Una deviazione per Simpson
16 Novembre 2006
di Stefano Olivari
1. DNA: Domande Non Autorizzate, a seguire gli ultimi frammenti di una polemica sempre più acida, tra tutti gli organismi del ciclismo professionistico (tra quelli che contano e tra quelli che vogliono imparare a contare). Come risolvere il conflitto d’interessi tra tutela della privacy e tutela della salute? Quant’è invasivo anche solo un test sul sangue, magari effettuato a sorpresa? Quando dare credito, allora, alle banche dati di valori ematici e fisiologici registrati nel tempo? Nella gestione dei controlli anti-doping, continueranno ad avere voce in capitolo i controllati? Ma poi, chi controlla effettivamente i controllori?
2. Dalla Francia: gli esercizi alla sbarra degli ex Cofidis sotto processo per traffico di prodotti proibiti, sono ginnastica per la mente di chi vuole pensar male di tutti, di più. Dei corridori, ça va sans dire (David Millar: «mi sono dopato perché il mio lavoro era quello di ottenere risultati importanti»); degli sponsor (Philippe Gaumont: «a loro posso rimproverare di aver accettato le regole di un sistema che ti spinge verso il doping»); dei tecnici e delle società sportive (ancora Millar: «non c’era alcun tipo di rapporto umano nel team e questo è un problema comune in molte squadre del ciclismo attuale»); dei dirigenti politici (il legale di Gaumont: «Come poteva la Federazione, non essere al corrente di questa e altre situazioni?)». All’ultimo appello, il più incredibile (o meno credibile) degli sport professionistici. Un sistema altrimenti condannato all’autodistruzione.
3. Astana libera tutti! Dalla Spagna: l’UCI, la federazione internazionale, gioca a nascondino con il CUPT, il Consiglio del Pro Tour. E riammette in gruppo Manolo Saiz, il più chiacchierato team manager della più chiacchierata formazione internazionale. Condiviso anche dai nemici dello scafato direttore sportivo, il commento dell’interessato, in proposito: «ci sono cose poco chiare e in questa vicenda a pagare è soprattutto il ciclismo».
4. Letto veramente, un libro che una volta di più smentisce con nettezza un falso storico duro a morire. Gino Bartali e Fausto Coppi. ‘Due campioni tra spettacolo, competizioni sportive e partecipazione popolare’, di Giuseppe Chinnici (Nova Itinera, Roma 2006), ammorbidisce i termini e le circostanze della rivalità sportiva e della contrapposizione caratteriale tra i due miti. Soprattutto, straccia la velina di partito che a suo tempo nominò in quota comunista il divo piemontese: proprio lui che in coppia con l’asso di Ponte a Ema, nel ’48 firmò l’appello dei Comitati civici al mondo sportivo, per il voto alla DC. All’epoca, una voce senza fondamento faceva comunque colore. Mentre Montanelli annotava che «al passaggio di Bartali dalla rossa Toscana, ovunque era un tripudio di folla».
5. Letto veramente, anche un libro che si vuole d’autore: La corsa, di Tim Krabbé (Marcos y Marcos, Milano 2006). Un penultimo elogio della bicicletta, dichiarato per moda letteraria, culturale e socio-politica. Passerà mai, all’insuperabile categoria dei venerati maestri, quest’eterna promessa di passione intellettuale per il velocipede e per i soliti stronzi che lo montano?
6. Dite a Lance Armstrong che Laurent Jalabert ha corso la NYC Marathon in 2h55’15”, l’anno passato. Meglio il francese, dell’americano al traguardo di Central Park il 5 novembre scorso: per quattro minuti e mezzo, e senza l’ausilio di “lepri” chiamate Hicham El Gerrouj, Joan Benoit e Alberto Salazar. 7. E non dite che il Tour de France 2007 aggirerà di proposito il Mont Ventoux, lassù dove trent’anni fa Tommy Simpson s’immolò prima vittima del doping scomposta, esposta e certificata. Una brusca deviazione, per il tragitto di una corsa da sempre attenta alle ricorrenze e ai memoriali.
Francesco Vergani
francesco.vergani@yahoo.it
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