Tortu o Mennea?

23 Giugno 2018 di Indiscreto

Per il 9”99 con cui Filippo Tortu ha stabilito il nuovo record italiano dei 100 metri l’aggettivo ‘storico’ non è usato a caso. Non solo perché dopo 39 anni ha strappato il primato a Pietro Mennea e al suo 10”01 di Città del Messico o perché è il terzo europeo bianco di sempre dopo Lemaitre e Guliyev, ma perché a soli 20 anni sembra che questo possa essere solo l’inizio. Con buona pace dei media generalisti e anche di qualcuno di quelli sportivi, il paragone con Mennea non sta in piedi e non perché la specialità del campione barlettano fossero i 200, ma perché in quattro decenni sono cambiate piste, scarpe, integratori, macchinari per lo stretching e/o sul recupero che consentono di tirare al massimo senza spaccarsi, in una misura tale da avere spostato l’eccellenza di almeno 15 centesimi. Con 10”01, ma anche con il più normale 10”15 record di Mennea a livello del mare, negli anni Settanta si vincevano medaglie olimpiche, mentre oggi con 9″99 si fa fatica ad entrare in una grande finale. Insomma, ognuno va confrontato con la concorrenza della propria epoca e siamo convinti che Tortu possa ancora migliorare e diventare, soprattutto nei 200, un atleta da medaglia pesante. Il nostro ‘Di qua o di là’ riguarda quindi il messaggio lanciato da Tortu e Mennea al pubblico generalista: l’atletica vissuta con serietà ma anche serenità oppure quella vissuta da sfida contro il mondo? Non è un caso che Tortu, con un apprezzabile senso della storia, abbia detto di ammirare Mennea ma di ritenersi come filosofia più vicino a Berruti. L’oro nei 200 di Roma 1960 era un dilettante vero, cosa che Tortu non è, ma qualche punto di contatto nell’atteggiamento sicuramente c’è, così come è evidente la lontananza psicologica da un Mennea convinto di essere sottovalutato e che considerava l’allenamento non un mezzo per migliorare i tempi ma un valore in se. Noi votiamo Mennea, non perché il professor Vittori sia stato una delle grandi firme di Indiscreto, ma perché ogni sua gara aveva un carico di aspettative e di attesa che andava al di là del fatto tecnico: la sua autocritica estrema (considerò un fallimento il quarto posto ai Giochi del 1976) e il suo andare contro il sistema, con scelte anche folli (su tutte il ritiro a 28 anni, da campione olimpico, poi rientrato) e sempre discusse anche nei bar. Detto questo, Tortu è il volto dell’atletica che amiamo e siamo felici di vivere da spettatori anche la sua carriera. Domanda secca: Tortu o Mennea?

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