Reggio Emilia incompleta alla meta

31 Maggio 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni sotto la torre dei conoscenti a Palazzo Fava, cuore della Genus Bononiae, non lontano da via Galliera che era terra rossa per urlare e pensare basket ai tempi del Papa Parisini, di Torquemada Porelli, di Lamberti. Ci sarebbe da vedere una mostra su Edward Hopper perché in quelle solitudini ci sentiamo a casa, ma anche dormire sull’ara della speranza adesso che il mistero agonistico dello sport dove prevedere, se non hai truccato, è impossibile, sembra aver cacciato dal regno i santi protettori di chi partiva con quote di 5000 a 1 come il Leicester.

Hanno ripreso il potere gli dei che a SKY fanno fare canestri “impossibili, incredibili”, che in RAI o Mediaset aiutano a capire perché è giusto che il Real Madrid vinca la Champions di calcio sul cuore dell’Atletico del ‘Che’ Simeone, perché Nibali ha potuto riprendersi il Giro sul temerario mister Kappa olandese rimbalzato sulle curve di neve, o su sorriso Chaves che è stato il giglio purissimo della sfida, lui e i suoi bei genitori rurales che per primi hanno abbracciato lo squalo al traguardo mentre toglieva la maglia rosa al loro ragazzo. Pensando ai beceri da curva, all’aperto o al chiuso, ci teniamo questo incanto, una lezione che arriva dagli umili, non certo da chi vorrebbe fare un processo al fischio arbitrale e se la moda prende alla gola pure il basket televisivo addio fichi.

Anche la palla al cesto italiana sembra aver trovato la normalità pur raggiunta attraverso sofferenze. Emporio Armani-Reggio Emilia. Non era proprio scritta, ma chi ha scommesso non prenderà tanto. C’erano spiegazioni logiche, anche se poi in stagione non tutto è andato come sognavano Repesa, respinto in malo modo dall’Europa dove dovrebbe essere sempre un principe, e Menetti che per arrivare a questa seconda finale si è svenato in amuleti, anche se davvero sono serviti a poco visto che è arrivato alla meta con gente sfinita, caviglie girate e la squadra incompleta.

Siamo a Bologna aspettando i re magi per la Virtus dove Bucci fa scudo e promulga editti sul futuro tecnico, anche se è quello economico che spaventa, cercando di capire come Boniciolli ha potuto inventarsi una Fortitudo così bella, anche se dovesse cadere contro l’ex Pillastrini se è vero che gli dei sono tornati dalla parte dei favoriti e quindi, in questo caso, più Treviso, Scafati o Brescia della Effe ritrovata. Fingiamo competenza per gustare colori, atmosfere del pittore che ci ha rubato l’anima, prendendo tempo in attesa che a Reggio Emilia decidano dove giocare gara tre e gara quattro contro Milano appena riammessa al Forum perché, fortunatamente, non ci sono cantanti in giro e per i famelici protettori dei posteggi, sostare costa quasi più che entrare nel famoso Forum olentissimum, vanno bene anche le messe non solenni del basket rumoroso senza armonie.

Lo sanno anche loro che il bigio Pala Bigi, castello inespugnabile per tutti, salvo una graffiatina della Sassari che prima di abdicare ha voluto prendersi l’ultimo scalpo. Lo sanno loro, lo dovevano sapere, da anni, gli amministratori. Ma quelli, al massimo, te li trovi alla questua biglietti come accadde una volta a Milano, quando ancora il Palalido era prigioniero dell’amianto, ma funzionante e non lo scheletro inquietante di oggi, per una semifinale scudetto. Telefonata dalla segreteria del potente garofano. Il presidente, che ama il basket, vuole venire a vedere. Certo, rispondeva un Cappellari meno distratto di oggi. Peccato che con lui ci fossero altre trentanove persone, scorta, compagni e al Palalido, lo chiamavamo anche così per far arrabbiare il maratoneta Zagaria, non entrava più uno spillo. Erano gli esauriti de noantri, non quelli dello splendore armaniano di oggi, anche se nell’età dell’oro del trio Gabetti-Peterson-Cappellari non mancarono gli esauriti in tutte le arene concesse dalla Milano matrigna che sognando sempre l’Olimpiade impossibile organizza feste campestri, cercando di far capire che lo sport è bello se non costa tanto alle amministrazioni. Magari è anche vero. Ma forse no.

Dunque finale quasi annunciata. Davide in maglia Grissin Bon e i Golia di re Giorgio. Inutile nascondersi dietro al dubbio su chi è favorito. Vero che neppure il più spocchioso dell’Emporio potrebbe dire, come il Bale del Real, che nessuno degli avversari sarebbe titolare nella sua squadra, ma facendo i conti sui chili, sul talento, sulla condizione fisica è proprio difficile pensare ad una finale che si possa concludere alla settima partita. Certo Milano ha peccatori nati sotto il segno dello scorpione. Spesso avvelenano la rana trasportatrice, come diceva il Banchi. Venezia lo sa bene e per questo ha anche sognato prima di scoprire che giocando ogni due giorni se salti un pasto giusto, se bevi male, poi scoppi. Lezione dei ciclisti dal Tourmalet alla lombarda. Emporio avvisato e mezzo salvato da Gelsomino Repesa quando rischiava di affondare in Laguna. Ora sembrano vaccinati e Reggio Emilia deve più curarsi che allenarsi. Comunque sia eccoci pronti e allora sarebbe davvero bello se il 7 e il 9 giugno fosse il Madison di piazza Azzarita, prima dei sussulti azzurri con Messina e gli angeli venuti da lontano, ad ospitare due o, restando ai sogni, anche tre partite della finale scudetto dove la Juventus dei canestri, la più titolata, cioè l’ottuagenaria Olimpia, farà quello che deve fare. La cosa buffa è in questo cortile chi serve a prescindere vorrebbe creare l’atmosfera dell’impresa. Guai dire che soltanto può perdere lo scudetto. No, accidenti. Se non create l’atmosfera quei ragazzi bruciati in Europa sono anche capaci di fare tuffi nell’acido come in gara uno a Desio contro Venezia.

Diciamo che forse avrebbe avuto pèù chili e forse armi Avellino, ma il campo ci ha detto che le fionde di chi punge come un’ape e vola come una farfalla sparano sassi mortali quando la fatica ti impedisce di vedere dove colpire. Come diceva giustamente Sacripanti, vincere di 1 o 43 come è accaduto ad Avellino in gara quattro, non conta nulla nei play off. Infatti Avellino è fuori, ma la sua stagione resterà nella memoria di chi sa riconoscere un lavoro ben fatto, in società, sul campo. Bravissimo Alberani (voto 9) e chi gli ha dato il potere fra tanti lupi smaniosi e nostalgici; stupendo Sacripanti (voto 9) che nei momenti di battaglia ci ha ricordato che è davvero uno di quelli che Aldo Allievi considerava figli dei “nobili pretoni”, del Corrado che gli ha voluto bene. Ha fato il massimo e non è sempre facile cavarsela quando devi vivere sul talento, ma anche sulle lune. E i lunghissimi, lo sapete, il Buva e il Cervi che a Milano avrebbero creato problemi, hanno spesso cali di zuccheri.

Bella stagione per Nunnally (8) scelto anche come MVP del campionato. Ci ha sorpreso positivamente l’ultimo Ragland (7) dopo aver criticato il primo che stava sul fondo con una squadra deludente. Bravo Leunen (7) anche con le gambe appesantite dalle sfide ogni 48 ore, interessanti i progressi di Pini (6.5), ma anche dei pivottoni: Buva fluttuante fra 8 e 4, Cervi fisso sul 6 e mezzo, ma con punte che ci piacerebbe ritrovare quando sarà con Azzurra. Da Marques Green (6 di stima) difficile attendersi più di quello che ha dato e anche Acker, come Veikalas, non ha dato più di quello che si pensava. Interessante invece questo Severini agente speciale. Oltre il sei e se lavorerà in estate potrebbe anche essere un buon acquisto per il domani.

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