Economia
Tennis, uno sport per vecchi?
Indiscreto 15/06/2020
Il tennis è uno sport che piace soltanto ai vecchi? Patrick Mouratoglu per lanciare il suo circuito UTS, Ultimate Tennis Showdown, ha detto che bisogna inventarsi qualcosa per il futuro di questo sport visto che l’età media dell’appassionato del tennis è di 61 anni e che i giovani non sono attirati da giocatori magari fortissimi ma troppo politicamente corretti, senza un’identità ben precisa. Veniamo subito al punto: l’allenatore francese, guida fra gli altri anche di Serena Williams, ha ragione?
Per quanto riguarda l’età, visto che Mouratoglu si riferiva al tennis guardato e non a quello giocato, il dato dei 61 anni va asteriscato. Ci sono infatti ricerche di mercato (citiamo quella di Market Watch) che dicono che l’età media degli spettatori dei tornei ATP e WTA sia negli ultimi anni addirittura calata, fino a circa 42 anni. Altra cosa l’audience televisiva, che per il tennis davvero viaggia su un’età media superiore ai 60 anni: più anziani soltanto i telespettatori medi del golf e dell’ippica.
Quindi Mouratoglu, che come tutti gli esseri umani fa i propri interessi, ha secondo noi nella sostanza ragione, perché il tennis è uno sport globale e la maggior parte dei tornei, con i primi e spesso anche gli ultimi turni giocati di fronte a quattro gatti annoiati e lì con biglietti omaggio, sta in piedi soltanto per televisioni, sponsor e scommesse.
Per quanto invece riguarda il politicamente corretto, non nell’accezione di Tom Wolfe ma in quella del finto volemose bene, il discorso può valere forse per Federer, un po’ meno per Nadal, sicuramente non per Djokovic o per Thiem, senza fare lo scontato esempio di Kyrgios, cioè di uno che senza mezzi termini dice che il tennis e il mondo del tennis gli fanno schifo.
Il problema fondamentale del tennis guardato, mentre quello giocato sta ad ogni livello risalendo di interesse, come lo stesso Mouratoglu ha spiegato (e le regole dell’UTS anche…), è il fattore tempo. Nessuno nel 2020 ha la concentrazione e la voglia per guardare una partita di tennis tre ore di fila, a meno che non sia un fanatico e la partita abbia l’aria dell’instant classic.
Abbiamo detto tennis, ma potremmo fare l’esempio di tante altre cose che ci piacciono: siamo così abituati a mettere in pausa tutto che un racconto lungo ci annoia anche se è di qualità. Nonostante il lockdown e tutto il resto, ci siamo violentati per seguire dall’inizio alla fine le semifinali di Coppa Italia, ‘solo’ 90 minuti di cui 80 passati chattando, mentre per la Bundesliga non abbiamo superato i 5 minuti consecutivi. Bisogna prenderne atto, perché il tennis non è un valore in sé ma qualcosa che deve emozionare chi lo guarda. E che deve, nel 2020, essere disponibile on demand ogni volta che ne abbiamo voglia: quando Gaudenzi dice che manca uno Spotify del tennis non è che voglia fare il giovane, ma sta spiegando semplicemente questo. Non più quattro ore consecutive di Barazzutti-Higueras (o le cinque di Gaudenzi-Norman…) sul divano ma 10 minuti di Thiem-Kyrgios mentre si aspetta l’autobus.