Protezionismo di cartapesta

31 Agosto 2009 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
1. Oscar Eleni aggrappato al saguaro cactus della Monument Valley cercando di capire se davvero dietro le spine c’è vita, c’è acqua, senza domandarsi se la data di scadenza del corpo sciolto ha stabilito che dopo la fistola, il polipo, l’ascesso, arrivi altro dolore, un messaggio definitivo. Non era vacanza quella che ci siamo presi, non lo sarà neppure nei prossimi mesi. Cercare veleno con il sale di Camargue che sa di zafferano ed anice dopo aver letto sul sito Top Training quello che Luciano Barra, il segretario federale dell’atletica nell’età del rinnovamento che precedette quella dell’oro, ha scritto per avvertire il presidente Franco Arese che esistono idee, ci sono cure per una malattia federale grave, ma se lui non ha l’umiltà di ascoltare, se non accetta consigli, allora si arrangi.
2. Magari ci fosse nel basket gente così autorevole per svegliare Meneghin dal grande sonno farmaceutico a cui lo sottopongono consiglieri federali che, come quelli dell’atletica, si nascondono fra gomme e pennini, non osano mettere il naso fuori casa per paura che la gente scopra che sono fatti di aria. Per la verità uno che ha detto le cose come dovevano essere presentate è stato Ferdinando Minucci, ma questa non può essere una novità perché da Trieste a Barcellona, da Milano a New York e, forse, persino a Toronto, tutti sanno dove è il meglio del basket italiano in questi anni, ma poi deve aver capito che quelli neppure ascoltano, se la cantano in famiglia, non hanno punti di riferimento e, purtroppo, le date di scadenza dicono che non si può andare neppure dai veri grandi vecchi per avere consiglio e conforto.
3. Storia nostra dopo la fine del “sogno” europeo. Avremmo dovuto camminare tutti a piedi nudi sul sale, provando vergogna. Invece niente. Una bella sagra del pomodoro in faccia, dell’aranciata amara, scoprendo che i peccatori erano sempre altrove. Recalcati? Lui è convinto che con questi uomini si possa andare avanti. Allora ci spieghi perché li abbiamo visti tornare indietro anche nel torneo della vergogna, del ripescaggio dove, come ci hanno detto le immagini commentate con il solito slancio ed affetto da Franco Lauro, questi galletti francesi erano bravi, erano forti, ma erano anche galletti che si beccavano, senza neppure sentire quello che diceva un allenatore non all’altezza (secondo i giocatori, si capisce) e ce lo ha dimostrato il Belgio che almeno in casa sua li ha bastonati. Non veniteci a dire che Italia tenera aveva meno dei fiamminghi, meno dei valloni. Ne aveva di più anche se perdeva gente per strada, anche se nelle vigilie vedevi trottolini amorosi fra i piedi di giganti che non riuscivano a pensare all’ultima spiaggia.
4. Meneghin sta pendando davvero ad un cambiamento? All’inizio sembrava che fosse deciso a fare piazza pulita come suggerito dal Petrucci nascosto dietro la tenda per smascherare i molti Iago che girano nella federbasket strappata ufficiosamente alle schiene dritte, salvo poi restituirla sotto altre forme di vassallaggio politico, poi abbiamo letto che l’ottica per guardare avanti è sempre la stessa: muovere le pedine, spostare lo zucchero da un tavolino a tre gambe ad uno quadrato, tenersi la stessa gente e promuovere Sacripanti visto che Pianigiani non è libero. Perché Sacripanti e non altri, magari allenatori che nelle ultime due stagioni hanno fatto bene in campionato? Perché sarebbero guai facendosi scappare il nome e anche il sognome, sono appestati, maledetti, perché nel basket italiano le cose funzionano così: tutti, ma non quelli bravi, anche se questo non vuol dire che Sacripanti è scarso, no, accidenti, ma non ci sembra pronto a guidare né i ragazzi NBA che dormono sul pisello, né altri scrocconi del talento che nell’estate non aggiungono mai niente al loro scarso repertorio. Sarà per questo che fra i disoccupati troviamo gente che appare più brava, più preparata di certi apprendisti stregoni. Chi? Vietato nominarli anche se a Natale, tanto per fare due esempi, di Caja e Boniciolli sentiremo ancora parlare.
5. Siamo nella fase dove le prime corse, la prima fatica fa sorridere quasi tutti gli allenatori che vedono “la mentalità giusta” nel gruppo appena incontrato. Teniamo nota nello speciale archivio di questi cari ragazzi che amano il rosa della vita. Attenti alle fistole. Anche molti proprietari sembrano contenti del lavoro fatto. Il più contento è il Sabatini che si è coccolato Collins per tutta la stagione scorsa, scegliendolo prima di scegliere il tecnico, prima ancora di sapere se ci sarebbero stati davvero dei compratori. Capito come funzionano le cose? Ma come, se lo fanno al Milan non dite niente, se succede alla Virtus ecco il sarcasmo. Non è vero, siamo contenti che i proprietari mostrino grande competenza, basta che poi si ricordino anche alla fine di essere stati loro a costruire la nuova meraviglia come direbbe Livio Proli.
6. Tornando a Luciano Barra, alla sua atletica splendida e splendente gli rubiamo pure il paragone che vorrebbe avvicinare il basket di oggi a quello di ieri: sarebbe come pensare al grande Torino e metterlo sulle stesso piano di quello andato in serie B con Urbano Cairo. Nel palleggio accompagnato che vieta agli arbitri il dialogo su qualsiasi sito ci domandiamo anche se la lega si sente bene o soltanto un po’incinta perché se ha ragione quando manda a dire che le nuove regole sono soltanto fumo, che il protezionismo crea soltanto giocatori di cartapesta, non riusciamo ad apprezzarla per come si muove in questo periodo lunghissimo che ci separa dal campionato. La supercoppa a Siena, ad esempio, ha un senso? No di certo. Voi dite che la prova di Genova era andata maluccio, che la tradizione va rispettata, ma state certi che i campioni non hanno bisogno di un nuovo trofeo, cercano soltanto partite stimolanti per capire se davvero hanno pescato ancora una volta meglio degli altri, se davvero Hawkins che non sopportavamo a Roma, che trovavamo esagerato a Milano, dove pure era stato più bravo che con Repesa che ci aveva perso il sonno per educarlo al meglio, sarà l’uomo che servirà per la grande battaglia europea che è ormai l’unica dimensione che può interessare davvero chi ha vinto tre scudetti di fila. Non volevate andare lontano. Meglio Firenze di Siena, allora, anche per presentare il campionato, tanto in via Sclavo il meglio lo vedranno quando si giocherà davvero a basket. Sarebbe stata una mossa per il progresso comune. Niente. Allora restiamo scettici perché tutti vogliono il bene di questo sport, vogliono il progresso, ma poi fingono di sentire il grido di dolore che arriva, magari, da uno come Ettore Messina che forse a Meneghin potrebbe dare qualche consiglio utile se ci fosse l’umiltà di parlare con la gente che non ha mai sposato certa gente.
Ci risentiamo presto. Forse.
Oscar Eleni
(per gentile concessione dell’autore)

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