L’Italia di Pianigiani

31 Marzo 2012 di Stefano Olivari

Contro l’Olympiakos è sfumata l’ultima occasione della storia di Siena per mettere le mani, o almeno per sognare di farlo, sull’Eurolega. Il ridimensionamento del Montepaschi, inteso proprio come banca, porterà inevitabilmente a tagli alle attività collaterali (e a Siena tutto, ma proprio tutto, dipende dalla banca, non solo lo stipendio di Lavrinovic), danneggiando anche chi come la Mens Sana i soldi li ha sempre spesi con intelligenza. Per questo la brutta serie giocata contro la squadra di Ivkovic, con qualche fiammata (piaciuto moltissimo Zisis) soprattutto in garaquattro, segna la fine di un’epoca almeno in Europa.
Non certo in Italia, dove solo Cantù e Milano hanno qualche arma (e nel secondo caso anche più soldi) per dare un minimo fastidio nei playoff. Di questo quarto di finale rimarranno nella memoria la strana abulia di McCalebb, al di là del presunto alterco con Pianigiani in garatre, ma soprattutto la quantità industriale di falli fischiati a Siena: grande in assoluto, ma anche in relazione agli avversari. Senza vere motivazioni tecniche, visto che i greci non danno la palla dentro più di quanto lo faccia Siena (e la distribuzione dei tiri è anche simile) di questa stagione, ma per il metro arbitrale: in Europa meno permissivo che in Italia, per sintetizzare. E’ l’unica spiegazione per statistiche imbarazzanti (alla fine del terzo quarto record intergalattico di differenza fra tiri liberi tirati: 23 a 1…) e non spiegabili con la dietrologia: non è che Bertomeu abbia più gioia nel vedere avanzare una squadra greca (oltretutto con prospettive a medio termine peggiori di Siena, vista la crisi di quel paese) di una italiana, e le final four sono in ogni caso a Istanbul.
Due sole considerazioni a margine, ma nemmeno tanto. La prima: Siena ha dimostrato una volta di più di non essere paragonabile alle squadre dei grandi cicli del nostro passato, dalla Varese degli anni Settanta (dieci finali di Coppa Campioni consecutive) alla Bologna di Messina, passando per la Cantù dell’oratorio e la Milano da bere. Non è che le manchi la mitica ‘mentalità europea’, anzi, è solo che ha spesso trovato quattro o cinque corazzate di livello superiore (nella categoria non includeremmo comunque l’Olympiakos 2011-12) e che in Italia i risultati europei delle avversarie parlino da soli per definirne lo status. In ogni caso mai Siena ha raggiunto la finale, pur essendoci andata vicinissimo in tre occasioni: 2003 (sconfitta dalla Benetton), 2004 (Fortitudo) e 2008 (Maccabi).
La seconda considerazione riguarda il Pianigiani commissario tecnico azzurro, tirato in ballo di recente da Scariolo per l’influenza che avrebbe questa carica sugli arbitraggi. Questa nomina non ha fatto bene alla Nazionale, per l’evidenza dei risultati (mancata qualificazioni agli Europei 2011, ripescaggio solo dopo l’allargamento a 24 e disastro sotto ogni profilo in Lituania nonostante per la prima volta ci fossero i tre tenori insieme in una manifestazione ufficiale), ma nemmeno a Siena che mai come in questa stagione, da quando la allena Pianigiani, ha sofferto contro le squadre medie. Quanto agli italiani di Siena, su questo fronte il c.t. non è secondo noi criticabile: non è colpa sua se nelle partite vere possono essere solo comprimari o DNP, dall’ex agente speciale Carraretto (uscito a pezzi dall’avventura azzurra) ad Aradori. Concludendo? Scommetteremmo sul sesto scudetto consecutivo.
Twitter @StefanoOlivari

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