Altro che malinconia

27 Gennaio 2009 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari

Non sappiamo se davvero Mike Tyson ed Evander Holyfield si affronteranno per la terza volta nella loro carriera ad Abu Dhabi, il prossimo 31 ottobre allo Zayed Sports City Stadium davanti a 25 mila persone. I 34 milioni di dollari di borsa complessiva ci indurrebbero a scommettere sul sì, ma per il momento ci accontentiamo della presenza sui media di due personaggi anni Ottanta come pochi altri. Tyson, che non sale sul ring dal novembre del 2006 (sconfitta con l’irlandese McBride, nel solito astuto incontro pro identificazione guardie-ladri), nel 1986 a 20 anni e 4 mesi diventò campione mondiale Wbc dei massimi battendo Trevor Berbick con un indimenticabile ko differito. Poi la versione Wba, battendo ai punti James ‘Bonecrusher’ Smith e quella Ibf sempre ai punti su Tony Tucker, più tanti altri episodi che tutti (o forse no, potremmo infliggere una Tyson Story) conoscono. Con una considerazione personale: l’inizio della fine non fu la sconfitta con Buster Douglas a Tokyo nel 1990, ma l’entrata nell’orbita di Don King di due anni prima, con conseguente allontanamento di uno dei pochi a non averlo mai truffato: Kevin Rooney, l’uomo che lo aveva guidato sul ring e come persona dopo la morte di Cus D’Amato, anche lui estremista del peak-a-boo (uno stile di boxe che porta a proteggere di più la faccia e alla ricerca del jab in uscita dallo scambio, considerando il lavoro al corpo solo preparatorio). In riviste anni Cinquanta abbiamo trovato filastrocche per memorizzare sotto pressione i pochi schemi: lì davvero c’è tutto Tyson…Holyfield è invece anni Ottanta non in relazione a Tyson (la prima sfida fra i due avvenne nel 1991) ma all’Olimpiade di Los Angeles: dove vinse un memorabile bronzo, memorabile perché da favorito fu squalificato da un arbitro jugoslavo in semifinale per avere colpito il neozelandese Barry a cronometro fermo. La curiosità è che in finale avrebbe dovuto affrontare Josipovic, jugoslavo anche lui…Preparati al diluvio di editoriali sulla malinconia di questa sfida e sulla bella boxe di una volta che adesso non c’è più (come le merendine e la tivù dei ragazzi), diciamo che invece siamo contenti almeno della prospettiva. E’ bello che due ultraquarantenni siano lì, a battersi, sotto le luci. Fuori dal ring c’è poco, ed è difficilissimo da trovare.
stefano@indiscreto.it
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