Anno sottozero

7 Settembre 2009 di Stefano Olivari

Di poche ore fa sono i funerali di Gianluigi Porelli, non un santo ma uno dei pochi dirigenti del basket italiano con una visione dello sport diversa da quella del ‘ricco da intortare perché ci metta i soldi’. Non è un caso che Bologna sponda Virtus fin dai suoi tempi sia l’unica realtà italiana in cui sia possibile fare basket di buon livello anche prescindendo (teoricamente, perché poi c’è sempre stato) dallo sponsor. Senza grandi segreti: bastano, si fa per dire, seimila abbonati disposti ad anticipare cifre importanti già in estate. Di adesso è l’inizio dei primi Europei a cui l’Italia non partecipa perché eliminata in qualificazione, con un c.t. da due anni (il Mondiale 2006 fu un’occasione persa, ma non mal giocata) indifendibile ma anche troppo facile da linciare: non ha il baffo della Nike come il più indisponente dei suoi campioni (ti possono dare 10 milioni di dollari all’anno anche solo per marketing, non è un delitto farlo o dirlo), è anziano e forse con i capelli tinti, ha il difetto di essere un player’s coach in un contesto in cui servirebbero forse di più i sergenti di ferro. Intanto fra poche settimane riparte la nostra Nba sfigata, con giocatori (non importa se stranieri o italiani) che durano poche partite, progetti pluriennali (Vitali, per dirne uno) azzerati da un filotto di partite sbagliate e tifosi che vorrebbero avere qualcosa a cui attaccarsi ma non la trovano. Moriremo guardando Controcampo?

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