Un passo verso il calcetto

17 Dicembre 2008 di Stefano Olivari

1. Stiamo raccogliendo tutti un po’ di argomenti pseudo-calcistici da calare durante le tre settimane di nulla, alla faccia dell’entertainment per famiglie, soprattutto per sfuggire alle classifiche sui campioni simbolo del 2008 ed alle previsioni sul 2009. Marcello, che anno sarà? Fabio, le tue pagelle alla serie A. Arrigo, chi gioca meglio? Fra questi argomenti ci sarà di sicuro l’imminente naturalizzazione di Amauri, grazie alla moglie-manager Cynthia, che permetterebbe a Lippi (sempre che non lo faccia Dunga) di convocarlo per l’Italia-Brasile del 10 febbraio a Londra. Vale lo stesso discorso strafatto per Camoranesi: la legalità è una cosa, l’identità un’altra. Amauri sarà un cittadino italiano e dal punto di vista del tesseramento anche un calciatore italiano, ma potendo scegliere preferirebbe giustamente tutta la vita giocare nel suo Brasile così come Camoranesi avrebbe preferito essere a suo tempo preso in considerazione dall’Argentina. Lippi è in mezzo al guado, perché a suo tempo Camoranesi italiano se lo era trovato già servito, Abete è di legno. Speriamo di non arrivare ai livelli dell’indecente nazionale azzurra di calcio a cinque del recente Mondiale: dodici su dodici nati in Brasile. Poi siamo, anzi sono, arrivati terzi disputando un torneo straordinario che non si può ridurre all’autogol di Foglia nelle semifinale con la Spagna, ma a chi importa?
2. Ai lettori più attenti di Tuttosport non sarà sfuggita la recente linea del giornale riguardo all’architrave della sua esistenza, cioé la Juventus (con tutto il rispetto per il Torino). Nostra sintesi brutale: Ranieri è uno che pensa troppo in piccolo, Cobolli si presenta bene ma quelli di Moggi erano bei tempi, i calciatori hanno offerte pazzesche da tutto il mondo (oggi il turno di Chiellini concupito da Wenger) però sono attaccati alla maglia, ma soprattutto Del Piero è una divinità come potrebbe esserlo Totti a Roma. Un culto della personalità martellante, nato ben prima della resurrezione atletica del giocatore, che a Torino non era stato riservato nemmeno a Michel Platini. Addirittura anche gli articoli su altri giocatori sono redatti in chiave Alex: ‘Del Piero incorona Marchisio’, ‘Del Piero aspetta Buffon’, eccetera. Ognuno ha le sue opinioni, soprattutto sul calcio, ma ci fa impazzire che l’oggetto del lavoro giornalistico sia non troppo indirettamente il datore di lavoro di chi scrive di lui: per esempio domani esce allegato alla Marrone ‘Effetto Del Piero’, dvd ufficiale (c’è scritto ‘firmato Del Piero’) del campione in cui Del Piero spiega i trucchi delle sue punizioni, commenta i gol più belli e le partite più importanti della Juve. Nessun moralismo, perché il giornalismo sportivo è un sottogenere dell’intrattenimento e perché in ambiti più pesanti (la finanza, per dirne uno), collaborazioni e marchette varie possono rovinare le famiglie più di quanto possa fare un modesto dvd. Nessun moralismo ma solo la sottolineatura che i media non finanziati direttamente dal prezzo di copertina sono per definizione non credibili.
3. A proposito di non credibilità, parliamo della mitica diffusione. Domenica a Inter-Chievo sembrava che ci fossero più Gazzette dello Sport che spettatori: la pubblicità, sempre meno, si vende anche in base a questi dati fasulli. Dove vogliamo arrivare? Alla solita conclusione: un quotidiano davvero indipendente dovrebbe costare 3 euro, ma forse non esistono abbastanza lettori a cui freghi di pagare il triplo per avere un quotidiano indipendente.
4. Guasti dell’oligopolio, stiamo parlando della Snai. L’episodio segnalato da Franco Rossi, cioé il rifiuto di accettare puntate superiori ai 50 euro sullo Sporting Lisbona vincitore della Champions League, non è purtroppo una novità anche in un calcio teoricamente pulito e significa fondamentalmente due cose. La prima: alla Snai non sanno allibrare, cioè cambiare le quote in funzione dei volumi: il fatto che relativamente pochi abbiano puntato su Chelsea, Inter, Barcellona, eccetera, significa che le quote non sono state considerate decenti dal mercato. La seconda: alla Snai possono permettersi questi comportamenti in un paese in cui lo scommettitore medio (quello che discetta di terreno pesante e che dice al vicino di vincere sempre) gioca ancora in agenzia ed usa il web solo per informarsi. Saranno spazzati via fra poco, per fortuna.
Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it
(appuntamento a domani, verso le 14)
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