Zero commenti per Jeelani

4 Luglio 2011 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
Il campione della Lazio, gli allenamenti di Crosariol, il vespaio degli arbitri, il premio a Obradovic, Hairston lasciato, la riscoperta di Pellanera, il talento di Arrigoni, la Siena dei 14 giocatori, le interviste comandate, il reclutamento lombardo, i talenti di Sacripanti, le leggi brasiliane e le pagelle agli azzurri.

Oscar Eleni fra i girassoli della Vandea, terra ribelle. Scrivere per fingere di essere ancora sulla breccia come gli eroi del bardo. Commenti zero, limbo mediatico. Si va avanti lo stesso. Niente insulti, niente elogi, niente di niente, esclusi dalle formazioni delta che adesso dirigono il gioco. Scrivere per accontentare chi ti sveglia di notte come il Lorenzaccio mandato in crociera per servizio carliniano. Maledetto lui, ma anche benedetto. Ci obbliga a sintonizzare il decoder con le immagini di Italia 1 per una puntata sugli Invincibili condotta dalla jena Marco Berry. Protagonista della puntata Abdul Jeelani salvato da una vita grama, senza tetto, in guerra con diabete e cancro, e portato a Roma dal progetto Lazio. Nella capitale i progetti buoni sono quelli che alimentano un florido settore giovanile, mentre la società del povero Toti sbatte le alucce come una falena perduta fra contratti assurdi da rispettare, fra giocatori fantasma, fra bugie e videotape di cose mai fatte, di conferme per gente che al massimo potrebbe scrivere un biglietto di auguri, persino un libretto, ma da questi ci terremmo alla larga perché fanno soltanto disastri, una malattia comune nella terra dei pavoni d’allevamento che hanno qualche soldino in proprio o gestiscono per conto di altri.
Roma sbuffa e si contraddice: Crosariol che non si schioda dal suo megacontratto (c’è la fila fuori dagli uffici romnani per avere uno dei pivot, uhm, di Azzurra?) ha accusato Tanjevic di non essere stato mai presente ai suoi allenamenti anche se nell’analisi del grande Boscia la fotografia del giocatore è così nitida che sembra proprio averlo analizzato bene, certo meglio di chi gli fece quel super contratto e di chi ancora pensa possa servire alla Nazionale. Giachetti che sembra sul mercato dice invece di aver lavorato sodo per due mesi davanti a Tanjevic e Filipovski, ma di essere rimasto in panchina perché i due avevano fattto altre scelte. Strano mondo la Rometta vostra dove Tanjevic appare e scompare a seconda del giocatore interpellato e stupisce il Santi Messaggero che si domanda ancora perché Filipovski ha scelto Lubiana per un passo avanti nella carriera snobbando la società, società?, del Toti che, ci si augura, quando costruisce, deve avere in mente basi solide e spazio verde tutto intorno.
Tornando a Berry e al suo eccellente lavoro diciamo subito a Tolomei e Meneghin che quel servizio dovrebbe girare in tutte le palestre d’Italia, magari con lo stesso Jeelani che racconta la sua vita passata dalle stelle alle famose stalle. Ci sono anche campioni del nostro basket che sono finiti male, vediamo di non doverli andare a cercare in qualche ospizio. Cara Federazione lascia perdere il vespaio degli arbitri che hanno voluto una bicicletta autonoma e non sanno guidarla perché a parole sono tutti bravi, ma poi bisogna pure pedalare. Chi legge e sa faccia segnalazioni. Parliamo di ex in crisi, non certo di arbitri in guerra per una religione ben nota: comandare è meglio che fottere e non potendolo fare ecco il veleno che c’era prima, c’è ancora e ci sarà sempre se, come dice Meneghin, qualcuno dei “ribelli vandeani” non andrà a pescare in quel tratto di terra scoperto dal Tour dove la marea lascia soltanto due momenti di libera circolazione: ecco il prossimo raduno arbitri fatelo su quel mare, al momento dell’alta marea, però.
Api della Vandea andiamo da un girasole all’altro. Obradovic il crudele ha vinto il premio Gomelski. Tutta l’Europa s’inchina al migliore. Fa bene Pianigiani a risentirsi perché da noi questi premi vengono dati seguendo strade misteriose, tipo qualità-prezzo delle squadre. Certo l’allenatore pentacampeon farebbe meglio a valutare il risultato dell’ultimo Palio che dice molto sul rapporto fra demiurgo e allenatore in casa Mens Sana: il fantino sul cavallo dell’Istrice, contrada del Minucci che vive queste storie meravigliose da una rocca tutta sua, lontano dai pericolosi coinvolgimenti emotivi, ha puntato diretto verso il cavallo della Lupa, contrada del Pianigiani che queste cose le sente molto di più essendosi abbeverato davvero a quella fonte, per ostacolarne la marcia.
Scherziamo sapendo che i due non litigano certo per il Palio, casomai per l’Hairston che, non è casuale, ora Siena lascia ad altri basandosi sul discorso qualità-prezzo che non sembra disturbare ad esempio la Milano che sotto la spinta ideologica di Scariolo sta costruendo una squadra con una logica, anche se restano dubbi, ad esempio sul Mancinelli numero tre che può far paura ai Giardini Maregherita, non in Europa perché, anche allenandolo al massimo, il suo tiro resta carente, certo molto meno utile del lavoro che può fare come passatore o come guastatore vicino al canestro.
Siamo felici di segnalare che spesso ai raduni dei maturi baskettari non si ritrova soltanto gente che conta poco. Teramo ha riscoperto Corrado Pellanera, un grandissimo sul campo, una delizia fuori anche quando doveva nascondersi per non far vedere le sue lacrime quando il Dadone Lombardi esagerava: succedeva molto spesso.
Premio dell’anno a Bruno Arrigoni che quando va a scegliere i giocatori guarda ovviamente le qualità tecniche, ma poi si sofferma anche sull’aspetto folcloristico del cognome. Nell’ultima estate il giovane Dukulis, adesso Parakhouski. Ci vuole talento.
Siamo grati a Minucci e al Curierun per aver potuto rileggere ancora una volta la massima che non rende più saggi i rivali più o meno storici, più o meno competenti: Pensare che il Montepaschi vince soltanto per il suo potere economico vuol dire non capire niente di basket e di sport. Ne siamo convinti anche noi, ma spesso, bisogna ammetterlo: non c’è eguaglianza competitiva, in Italia e poi in Europa fra chi può permettersi 14 giocatori e chi deve fare quattro conti in padella.
Ci piacciono le interviste comandate, quelle con tre civette sul comò che riconosci sempre dalla rigorosa sigla che dovrebbe aiutarci a distinguere i veri cronisti dal resto del branco, i grandi caimani dai vegani del sistema mediatico, ma non veniteci a dire che dobbiamo credere sempre alla voce del padrone se la civetta chiude gli occhi e le orecchie a Siena, a Milano, Bologna, Roma, persino a Cantù. Lasciateci libertà di sputazzamento sull’aria fritta.
Avevamo criticato il governatore della Lombardia Ragnolini per il flop regionale al campionato under 20. Si sono rifatti con gli under 15: titolo al Geas femminile e, udite, udite, all’Armani, vincitrice in finale sul fiorente vivaio del Blu Orobico bergamasco, che da tanto tempo non presentava giovani almeno decenti. Qualcosa cambia? Non sapremmo dire, visto l’abbandono di tanti campi all’aperto dove un Comitato Regionale dovrebbe mandare ispettori-educatori. In Lombardia e altrove, si capisce. Questo è lavoro sulla base. Vediamo in giro pindoloni infelici che non sanno dove sbattere la testa. Reclutare senza vergognarsi di doverlo fare, così come nel fiorire innaturale dei troppi campi estivi, come diceva il professor Nikolic, bisogna mandare osservatori per stabilire un marchio doc su chi prende in consegna ragazzi che non devono essere parcheggiati per lasciare liberi i genitori, ma per imparare a giocare e anche a v
ivere come potrebbero dire quelli che sono stati al campo di Mason Immenso Rocca nell’assolato Saini milanese.
Interessante la nazionale under 20 di Pino Sacripanti e ripetiamo ancora una volta il concetto che se stai dietro ai ragazzi, se li educhi bene, poi scopri che un Moraschini e un Alessandro Gentile starebbero meglio di altri nel gruppo Italia che andrà all’Europeo. Ma è giusto che si godano la loro età e abbiano uno spazio: basta che non si consenta a nessuno di esagerare. Bello il torneo di Domegge dedicato a De Silvestro e Bepi Meneghin, con il presidentone che con il blu della Nazionale sembra tornato giovane, aggressivo, pieno di forza per tenere alla larga la corte dei miracoli che vorrebbe farlo soltanto ingrassare.
Tanto per farci qualche amico in più vi diciamo adesso come abbiamo pesato, valutato, promosso o bocciato gli azzurri che si raduneranno nella sala peso per i fantini all’Ippodromo di San Siro. Curiosità anche questa: per essere spiritosi quelli grossi, alti, quando vengono fermati in metrò, sull’ascensore, alla domanda sul lavoro che fanno rispondono regolarmente: il fantino. A proposito di Azzurra, deve esserci in giro una strana maledizione: la under 16 ha lasciato in albergo le maglie ed è stata mandata in campo con quello che si usa in allenamento, le gloriose nazionali dei veterani, purtroppo battute dal Brasile nelle finali in terra carioca, ovviamente, con proteste, abbandono del campo, delle premiazioni, un fescennino tutto in salsa Bucci, il dottor Stranamore dal carattere fumantino, hanno rimediato maglie da spiaggia con numeri dipinti perché quelle ufficiali erano state fermate in dogana. Eh sì, in Brasile puoi entrare anche se hai qualche ergastolo sulle spalle, ma guai far passare magliette che avrebbero potuto essere vendute in un paese dove, come sappiamo, niente è in vendita. O siamo male informati?
Dunque pagelle azzurre prima da salire dal balivo Pini nella nobile contrada di Bormio.
BARGNANI 7.5: se vale di più ce lo dica in Lituania, non nei tornei di preparazione.  
BELINELLI 7.5: siamo convinti che sia cresciuto tanto come uomo e come giocatore, ma serve chiarezza su ruolo e mansioni.  
CARRARETTO 6.5: Fedele soldato per tutte le campagne, da quelle tricolori a quelle europee. CAVALIERO 6: Ci ha sempre intrigato la sua intelligenza, ma forse non basta ad alto livello.  A.CINCIARINI 7: è la novità che serviva al gruppo: ha testa, ha tecnica. Non ha esperienza da grande arena.
CROSARIOL 4: presidente e tesoriere del club “chi ha i denti non ha il pane e viceversa”.  
CUSIN 5: Temperamento ma anche fragilità. Diciamo che c’è, come Crosariol, perché il convento non passa di meglio.  
DATOME 6.5: E’ cresciiuto tanto come giocatore e anche come persona. Può fare altri passi avanti importanti se ascolta soltanto le voci dentro il campo e non quelle che arrivano da fuori. Basta che sul campo gli parlino.  
GALLINARI 8: Finalmente c’è, speriamo che ci sia fino alla fine. Con lui si può fare un salto di qualità.  
GIACHETTI 5.5: Per le cariche all’arma bianca, ma è fermo da tanto tempo in tutti i sensi.  
GIGLI 5.5: Non è mai stato completo e continua a non esserlo: colpa soltanto degli infortuni? HACKETT 6: Ha rivisitato il pianeta di sabbia dove è cresciuto e qualcosa ha trovato. Magari non perle, ma ci è andato vicino.  
MAESTRANZI 6: Uno da lavori straordinari che viene da una stagione tutta zoppa. Il gioco vale questa candela?  
MANCINELLI 6.5: Se resta nella cesta del gioco è utile, se si traveste da numero uno è un guaio. MORDENTE 6: Da lui puoi avere il massimo, sempre, ma in Europa quel massimo può bastare? POETA 6: Si è ripreso bene dall’infortunio, resta comunque monocorde nel gioco e ad alto livello non ci sono soltanto arbitri con la famiglia che trova in Italia.  
RENZI 6: Se va avanti nei progressi avremo delle belle sorprese.
VITALI 4: Certo che i palloni migliori li passa soltanto lui, ma tutto il resto? Eh sì, non basta quelli che hai in vetrina.

Oscar Eleni

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