Wada a controllare anche il calcio

26 Ottobre 2007 di Stefano Olivari

1. Il più incredibile (o meno credibile) degli sport professionistici – neanche lontanamente paragonabile al calcio (Gianni Petrucci) – è vicino a dotare tutti i suoi atleti di un cosiddetto passaporto biologico, documento utilissimo all’anti-doping mondiale, sulla frontiera tra salvaguardia della salute e valutazione dei parametri organici. Wada per questo nuovo elemento di disturbo della calma piatta sul fronte ricerca, allora, da tempo immemore troppo arretrata rispetto agli ultimi ritrovati della chimica proibita, o del trattamento ematico più pericoloso. Quanto agli inutili e inevitabili confronti tra discipline diverse: ci ha pensato ugualmente la Melandri di Francia, a completare la resa dei conti. “Lo scorso anno, su 9000 controlli effettuati nello sport, il 20% hanno riguardato il ciclismo. Una percentuale 50 volte maggiore di quelli del calcio”. Merci beaucoup, madame Bachelot-Narquin.
2. Il “redivivo” Cunego tra le foglie morte del Lombardia è una classica del giornalismo crepuscolare, che ha scritto del “Piccolo principe” e ne aveva già letto la decadenza: a 26 anni, e dopo una maglia bianca al Tour de France. La giornata di grazia di Damiano al Mondiale non era un caso, e non era il caso facesse da gregario. Oggi è il confermatissimo capitano della Lampre, appena ieri di superlativo c’era il talento sprecato, domani chissà che non gli convengano le sole corse in linea (cattivo consiglio). A buon tempo. L’ora della maturità di Cunego non è ancora arrivata, e in fondo Lance Armstrong è partito per vincere una gara a tappe che di primavere ne aveva 27 (Vuelta 1998). Ivan Basso lo stesso (Tour 2004). Non resta che aspettare: soprattutto qualche progresso a cronometro, si raccomanda.
3. Canzo (Co). Miguel Indurain Larraya è un quarantatreenne benestante, che mantiene la sua famiglia gestendo i risparmi e gli investimenti di una carriera milionaria. Riceve il Premio Vincenzo Torriani e dà l’ennesima lezione di stile. Saluta e ringrazia con un sorriso, si mostra gentile e disponibile con tutti. Prima rilascia una dichiarazione di rito, poi regala persino qualche battuta: sul suo peso rientrato sotto il quintale, sugli autografi firmati sopra certe parti del corpo, sulla futilità di un gioco da cellulare che porta il suo nome. Ricorda che da corridore preparava Vuelta o Giro e Tour fin dall’autunno, una stagione che reputava anche troppo fredda per impegnarsi sul serio nelle competizioni. A caldo ci è parsa una considerazione tra il sincero e il faceto. Solo più tardi ci siamo resi conto della mezza bugia: l’avevamo rimosso anche noi, quel finale di Duitama 1995 (video: http://www.youtube.com/watch?v=HOtqNQJQcuU).
4. Il coccodrillo come fa? Fa tanto “camoscio d’Abruzzo” e la prima biglia all’Ultima spiaggia, in morte di Vito Taccone. Insieme al caro estinto, è venuto a mancare un minimo approfondimento sul personaggio (al massimo, ricordato come l’uomo che superò il terribile Mauro Di Sormano). Taccone è nella storia della televisione italiana, le sue erano le testimonianze-chiave per il “Processo alla tappa” di Sergio Zavoli (1962-1969). Domanda: “Porta a casa un animo sereno o risentito?”, “Mi sono detto: Vito, …” e in ogni risposta c’era “il dramma di un’anima”, ironizzava Achille Campanile. Il primo avezzanese imprenditore di se stesso raccontava furbescamente la sua epopea, così come aveva sempre sentito raccontare quella di altri. S’è inventato un amaro e un maglificio, ha fatto del grano e passato qualche grana giudiziaria, anche recentemente. Nel suo palmarès non c’è che un Lombardia, tra le corse che contano. Ma lui l’avrebbe romanzata diversamente: “Quando sono partito per il Giro, ho fatto la valigia con mia moglie e l’abbiamo riempita di illusioni…”.
5. Come se Di Luca avesse di che lamentarsi per una squalifica di soli tre mesi, comminata con tre anni di ritardo, e da scontarsi a fine stagione. Quando si dice il tempismo della giustizia sportiva. Come se l’Incremento Corse Cavalli Spa azzoppasse l’operazione Varese 2008, tenendo chiuse le Bettole in occasione dei Mondiali. L’evento è costato 30 milioni di Euro di stanziamenti governativi: la serrata dei gestori dell’ippodromo sarebbe una catastrofe. Mica per niente c’è Guido Bertolaso in persona, a organizzare i soccorsi. Come se la tv pubblica tedesca Ard avesse dedicato il solito speciale sull’emergenza doping nel ciclismo alla medaglia di bronzo di Stoccarda, occasionalmente un tedesco, ed eccezionalmente lo stesso Stefan Schumacher fermato con l’ematocrito alticcio anche prima di una notte brava (alcol e incidente d’auto). Un caso di cattiva coscienza?

Francesco Vergani
francescovergani@yahoo.it

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