Più caduti della Kostner

1 Marzo 2010 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
Lo stile di Petrucci, gli schiaffi di Pittis, l’illuminazione di Bucchi, le conoscenze di Lardo, i contatti europei e gli arbitri da Mondiale. Pagelle per: Asteo, Cavaliero, Caja, Bonamico, Mancinelli, Capobianco, Bechi, Soragna, Belinelli, Sacrati e Papalia.

Oscar Eleni in fuga da Vancouver, dai tranquillanti per le notti nella sempre troppo affollata Casa Italia dove cominciano le vere sconfitte, dalla città dove acqua vetro e vento aiutano a dimenticare le cadute sul ghiaccio di Carolina, le cadute di stile verso l’angelica Kostner del presidente Petrucci, il numero uno del Coni che, come sappiamo, quando lo fai arrabbiare, non porge mai l’altra guancia e ti aspetta al varco per darti una stangata. In Canada ha colpito una stella caduta e forse cadente, oltre al presidente federale dello sci che gli fece la guerra, nel basket lo trovammo crudele ed esagerato anche con Sandro Gamba, poi ha continuato e non si è fermato neppure quando ha visto i “ suoi uomini” dalla schiena dritta, lo dicono loro però, tormentare il povero Maifredi che aveva osato, per una volta, non essere d’accordo su certe scelte che puzzavano di greggio, di maso, di stallatico. Venuta l’ora di abbandonare West Broadway e il sushi di Tojo Hidekazu, ci siamo chiesti, come sempre, perché le luci della ribalta, una volta ogni quattro anni, accecano ragazzi che si vantano di essere diversi da quelli del calcio, ma poi fanno le stesse cose appena vedono un microfono, una ballerina, un dollaro: la verità è che anime semplici si complicano tutte le volte che provi a studiarle, a giustificarle, a cercare una motivazione più forte del pecorino toscano. Siamo nati per le imprese, partire da sfavoriti aiuta sempre, il coraggio oltre l’ostacolo, ma se non mi autorizzate a perdere allora sbrago.
Succede anche nel piccolo mondo del nostro basket dove nel pensatoio per la riforma campionati devono aver fatto entrare un cameriere “ briao” che, sul vassoio, aveva oltre alla hierba buena anche sostanze che poi hanno fatto nascere questa idea delle squadre da mettere insieme non per meriti tecnici, per doti morali, per qualità fisiche, ma soltanto sommando l’età dei giocatori. Roba arcaica nel paese deell’imbroglio dove, come abbiamo visto si ride sui terremotati, si fanno statistiche sulle stragi degli innocenti, in questo caso vedi Napoli e poi li fai morire tutti quelli che non hanno trovato una regola per lasciare sotto la torre di Londra la testa di chi ha fatto il disastro. Non bisogna essere scienziati per capire cosa manca al giocatore italiano medio quando esce dalle giovanili, non serve avvilire la passione vera di molti per assecondare l’avidità di pochi, la faccia da cartongesso di chi giura di avere progertti per i giovani e poi fa strage. Insomma rendiamoci conto che siamo al punto in cui l’Armani, diciamo un colosso, una società che sbandiera su ogni muro il suo progetto per la propaganda del gioco e il reclutamento, un gruppo che si affida ai Pozzecco, non agli Zagaria del Palalido, ha dovuto fare allenamento con 8 giocatori nella settimana prima di andare a Siena perché non aveva ragazzi presentabili nella prima squadra giovanile, gente che potesse almeno prendersi schiaffi come capitava un tempo a tutti prospetti nelle maggiori società di serie A, dai Pittis in giù. Questo capitolo lo abbiamo chiamato manifesta inferiorità, in opposizione ai verdetti del pugilato quando un artista del ring veniva riconosciuto campione per manifesta superiorità. No, qui siamo davanti alla gleba infelice che domanda pane a Siena e, pur ricevendo perle, come è capitato all’Armani sul campo degli invincibili (dura da un anno in Italia questa striscia senza veri peccati del Montepaschi sfinito da una golosità che, lo dicemmo in tempi non sospetti, poteva costare anche cara, insomma con queste meraviglie da mettersi al collo i ragazzi del Bucchi, che cerca sempre l’illuminazione lontano dalle origini del sistema Olimpia), hanno pianto sulle loro disgrazie, non si sono accorti del regalo e hanno lasciato l’impresa che sicuramente avrebbe allargato le solite bocche da “fuoco mediatico” quelle che bastano ed avanzano, nel paciugo del giornalismo sportivo malvestito, presuntuoso, invidioso e inginocchiato, per nascondere errori di base nella costruzione della nuova casa che ricordano tanto la casa dello studente dell’Aquila. Milano avrebbe potuto scrivere un paginetta in più nella nuova storiella da lupo Artusio, ma non ci è riuscita. Siena fuori di testa, Milano fuori dal mondo. Occhi febbricitanti quelli della Mens Sana in un corpore non tanto sano, consumato, ma se guardavi gli occhi dei giocatori Armani c’era da spaventarsi: ragazzi col pigiama a strisce.
Eppure dicono che in settimana ci sarà il ritorno alla gioia, al divertimento negli allenamenti, una spinta forte per staccare di nuovo la Virtus dell’ex Lino Lardo che già aveva regalato sali nella partita di andata. Il mezzogiorno al Forum sarà aperto alle famiglie, prezzi stracciati. Poi non veniteci a dire che mancano iniziative per far amare le scarpette di vetro che oggi sono sotto i piedi dei ragazzi Olimpia. Ci sarà reazione, certo bisognerà anche studiare molto perché il marinaio che ora guida il brigantino del Sabatini perfidamente ispirato dalla pochezza dei suoi avversari, parliamo dei dirigenti con le palle gol che, purtroppo, continuano a passargli la Lega e la Fortitudo, quel Lino Lardo, dicevamo, fatto tornare dall’America e poi lasciato nell’isola che non c’è dal Tito Livio Proli della Modena swinging, ha conoscenze per creare problemi, magari non uomini forti come quelli di Bucchi, ma il sistema di gioco funziona.
Come funziona tutto nel giardino dell’architetto Fabrizio Frates che ora dovrà spiegarci cosa succede alle squadre di Repesa che sembrano sempre subire il massimo pur impegnandosi per subire il minimo. C’è qualcosa nell’aria che confonde i giocatori quando un allenatore insiste su certi principi difensivi? Si apra una inchiesta. Montegranaro meravigliosa, Scavolini più bella che mai e per fortuna in tempo utile a far diventare cicuta il caffè dei soliti che a Pesaro risolvono tutto preparando un moscone su cui caricare allenatori e giocatori che non vincono abbastanza. Ma siamo sempre nella retroguardia e la lotta per la retrocessione diventerà qualcosa di tormentato da non affidare, certo, ad arbitrini che fischiano i sospiri, come abbiamo visto nell’ultima settimana italiana, così diversa, purtroppo, dall’ultima settimana europea. Basket gioco di contatto? Deve esserlo per non farlo diventare palla prigioniera o tiro (da tre, tiro che ora maledicono tutti) al bersaglio sul quale si costruiscono carriere nobili e vassallaggi umilianti. Non ne possiamo più dei falli fischiati sui palleggiatori, dipende se sono in casa o fuori, dipende da certe simpatie, dal solito bajon, che girano le spalle alla difesa e avanzano a mezze culate, pronti a sbracciare appena vengono sfiorati. Stessa cosa nella battaglia per prendere posizione vicino al canestro. Tutta una recita da mini cestisti.
Certo fidarsi degli arbitri è dura e in Italia, come in Europa, certe cose fanno capire che il pesce puzza sempre dalla testa se, ad esempio, anche questa volta, i prescelti per la grande manifestazione sono Cerebuch e Lamonica, certo direttori di gara di valore, mentre restano a casa i migliori in assoluto e cioè Sahin (conta il fatto che è di scuola turca?) e quel Facchini che continua ad essere il fra Bastiano (il super-prete spretato del Marchese
del Grillo interpretato dal Bucci attore, anche se l’Albertone della Virtus tricolore, ai suoi tempi, sarebbe stato magnifico su qualsiasi palcoscenico) del sistema, con questa mania di scartare le caramelle per i telecronisti che ne sanno una più del diavolo, quelli che decifrano per la sora Maria ogni chiamata corna, ogni linguaggio del corpo statistico dello sport fatto di numeri e mai di uomini, ominicchi e quaqquaraqua. La peste a tutte e due le famiglie (della Roma beona decisa nel basket da piccole idee molto confuse) gridava Mercuzio mentre Boniciolli ci diceva che questo Giachetti vale Poeta. Il suo concittadino Nereo Rocco davanti ai pavidi che sussurravano “ vinca il migliore” rispondeva secco: Speremo de no. Ecco. Pagelle e andate voi sul ring a farvi dire che non potete mai vincere per manifesta inferiorità.
10 A Giancarlo ASTEO, un grandissimo allenatore, un uomo di basket che ci manca come Aido Fava, Mario Borella, Beppe Lamberti, come tutti i veri maestri, uno che, per fortuna, hanno deciso di ricordare con una manifestazione per squadre giovanili del Sud. Se cercate esempi, maestri, non vi mancano cari federalotti. Basta rileggere, non credete ai fessi che danno soltanto calci al passato.
9 Al genietto CAVALIERO che ispira, con Maestranzi, le rotte di Montegranaro facendo le scarpe a chi credeva e crede che le squadre si possono fare con le figurine. La scelta di rinunciare ad uno straniero per dare spazio e fiducia alla gente con fosforo è un capolavoro e pensate che è riuscita al Manero Vacirca che, ogni tanto, si domanda, se non avrebbe fatto meglio a continuare nel tennis: no, meglio resti col basket, ricordando, appunto, che non è tennis e non si gioca mai da soli come pensano e pensavano alcuni “grandi” giocatori, come ci urlano quelli che hanno l’aggettivo pronto appena uno fa canestro dopo un elementare arresto e tiro per inciucchire difensori dalle gambe torpide.
8 Alla SQUADRA SERBATOIO, progetto spagnolo che vorrebbero adottare anche molte società italiane (Milano e Bologna, oltre a Siena, hanno già il piano sopra la scrivania) per mandare i migliori giovani a farsi le ossa nel campionato sotto quello del presunto spettacolo per ciechi che propinano al piano superiore. Snellire la burocrazia, mandare in palude il genio che sta inventando una serie B con squadre che non superano i 245 anni. Fermateli voi che potete. Meneghin, non farti bacchettare da tutti i vedovi delle peggiori gestioni di questo sport.
7 A quel testone di Attilio CAJA che si è stancato di aspettare l’investitura federale e ha accettato l’impresa difficile, non impossibile caro Artiglio, di salvare Cremona, i progetti di Cremona, la nuova fede di una città che ama il gioco persino dai tempi in cui Gusman e De Mattei svernavano fra cotechini e canestri ben fatti.
6 A Marco BONAMICO, presidente della Lega due, se riuscirà a difendere il territorio dai lupi che vanno nelle sue città perché nelle loro li prendono a sassate. Settimana di coppa Italia a Sassari, di cari ricordi, di frontiera nuova per Meo Sacchetti e la Sardegna che ha tanto desiderio di massima serie, pur sapendo che servono banche e Regioni amiche per farcela, ma lo dicano subito e non scoprano dopo che era troppo lungo il passo da fare.
5 Al MANCINELLI mumero uno, lui ci credeva ed è stato un guaio, che ogni tanto ritarda nel ricreatorio Armani, che perde concentrazione e ferocia nel momento in cui stava convincendo tutti. Ora arriva la Virtus nella sua casa fredda del Forum e lui potrebbe riscattarsi. Certo l’Armani lo dice da molte settimane e, magari questa volta, le andrà bene.  
4 A CAPOBIANCO e BECHI, allenatori che, pur per strade diverse e filosofie differenti, ci sono sempre piaciuti perché la crisi delle loro squadre finirà per darla vinta a chi già storceva il naso per il Capo vice capo, con Dalmonte, del Pianigiani sulla strada di Damasco, per chi ha fatto molto bloccando la candidatura del livornese da Ovo Sodo.
3 Al veterano SORAGNA che ha buttato giù dal letto i cicisbei del sistema ricordando che quando le cose vanno male in attacco allora bisogna lasciare la pelle delle ginocchia in difesa e, quando si torna verso il canestro nemico, si cerca di passare la palla per trovare tiri facili e non mortaretti da capodanno cinese. Caro “Ciglione” ti sei fatto dei nemici, e già in Nazionale ti guardavano storto se dicevi queste verità anche al tuo amicone Bargnani.
2 Al Marco BELINELLI che ha perso qualche giro nelle rotazione dei Raptors, che sembra un po’ sperduto nel sistema Triano: non ci dica che dobbiamo rimandare in America l’unità di crisi per consolarlo e presentargli un programma personalizzato da svolgere nella dolcezza di casa Pini a Bormio, programma furbo e rigenerativo come si farà per lo” svogliato” Gallinari, inciucchito da luci fasulle delle Gazze con coriandoli, per il Bargnani a cui si garantirà il preparatore atletico di fiducia. Voi direte che sono soldi buttati tanto quelli all’Azzurro pensano come quelli che raccolgono sempre fondi per gli altri, mai per il povero che hanno vicino a casa. Ma dai.
1 Alle SCHIENE LITUANE, per non parlare delle teste da bosco verde, per non ricordare la loro cattiva attitutine difensiva, perché Lavrinovic e Petravicius stanno complicando molto i progetti di Siena, progetti da grande squadra, e quelli dell’Armani, progetti che non prevedono una visita nelle 1679 partite vinte dall’Olimpia, fra campionato e coppe. Avanti con il chiropratico, magari quello che ha miracolato lo slalomista Razzoli.  
0 Ai SACRATI, ai PAPALIA, a quelli furbi, ai vecchi marpioni che hanno portato al fallimento società gloriose, se non riusciranno a spiegarci cosa li spinge a rovinare e rovinarsi la vita, a cercare luce dove, al massimo, trovano delle pile quasi scariche. Non può essere la stessa passione dei pionieri, dei tanti volontari che mandano avanti il basket di frontiera, non può esserlo perché, ad esempio, se la Fortitudo vincesse il campionato di A nazionale poi non potesse salire di categoria allora sarebbe sacrilegio, profanazione. Stiamo già molto male come quando leggiamo sul sito di Lega i punti segnati contro le “ creature” della Napoli che non c’è e della Rieti che fu.
Oscar Eleni

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