Vite da insetti

25 Maggio 2009 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla centralina elettrica di una montagna giapponese dove mandi al diavolo tutti i congegni moderni perché se il computer mangia tutte le idee cattive del primo mattino, allora inutile dare ascolto a chi vorrebbe leggere qualcosa che vada oltre la terra di mezzo, quella dove ruttano i mostri che hanno fischiato Paolo Maldini nel giorno dell’addio, dove il fuoco amico affonda squadre che non lo sono mai state, dove arbitri trinariciuti attaccano il fischietto dove vuole il commissario del momento, come ci suggerisce la magistratura, minacciando anche, ma era meglio se fosse stata una promessa, di lasciarci beatamente liberi di fare come nei campetti, cioè con l’arbitraggio interno, fatto direttamente dagli stessi giocatori che oggi piagnucolano e borbottano dopo ogni fischio. Sarebbe più leale, dicono in Giamaica adesso che Bolt è rimasto confuso vedendo il conteggio dei 5 secondi per una rimessa, così come è stato interpretato nella pentola a pressione del Palalido di Milano, vecchia tenda, vecchio teatro storico in ristrutturazione con uso sede e foresteria, ma non certo campo da playoff per una Nazione che adesso va in giro a chiedere la testa di chi l’avrebbe tradita nell’urna svizzera, pur sapendo che i nostri palazzi di carta, con aria viziata più che condizionata, non erano niente contro i monumenti presentati dagli spagnoli.
Certo che siamo stati traditi da qualcuno, ma già nelle visite pastorali erano stati chiari: dipende dai soldi, dal dinero. Prometterli e averli già in tavola è tutta un’altra cosa. Domandarsi perché contiamo così poco a livello internazionale è come rubare le rime al poeta di montagna quando ti fa sapere che:
In questo mondo,
è un’assurda frenesia
anche la vita dell’insetto.
Certo che nei comitati regionali la vita è frenetica per il bene della base, per il bene comune, tutti volontari che, al massimo, perdono il senso della giustizia per un pennino, per un bel timbro, per un francobollo raro, ma, di certo, se devono incrociare gente da federazione europea o mondiale, non sanno dove rifugiarsi, salvo ridere magari non avendo capito che quello davanti è molto serio soltanto perché gli è appena morto il cane, cosa che non ha medicine anche se ti eri appena sentito molto felice per la perdita della suocera. Meneghin è arrivato da poco tempo e i lillipuziani che lo hanno preso per Gulliver possono aiutarlo davvero poco se poi dobbiamo leggere comunicati federali di risposta scritti dai comitati regionali nel momento in cui tutti sparano sul pianista, lo accusano di essere ostaggio di chi si è inventato il bene nazionale senza aver mai messo piede in una società dove per andare avanti devi trovare quattrini veri, dove non puoi andare dagli sponsor spiegando che in Europa, l’anno prossimo, combatterai per l’onore, ma non certo per i premi, perché prima bisogna arricchire le tasche degli agenti che hanno avuto la fortuna, la lungimiranza, di legarsi ai giocatori italiani, gente che si era già inventata fondazioni pro domo propria, anche quelli che vedi nelle minori, quelli che stanno a bocca aperta non diciamo davanti a Sconochini, Boni o Naumoski, ma persino a Longobardi.
Certo che ci deve essere pane e gioco per tutti, dove esistono regole che legano non ci sarà mai libertà di creare per vera e pura passione. Voi dite che i giocatori si costruiscono sui campi della fatica e allora perché i Dante Gurioli allenano in serie C e i ragionieri con le mezze maniche fanno da assistente nei campionati maggiori soltanto perché il manager di nuova scuola si metta a raccontare balle iraniche a chi non ne può più di questo basket che gioca di sera persino alla domenica, che tiene in ansia le redazioni anche quando potrebbe dare un piccolo sollievo?
Ma come, diranno a SKY e nelle isole limitrofe, vi abbiamo anticipato l’evento alle 20.30, state un po’ buoni adesso che Tranquillo è sull’Aventino NBA e che in casa Murdoch sono tutti presi da altre cose e con il basket finiranno per litigare, anche perchè Iago gioca sotto rete e non ne vuole più sapere di chi aveva fatto tredici al totolavoro, ma poi ha deciso che non si sarebbe sporcato le manine in altre faccende. Questo è un periodo nero per chi vorrebbe fare il giornalista e lo diciamo ad una professoressa universitaria ci chiede se deve assecondare la passione del ragazzo bene preparato che vorrebbe interessarsi di giornalismo nello sport. Chiedere in giro se è vero, ma speriamo siano bufale, come certi arbitraggi di queste giornate torride, che al Tuttosport uno bravo, appassionato competente, informato, come il Piero Guerrini sarà costretto ad occuparsi di calcio perché sulle varie non si campa, non si tira avanti. Già, con questa storia dei dati ascolto SKY sulle partite di basket stiamo diventando pazzi, ma non volendo darla vinta al Gianni Decleva che segue per la radio i playoff, gli abbiamo urlato che faremo le barricate, ci terremo la cera soltanto per non sentire chi parla dalle aree pitturate, chi ha palloni medicinali da servire bolliti a chiunque vada per i tiri decisivi, che accetteremo ogni balletto, ogni scemata, ogni perfetta parità raccontata da gente imperfetta, ogni racconto che finisce con un cane ubriacato dai loro eroi, pur di non mollare la felicità della vita per uno che il basket ama vederlo, che lo aspetta con ansia, sapendo che verrà servito bene da registi giusti, da telecamere che sanno guardare nella partita, pazienza se fuori da quella ci vorrebbe la sensibilità di chi, invece, snobba il contorno, attento a non farsi prendere in zona critica da chi minaccia senza minacciare.
Cosa dire di questo sport, difeso così bene adesso da una trincea come quella di Superbasket, se poi un campionato in brodo, lungo e allungato senza senso, viene spalmato su tutte le giornate della settimana rovinando chi dovrebbe inventarsi copertine, chi cerca lettori? Sempre a lamentarsi, direte voi. Ma certo che ci si lamenta, ma non per non aver avuto il Mondiale di carta mentre gli altri presentavano roba vera, gente forte, città fortificate nel basket, ma per questa atmosfera velenosa dove ancora si pagano multe salate, magari 3000 euro, per una bestia che usa il fischietto simile a quello degli arbitri, senza che i vicini lo scaraventino giù dalle tribune, senza che gli arbitri sospendano davvero. Correre da una parte all’altra senza aver capito perché nei quarti di finale e in semifinale non sono state giocate le partite doppie, no, gli arbitri non c’entrano, questa volta, evitando viaggi e colonne, evitando l’assurdità del bioritmo sconvolto. Sarebbe stato un segno di nuova civiltà, un risparmio di energie e forse anche di soldi. Non ci hanno pensato. Sono tutti impegnati a dare lezione agli altri, ad insegnare come si fa questo, quello, salvo non fare niente per migliorare il proprio giardino: persino i ciclisti hanno scarpe uguali, combinazioni in tinta, persino loro che faticano davvero ci tengono all’eleganza. Prendete lo spettacolo a bordo campo: vorremmo vedere tanti ragazzini e la scusa per averli è semplice, basterebbe utilizzarne di più e meglio per pulire le macchie di sudore, per raccogliere le tute lanciate con disprezzo da duri che non durano. Puttanatine, direbbero da Ugo mentre si commenta il giorno della retrocessione fortitudina che ci ha ricordato i raduni della sinistra perdente mentre gli altri festeggiano e tirano righe su tutto, persino sulle indecenze.
Anche questa rubrica è in soff
erenza, perché la palla gira e rotola sempre, ma poi senti piagnucolare che qualcosa va pure detto dopo il bagno nell’acqua gelata di un lago svizzero. Certo avere i Mondiali, riavere la certezza di una nazionale italiana in mezzo a chi se lo era meritato poteva aiutare, ma adesso pensiamo al resto. Recalcati ha fatto sapere che lo cercano all’estero, ha fatto notare che il part-time piace persino agli spagnoli, ha spiegato tante cose per evitare di doversi fermare a pensare sugli azzurri da qualificazione europea, sui giocatori che dovranno guardare in faccia i francesi. Ogni tanto senti ululare che azzurro è bello, che ci sono giocatori forti anche da noi, ma nessuno si spinge oltre perché quando, ad esempio, ti esalti per Poeta, quando ti alzi per applaudirlo, per dargli coraggio mentre ciondola sfinito, anche se non gli abbiamo sempre creduto mentre avanzava verso la rosea trincea dell’Armani palleggiando fino a sfinire la pazienza dei bestemmiatori, insomma quando punti su di lui, o su Bulleri, o magari l’Aradori reinventato a Biella, se ascolti il canto dei Garri, ti chiedi sempre se questa gente, vista cadere contro i bulgari, ce la farà davvero nei giorni del giudizio senza domani.
Lo capiamo Recalcati, euroeroe in Svezia, principe di Atene, tre scudetti in tre contrade diverse, ma cerchiamo di capire anche Meneghin che non ne può più di sentire gente che ha soltanto richieste da fargli e nessuna proposta per andare oltre la palude tutti insieme. Sì, anche quelli della Lega se lasceranno parlare troppo spesso chi ama autoaffondarsi piuttosto di far vedere cosa teneva nel sottomarino sotto casa.
Contatto interlocutorio salutando due squadre già eliminate, osservando Siena che sembra la barca dei fratelli svedesi che sfida il mare del Nord mentre gli altri si dibattono nel cerchio celtico delle chiuse. Pensare che possano perdere lo scudetto sarebbe come prendere sul serio questi consiglieri federali, questa politica del ventunesimo secolo, questa vita da pidocchi. Una volta, un caro amico che avremmo visto volentieri a Varese, mentre Bob Morse riceveva la cittadinanza onoraria della città che più gli ha voluto bene, scrisse che la grande Ignis di Sandro Gamba avrebbe potuto perdere contro la meravigliosa Virtus di Dan Peterson soltanto se fosse caduto il tetto di Masnago. Non cadde, ma vinse la Virtus come diceva a voce non tanto alta l’avvocato Porelli prendendo appuntamento per le cena delle beffe col Grigo, con tutti noi, perché una volta si litigava, ci si divideva, ma il rispetto restava, la voglia di stare insieme non portava sceneggiate spagnole fra i buoni e cattivi, non portava a recite goffe come quelle di queste giornate da vagabondi.
Salute e trecento brindisi per Andrea Capobianco il nostro caro cinghiale da combattimento, uno che sudava davvero perché pensava e guidava, perché non è un ragioniere, perché conosce le sceneggiate di ragazzi che vogliono essere eroi ad ogni costo, ma conosce anche la loro dedizione alla causa comune perché li ha visti lavorare davvero. Teramo chiude al sesto posto, ma per noi lo scudetto dell’anno è suo perché alla fine la scoppiatura fisica di Moss, incapace di reagire, ma soltanto di agire, la difficoltà per Brown di liberare la testa, hanno tolto una vittoria sulla presunzione dell’Armani smutandata, dei golfini attillati, delle anime candide che giocano bene quando hanno paura, ma sono inguardabili se cominciano a fare i bauscia come gara quattro nel torrido del Palalido. Vedremo in semifinale adesso che ogni timore di non eguagliare le stagioni con il Corbelli al timone sembra svanito, anche se quello vi dirà che una finale scudetto lui l’ha giocata, ma gli manca la finale a 16 europea. Insomma roba minima direbbero a Siena dove adesso rischiano di avere anche una squadra in A2 da quando la Mens Sana è diventata contrada amica per tutti quelli che amano il basket a Siena, in Toscana, in Italia, persino in federazione.
Premi speciali a Poeta, all’indio Ciaparal Ciarella, a Piazza e Lulli, l’unico che sapeva riconoscere i finti duri, i palleggiatori ossessionanti, super coppa d’oro alla società, grande presidente, grande manager, senese anche lui, accidenti, grande gruppo e con loro pestiamo le castagnole sul legno duro.
A Pesaro nessun premio o ricordo speciale, salvo che per il Pino Sacripanti che forse tornerà a Cantù. A proposito la separazione con Dalmonte apre un mondo nuovo, ma siamo sicuri che il miglior affare lo farà chi prenderà per primo Lino Lardo, chi non lascerà a piedi Markovski, chi darà una vera società ed una bella squadra a Boniciolli, chi convincerà Messina che si può anche tornare in un paese dove insultano i Paolo Maldini, a patto che si abbia dentro quello che ha reso questo ragazzo straordinario un fuoriclasse assoluto: coglioni e senso delle proporzioni. Messina dovrebbe avere tutto e Milano, più di Roma, ha bisogno di uno come lui, anche se la mossa di Treviso potrebbe spiazzare tutti e un Repesa nel mare non lo sottovaluteremmo troppo. Quanti buoni allenatori da piazzare. Questo sarà il gioco dell’estate, mentre troviamo singolare che una delle battaglie playoff più dure sia stata combattuta da due allenatori che avevano la quasi certezza di essere esonerati alla fine della corsa. Roba da italioti. Roba brutta, ma qui le pulci si attaccano a tutto.
Oscar Eleni
(per gentile concessione dell’autore)
Share this article