proprio dall’uomo che sapeva resistere quando il sole della critica spaccava le pietre.
Paese dei balocchi che non fa una piega se il capitano della nazionale Mancinelli resta a guardare la vita e il mondo dalle colline bolognesi, dalla tana di Ugo. Doveva dire anche quello Tony Cappellari nella sana intervista al Corrierone che avrà fatto venire i vermi a troppa gente, ma certo lo pensava se come salvezza per la crisi formerà il partito per concedere solo 2 posti agli stranieri nelle squadre di basket anche a livello serie A, regola che sarebbe bocciata a Strasburgo se verrà mantenuta la chioccia del professionismo che si è mangiata troppi pulcini in questi anni.
Nel paese dei balocchi abbiamo anche incontrato il prefetto che ha vietato ai canturini di entrare scavalcando le pozzanghere di Assago dove il tabellone luminoso non tiene neppure 12 numeri. Gli abbiamo portato il filmato alle casse dove impiegate petulanti più che zelanti chiedevano a frequentatori ben noti la carta d’identità nel dubbio che fossero nati a Cantù. Per fortuna che Anna Cremascoli, presidente canturina, è nata in città, ma lasciando perdere queste banalità, questi impedimenti tossici per uno sport che già non ha entrate salvo quella degli incassi, gli avremmo chiesto di spiegare se i più pericolosi sono in curva o, magari, nelle sedie d’oro ad invito. Quelli della prima fila, cominciando dai bambini, si eccitavano soltanto se c’era da insultare, da bruciare, da maledire. Nello stesso paese saremmo andati al bar del Grifo per sapere cosa si diranno in questa settimana gli amiconi Scariolo e Stramaccioni, legati dal passato fortitudino, legati al palo dalla critica per questi mesi non felici con Inter ed Armani.
Uscendo nella valle dei templi ci siamo fermati anche alla fonte dove si sono abbeverati Gallinari ed Aradori. Diciamo subito che sul giovane Gallo avremmo giurato, mentre il ragazzo bresciano ci ha sempre dato l’impressione di essere un passo indietro a quello che voleva davvero essere. Insomma i due devono aver preso dalla stessa fonte se quasi contemporaneamente, si va be’ c’era il fuso orario fra Elei e la Milano da spolverare, hanno infilato il tiro da 3 che ha mandato all’inferno lo Scariolo che oggi è la guida non proprio condivisa da tutti dell’Olimpia e il D’Antoni, ex vero condottiero della Milano che vinceva sul serio, che ha voluto saltare sul cavallo dei Lakers dove più di mezza città voleva soltanto Jackson.
Pagellastre col fogarazzo felliniano.
10 A Thomas RESS che ha la barba sempre più bianca ma sul campo è l’italiano che ci impressiona di più. Ora non potranno farne a meno per Azzurra e allora Petrucci ci pensi e lo convinca che l’estate libera per allungare la carriera, per motivi personali, non regge. Vogliamo lui, non Bargnani che, come ha detto un suo ex allenatore a Toronto, non ama il lavoro per cui lo pagano così bene.
9 A GALLINARI e ARADORI ex gemelli a Casalpustarlengo per il tiro da 3 mortifero che ha gelato due rivali importanti.
8 Al VIGGIANO che non gioca sempre come a Bologna, ma che non poteva essere un abbaglio salvo per chi quando giudica la gente si fa ingannare dalla prima impressione, per chi crede di sapere come direbbe il mitico manager di Oakland.
7 Al MORDENTE casertano che rappresenta benissimo la squadra di Pollicino Sacripanti: 1 su 4 da 2 1 su 6 da 3, ma protagonista della rimonta capolavoro contro Sassari dalla miccia corta, una cosa nota, ma non da scoprire a Pezza delle Noci.
6 Al MENETTI che anche in questo momento dove il suo brigantino ha trovato il mare della tranquillità dice cose serie, giuste, cose da condividere con un allenatore che lavora e non ascolta i presunti competenti.
5 Al SAHIN perseguitato dalla nuova gestione degli arbitri se non chiederà alla Fiba di essere arruolato come arbitro apolide, anche se ha scelto l’Italia e la ama moltissimo. Dire che lui è di seconda fascia proponendoci poi i designati papali oltre a certi sorteggiati è la comica del vecchio anno che si ripete nel nuovo. E non è vero che a Roma avevano ragione i bastonati di Biella.
4 I GRECI dell’Armani si sono presentati davvero male al nuovo allenatore della nazionale Trinchieri. C’è gente che le studia tutte per saltare il servizio sociale, ma qui non è la prima volta e forse il nuovo ruolo del Buazzelli del Partenone non è la vera causa.
3 Agli AMERICANI di casa VIRTUS, quelli che giocano, quelli che guardano. Fare soffrire un popolo che sa benissimo di non poter avere ricambi per mancanza fondi è una grande crudeltà.
2 A TRIESTE città martire della crisi, città che è stata culla del grande basket italiano, di uno squadrone ai tempi di Stefanel e Tanjevic, perché dire ai giocatori, sotto Natale, che potevano cercare altri lidi visto che non c’era neppure il carbone da mettere sotto l’albero, fa stare male tutti. Certo meglio essere sinceri che raccontare le balle che poi hanno fatto iniziare tanti tornei con un piede malato.
1 A SCARIOLO quando ci farà sapere cosa vuol dire che la Milano battuta da Cantù non ha fatto passi indietro. Da cosa? Dalla vittoria di 2 a Pesaro e ai supplementari con Biella, le ultime due della classifica? Anche le parole sono una chiave per leggere nella mente di chi elogiando buoni allenamenti fa venire il dubbio che non siano poi così buoni.
0 Al PREFETTO che chiude le curve ma non purifica i parterre dorati dove c’è gente molto più violenta e incivile di quella che, purtroppo, recita la parte dietro ai denudati che non avendo arte la cercano nelle frange ultras. Ipocrisia per la difesa di cosa? Le scuole del tifo non esistono. Esiste lo sport. Con le sue leggi, il rispetto degli altri. Basta. Fuori tutti i re del tramezzino a metà partita, quelli che incoraggiano i figli a saltare e gridare brucereemo tizio e caio.
Oscar Eleni, lunedì 7 gennaio 2013