Juventus-Fiorentina e Wierer, se questa è cultura sportiva

25 Marzo 2019 di Indiscreto

Juventus-Fiorentina femminile è stata vista su Sky da 342.628 spettatori medi, con il 2,68% di share: un risultato appena discreto, considerando l’assenza assoluta di concorrenza, il battage giornalistico dall’insistenza sospetta (Sky è uno dei maggiori investitori pubblicitari in Italia) e lo scarso interesse generato dal calcio femminile nelle stesse donne. In proporzione sono molto più importanti le 40.000 persone che, pur gratis, erano all’Allianz Stadium con tutti gli sbattimenti del caso. Dorothea Wierer ha vinto la Coppa del Mondo assoluta di biathlon, prima volta nella storia per un’italiana, con l’atto finale trasmesso (come gli altri) da Eurosport. Due situazioni che hanno fatto riesplodere il dibattito sulla cultura sportiva che mancherebbe in Italia, dibattito di solito confinato ai Giochi Olimpici dopo le parole a caldo di un medagliato nella spada o nello short track. Ma che cos’è la cultura sportiva? Affrettiamoci a rispondere, prima del bel Chievo-Cagliari di venerdì sera.

Siccome questi discorsi vengono fuori soltanto dopo vittorie, medaglie, o comunque buoni risultati, viene da pensare che il concetto di cultura sportiva a cui si dovrebbe tendere sarebbe quello definibile ‘italiano che vince’ oppure ‘i nostri che vincono’, nel caso delle varie Juventus, Milan, Roma, adesso anche Inter del calcio femminile. Insomma, pur ammantato di significati politicamente corretti, la stessa idea di sport del canottierato medio del calcio o del giornalista ignorante che lancia il servizio con ‘Pellegrini solo quarta nella finale olimpica’. Se a vincere la Coppa del Mondo di biathlon fosse stata, mettiamo, la Kuzmina, quanti dei media generalisti che vogliono farci sentire in colpa avrebbero esaltato il secondo posto di Lisa Vittozzi? C’è più cultura sportiva negli italiani che seguono il Mondiale di calcio senza l’Italia su Mediaset che in quelli che saltano superficialmente addosso alla moda del momento: Azzurra, la nazionale di rugby, Tomba, la Wierer, fra poco (speriamo) Tortu, eccetera.

Cultura sportiva non è mettere tutto sullo stesso piano. Cultura sportiva è seguire uno sport a prescindere dal tifo e dalla nazionalità, per i suoi contenuti sociali, emotivi, spettacolari e anche puramente tecnici. Quanti sport, al maschile o al femminile, in Italia possono guadagnarsi su base continuativa un articolo a prescindere dal nome di chi vince, ma solo per l’importanza della vittoria? Quelli che vi vengono in mente sono gli sport di serie A, con varie gradazioni: calcio, poi molto staccati pallacanestro, tennis e ciclismo. Non scommetteremmo sulla Formula 1 senza Ferrari o sul Motomondiale senza piloti italiani: sai che bello il campionato catalano… Ci dispiace per gli altri sport, anche perché alcuni li abbiamo amati e li amiamo.

Personalmente riteniamo che lo sportivo numero uno al mondo, quello che sognavamo di essere, sia quello che vince la finale olimpica dei 1500 metri (in subordine degli 800 o dei 3000 siepi), ma le proprie passioni di nicchia non si possono imporre a un lettore-telespettatore che non è un bambino da educare (da chi, poi, dai giornalisti?). Se Tamberi avesse un personale di 2,20 nessuno parlerebbe dell’half-shave. A noi piace tantissimo anche il football, al punto che il nostro prossimo libro (come editori) sarà sul football, ma comprendiamo che potrebbe diventare una notizia da Tg1 solo se Brady si lasciasse con Gisele. La propaganda la puoi fare sul tuo blog personale, non su un prodotto editoriale che devi vendere o che comunque deve essere apprezzato da un pubblico etereogeneo. E quindi? Molto più onesto dedicare alla Wierer quelle due righe che avremmo dedicato alla Kuzmina.

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