Russia e doping di Stato, colpirne uno per educarne nessuno

19 Luglio 2016 di Stefano Olivari

Nello sport russo degli ultimi anni il doping può senza sfumature essere definito come doping di Stato. Perché proprio elementi dello Stato, dall’FSB (erede del più noto KGB) a organismi minori, si sono attivati su più piani per coprire gli atleti dopati in più discipline e raggiungendo il massimo dell’efficienza nelle manifestazioni ospitate in casa, come i Giochi invernali di Sochi 2014 e i Mondiali di nuoto di Kazan dell’anno scorso. Il rapporto della WADA, l’agenzia antidoping internazionale, è ricco di particolari anche clamorosi (in certi casi il sangue nemmeno era dello stesso atleta testato ma di un altro) e lascia pochi dubbi. Il problema a questo punto è uno solo: applicare a tutto lo sport russo le misure che già ha dovuto subire l’atletica? In altre parole: il CIO dovrebbe escludere la Russia da tutti gli sport ospitati dai Giochi di Rio, a prescindere dalle responsabilità dei singoli atleti? Non occorre essere fini giuristi per giudicare una follia mettere sullo stesso piano dopati recidivi e certificati con atleti mai nemmeno sfiorati dal sospetto, creando un precedente pericolosissimo. Perché se non si distinguono le responsabilità, mettendo i Tamberi sullo stesso piano degli Schwazer, è chiaro che le decisioni diventerebbero soltanto politiche. Continua sul Guerin Sportivo.

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