Ragazzi con il piumino

19 Luglio 2010 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
La classe di Crovetti, la bigiata di Aradori, il sistema romano, disperazione Fortitudo, Pianigiani ignorato e la finocchiona che dà speranza.

Oscar Eleni fra il ragù di Rivabella e la bottega fiorentina dei vini in via dei Vecchietti, passando due notti dai Briganti. Come dovrebbe capitare a tutti gli zingari del mondo cestistico, agli innamorati pazzi di un sistema sportivo che scarta sempre il meglio per tenersi l’atroce. Ultimo caso quello dell’esploratore Crovetti che ha lasciato Ferrara con la classe che non meritavano certo il suo presidente e altri del borgo che non ha voluto andare oltre la Spal. Come succedeva ai tempi in cui il basket a Firenze aveva bisogno di una tana, come capitava al giovane Vincenzo Carlà prima di essere assunto nel cielo dove il genio, in nome della salute pubblica, fa soffrire le cavie, quando era giusto farsi riformare per continuare a giocare.
Pentirsi subito per aver detto tante bugie a chi ci chiedeva se credevamo in questa Nazionale. Con un certo umorismo, mentre prendeva un parziale di 18 a 0 dalla Bulgaria tenuta insieme da Calloway, il candido Franco Lauro ci ricordava che il quintetto tutto Roma loro, da Giachetti a Datome, da Crosariol a Gigli e Superbone Vitali, era frutto del lavoro di Bottaro e dei sogni di Toti. Cara gente, quelli non li puoi cambiare neppure se gli mangi la faccia in allenamento. Sono ragazzi col piumino, gente che si sacrifica in difesa per due azioni e poi guarda sbalordita Mordente, Carraretto, Maestranzi e chiede in giro, con l’occhio dell’impunito, se quei fanatici ci credono davvero. Speriamo che Pianigiani abbia la possibilità di separare il vino dalla raspe, di arrivare al cuore dei giocatori che conteranno davvero mettendo subito da parte gli altri, persino quell’Aradori che diventa pericoloso e truzzo alla Balotelli. Chiuso fra i suoi braccialetti se ragiona così, basta vederlo bigiare durante il riscaldamento atletico agli ordini di Cuzzolin e del Panichi sbalordito nel vedere certe facce e certa gente, lui che soffriva sul campo e fuori per essere davvero qualcuno quando erano re i veri re di questo sport.
Cinque buoni dovrebbe averli, anche se in quintetto metteremmo prima Mancinelli, usandolo alla Stonerook, cioè vero regista e principe delle spaziature, del Gigli che ha voglia di fare ma spesso aspetta la frutta e non si butta mai nell’attimo fuggente. Con Maestranzi che deve uscire dalla parte dell’allievo modello, dell’alunno alla Cuore di De Amicis che aiuta tutti, che finge di non arrabbiarsi quando lui pressa e non trova aiuto se lo saltano, perché è l’unico che amministra il gioco. Va bene il Belinelli mascherato, basta che si ricordi che esiste anche l’obbligo di essere buoni difensori. Va bene il Bargnani in versione Bambi, basta che faccia paura e sia calamita per le difese nemiche. Va benissimo Carraretto da alternare con Mordente. Ci dispiace non aver potuto vedere Cusin che è tripallico e ha più mano del generoso Lechthaler che sarebbe la soluzione giusta senza i tormenti al piede, per non parlare delle lune del Crosariol che non riesce mai a fare bene due cose in fila. Per il resto tutti a casa o seduti in panchina, anche il Giachetti che ancora non capisce cosa deve fare davvero un regista, uno che apparecchia per gli altri, difende su tutto quello che rimbalza, aiuta e non si avventura alla ricerca della bandiera sul monte Ida. Pentirsi per non aver spiegato tutto bene a Boscia Tanjevic che comunque avrà sentito anche lui l’elogio del sistema romano dove aspettano con ansia uno a cui rompere tutte le uova nel paniere perché quella è tetra dove nel vino ci mettono spesso l’acqua se non ti fai sentire.
Pentirsi per aver detto al commissario Parisini che a Firenze ci sarebbe stato il pienone. Non pentirsi per aver detto a Calamai che la prima giornata al Mandela Forum è stata da in cubo, ma pentirsi subito per non aver capito che era già stato fatto un grande sforzo per risvegliare certi amori in luglio, nella bella Firenze dove la nostra storia di Azzurra tenera ha conosciuto il contrattempo dell’albergo sbagliato. Scelto da chi, magari, per andata e ritorno in giornata a Bormio mette in nota spese un bel mille euro. Pentirsi delle facce sbagliate, della musica che non dava la carica giusta, delle parole perdute nel vento, delle giornate ad ascoltare il ricatto di un macedone che giurava di avere un voto da dare all’Italia per l’europeo del 2013, ma soltanto in cambio di un bell’albergo. Pentirsi con il Papa Parisini per avergli chiesto di cercare l’oro che serve alla Fortitudo perché la sua disperazione era quella dei tanti che ancora adesso si chiedono perché uno come Sacrati non se ne va nel vicolo della Passera, lasciando libertà operativa a chi cerca ancora una soluzione per non far diventare il marchio dell’Aquila, inventato più di 40 anni fa dal nostro commissario in versione barone rosso, un vincolo che impedisce tutte le altre operazioni di pulizia, salvezza, sganciamento.
Pentirsi di non aver capito tutto quello che ci dicevano ai Briganti mentre la Finocchiona, intesa come parte nobile del maiale, cantava per noi, mentre il pomodoro fresco rendeva celeste la notte dell’afa, mentre la solidarietà per ernie mal contenute ci faceva dimenticare tutto il male del sistema basket. Sabato triste al Mandela Forum quando è arrivato il presidente Meneghin, con qualcuno che non aveva letto bene il programma di aggiornamento obbligatorio del comitato nazionale allenatori appena approvato dal suo consiglio dove si aggirano nemici che al momento considerano i farisei come esempio e Giuda un grande dilettante. Questo è un basket che non va in contropiede, che vuole l’uno contro uno statico, che chiede agli allenatori di abiurare il Messina pensiero per andare dietro a quello dei gatti in fregola secondo l’idea che comandare, anche alla pene di segugio, vale più che fottere. Chiedere in giro, caro Meneghin, magari cominciando dall’allenatore scelto per la Nazionale e qui viene fuori che ha ragione Petrucci se il part time del migliore fra i tecnici italiani spinge i congiurati dall’ottica malgascia ad ignorarlo, a non ascoltare quello che dice e suggerisce, come se davvero loro fossero per sempre i padroni di Camaleont Park e il nostro Artù della Lupa un viandante a cui il campo, con quei giocatori, dirà subito che la bicicletta con cui salire la montagna ha ruote sgonfie e chiodi inseriti nella sella.
Cari arbitri litigate pure, ma per un torneo della nazionale non si manda in campo lo stesso direttore di gara per due partite di seguito, in questo caso onore a Mattioli. Caro Tolomei siamo rimasti estasiati della presentazione a Monza, ma se poi nei fatti le cose sono andate come a Firenze allora qualcosa bisogna fare nella scelta dei collaboratori. Caro Sacripanti questa under dei miracoli che faceva lacrimare il signore di Treviglio dove ha sbattuto per perdersi nel mare croato? A parte tutto ecco il vero problema per chi non si agita troppo pensando ai vivai: se non si comincia a ricostruire dalla base avremo sempre una nazionale con i meno peggio, mai quella dei migliori. Dalla cucina dei Briganti il cuoco ci guarda minaccioso tagliando una fiorentina, ma poi ci sorride e allora lasciamo Firenze con qualche speranza in più perché se si mettono insieme Calamai, Carlà, il basket gigliato che fa muovere più di 4000 ragazzi, allora potremo andare al Pala Mandela più volte per distruggere la colonia di zanzare che ha invaso l’arena, per convincere che un solo botteghino per vendere biglietti è una barbarie sperimentata soltan
to al Forum di Assago da quando sono venuti ad insegnare come si organizza una grande società di basket, per chiedere all’architetto progettista della piscina diventata palazzo di farci conoscere i suoi maestri e il Lorenzo che ha ordinato l’opera per una esecuzione pubblica al Campo di marte. Dateci la Finocchiona sottovuoto, portateci carciofini sott’olio e altre delizie. La Nazionale è in partenza per Bari dopo essersi fatta la doccia purificatrice in Croazia. Che la fortuna e la gente siano davvero dalla loro parte. Il poco talento che possiamo presentare all’Europa è tutto nel recinto di Simone, un corral dove l’associazione giocatori dovrebbe avere i suoi mandriani più severi: se migliori ogni estate ti aiutiamo a diventare più ricco, ma se fai il lavativo allora cercati una procura a Modena e mangiati i sassi di Sassuolo.
Oscar Eleni

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