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Attualità

Vedove di Proli e Pianigiani

Oscar Eleni 09/03/2020

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Oscar Eleni nel campo della salvia hispanica prima di chiedere un passaggio a Pozzecco per Baia Chia, frazione di Domus de Maria nel golfo sardo degli angeli. Come vedete ci servono posti divini per combattere questa guerra contro l’angoscia. La paura aiuta a vivere, a schivare i pericoli, l’angoscia ti consuma perché non sai davvero dove sta il nemico.

Forse è così anche nel nostro mestiere se i poveri, senza uno straccio di giornale che li voglia più vedere, senza trovare molta gente che ormai ricorda il loro nome, si combattono nel nome di altri cavalieri che poi, magari, ridono alle loro spalle per una fedeltà mai richiesta.

Ora nel silenzio delle arene, in un Paese che finge di essere a porte chiuse, mentre le teste lo sono davvero se dove si vota, certo una minoranza, predilige ancora chi ha iniziato con la caccia all’untore e adesso viene considerato tale appena esce dalla zona del contagio.

Porte chiuse per nascondere tutto, teste  all’ammasso. In questa guerra dei bottoni ci siamo trovati in armi contro Claudio dei Pea che un tempo  viaggiava, beveva e la pensava spesso come il compagno di viaggio. Il tempo, la lontananza sai, cambia le persone. Ora il nostro caro collega, caro per sempre sia chiaro, lo diciamo ai piccioni viaggiatori che tirano il sasso in casa altrui e poi nascondono la mano lesta, ha deciso di chiamarci Cripto perché non diciamo chiaramente che il suo protegè senese è uno dei tanti buoni allenatori della scuola italiana, ma non certo il migliore né, sicuramente, uno con cui camminare sicuri di ritrovarlo se dovesse capitare qualcosa.

Lui è nato per dare sempre la colpa agli altri e mente quando dice che viene odiato perché dichiara al mondo di fottersene di quello che  scrivono. Lo sappiamo per certo anche se non abbiamo mai registrato le sue dichiarazioni: sei il migliore, sei l’unico, sei qui, sei là. Cazzate. Le sentiamo da sempre. Dai giorni in cui litigavamo spesso con persone molto simili all’ultimo presidente di Milano. E Qui Cripto dice a Lucignolo, prima che tutti e due si perda l’incanto nel paese dei balocchi, diventando asini come ormai sembra destino, di non aver mai barattato niente per un pranzo.

Lo abbiamo detto ai presidenti del CONI nel dopo Onesti, al Bruno Beneck che soffriva d’invidia, al Rico Garbosi che attaccava il telefono, al Morbelli, al Gualco, al mondo intero e a tutti quelli che pretendevano la nascita per una passione come il basket,  lo sport, senza seguire i missionari che leggevano quel vangelo. Nasci a Milano, hai un padre dirigente del Milan, vedi il primo basket legato al Simmenthal e allora cosa dovresti fare? Cammini, valuti, vedi, se è il caso ti separi in viaggio, se poi il lavoro richiede coerenza, distacco, allora ti impegni perché sia così. Non è facile, ma si tenta. Scagli la solita pietra chi è senza peccato e fa ridere essere considerato permaloso da chi da quel pulpito potrebbe davvero tenere delle lezioni magistrali.

Tornando a noi, al vuoto intorno a noi, allo sport che deve assolutamente fermarsi, come del resto il Paese sapendo che il danno economico sarà riparabile con molti anni di sacrifici, perché questa è davvero l’ora più buia, sembra ridicolo litigare sulle poltrone dove guardano un orizzonte diverso dal nostro allenatori professionisti esonerati, sia quando vincono, molto spesso perché perdono, ma soprattutto non imparano.

Ora Cripto risponde all’amico che si offende se non lo citano come se fosse necessario sempre un premio per chi non potendo muoversi molto se la cava telefonando spesso, meglio ricevendo telefonate da chi ne saprebbe una più degli iloti che al momento lavorano nei quotidiani dove la legge del padrone prevede sfoltimenti mensili, perché tanto alla gente basta raccontare le minchiate che servono al marketing e al proprietario. In politica, nello sport, persino nell’economia e nella filosofia, dove le televisioni mandano in scena chiunque, basta che leghi l’asino dove vuole il medesimo. Tutti bravi, tutti geniali. Anche chi meriterebbe pomodori sfatti lanciati bene dalla platea. Far ridere anche mentre si piange. Pensiamo a  Sarri e Conte. Un mese fra polvere ed altare, poi il verdetto di Juventus-Inter. Raca a Conte, gloria al postal Sarri. Banderuole. Chiamano miracoli anche le botte di fortuna. Meglio chiudere.

Ora sembra ridicolo stare  a litigare sul povero Pianigiani o sul povero Allegri mentre le porte sono chiuse, come troppe teste in un paese dove si chiede solidarietà sapendo che l’evasore è un dritto, che l’abusivismo è considerato degno di ogni medaglia e benedizione, che gli avvelenatori portano lavoro e magari il cancro nello stesso tempo, ma non per questo vengono considerati, come facciamo noi da troppo tempo con i poveracci che chiedono aiuto, senza neppure garantire loro che questa libertà sarà senza schiavitù, come succede ai molti costretti a chiedere elemosina, loro che erano fuggiti per essere senza catene e paura. Nelle retate che non stroncano il mercato dei mercanti di morte, doping o droga basta che sia, avete mai sentito dell’arresto di questa Spectre dei mendicanti? No, mai come di multe notturne quando le città perdono ordine per lasciare spazio libero al mascalzone che è in troppi.

Ridicolo prendersela se da Orso ti fanno diventare Cripto, ma se proprio vogliono chiarezza allora diremo che, pur avendo litigato spesso con Messina, lo sceglieremmo sempre al posto di Pianigiani con il quale non abbiamo litigato mai. Perché? Perché l’uomo e l’allenatore ci hanno sempre convinto di più, così se uno dovesse chiederci l’allenatore ideale andremmo di volata a Trieste da Tanjevic perché saremmo sicuri non di trovare il migliore, ma sicuramente di poter bere fino all’alba con chi ha camminato fra santi e peccatori senza sentirsi mai vero giudice, convinto si essere santo e peccatore a sua volta, ma generoso abbastanza per dare se stesso al bene comune. La differenza con gli altri? La passione, la voglia di combattere anche avendo soltanto in mano una fionda.

Sulla presidenza precedente di Milano ai tempi dell’Armani, milioni di euro per tutti allora come oggi, niente da dire al manager. Dicevano tutti che era bravissimo, infatti lo hanno pagato tanto e lo hanno liquidato con un bell’assegno. Sull’uomo che pretendeva di cambiare anche lo sport ricreandolo a sua immagine e somiglianza, be’ no. Preferivamo stare a distanza. Non lo capivamo, non lo capiremo come del resto non riusciamo a sintonizzarci con questo rumore di fondo. Colpa nostra, ma certo essere accusati di permalosità se ci resti male vedendo che tanto marciapiede insieme non è servito a chiarire che non sono cene, pranzi o regali a farti inchinare per baciare una pantofola.

Tornando alle porte chiuse, danno immenso, ma necessità per tutti, suggeriremmo di sfruttare l’occasione per capire davvero i giocatori e le persone che frequentiamo. Il narciso, quello che gioca per l’applauso, ma non sacrifica niente alla squadra, al compagno, ecco quello sarà il  primo con cui parlare. Certo se è LeBron James che ti dice, io senza pubblico non gioco, ci pensi, ma poi capisci davvero perché la NBA della stagione da 82 spettacoli non ti farà mai vibrare. La tragedia per scoprire la verità.

Da Cripto a tutti, sperando  che domani sia un altro giorno.

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