Veneziani che piacciono

23 Aprile 2010 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
Anche questi playoff NBA stanno confermando che dove i conti devono tornare è il marketing a dettare gli stili di gioco e non il contrario. Non lo diciamo solo in quanto reduci dalla visione di garatre fra i Thunder e la solita versione tira e molla dei Lakers, con Bryant a ‘veneziare’ oltre ogni limite.
Spesso ha ragione lui, guardando ai risultati, stavolta no. Non è un caso che anche in questa partita il miglior momento della squadra di Jackson sia coinciso con il coinvolgimento totale di Gasol e lo scongelamento del poco amato (da Kobe) Bynum. Sempre ottimo Artest come Tagnin della situazione su Durant, il kobismo spinto sta facendo scivolare fuori dal gioco Odom. Finora l’MVP di questa serie è stato comunque Westbrook, praticamente un fisico da videogioco che maramaldeggia su Fisher. Tornando al campionismo senza…limitismo, va detto che in quasi tutte le serie di primo turno si possono riscontrare situazioni simili: il Nowitzki incommensurabile di garauno è stato annullato dagli Spurs nella partita seguente, l’LBJ stellare anche nella garatre persa stanotte contro i Bulls (piaciuti tantissimo anche in garadue: Rose mostruoso, Noah e Deng sempre dinamici, le percentuali di Hinrich hanno fatto e faranno la differenza), ancora più imbarazzante il rapporto fra Wade ed il resto degli Heat con nessuno dei compagni che nelle prime due partite con i Celtics è riuscito ad andare in doppia cifra (!!!) di punti. Nella NBA in cui quasi tutte le superstelle sono guardie o al massimo swingman, la palla in mano ce l’hanno sempre quelli che fanno audience. E Nowitzki, che guardia non è, si adatta in post medio o post basso con culate e tiri in svitamento che possono dare percentuali decenti solo a un fenomeno come lui. Oltre l’apparenza da highlights quello NBA di fascia alta è un basket molto sofisticato, sia nelle situazioni speciali (rimesse, gestione della palla con pochi secondi ai 24, adattamenti alle scelte ritenute più probabili degli avversari: lì ha senso studiarli, visto che i roster non vengono ribaltati ogni settimana a colpi di passaporti bulgari) che per quanto riguarda le difese dove le vituperate zone si vedono, poco mascherate, più che a livello Eurolega. In attacco, ed in particolare in attacco nei quarti quarti, la palla deve essere invece in mano alle stelle. Non è però abbastanza per definire il gioco NBA ‘un cesso’, come Recalcati ha avuto il coraggio di dire e quasi tutti gli allenatori italiani di grido (da Messina in giù) pensano.

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