Piacere ma non vizio

8 Maggio 2008 di Stefano Olivari

Oscar Eleni dalla botte in cemento, noi preferivamo quelle in rovere che, magari, lasciavano filtrare acqua gelida renendo insensibili il dito per premere un grilletto nella vecchia tenuta dei Dogi, dove Bepi Stefanel spara alle anatre insieme al re di Spagna, benedicendo la modella tedesca che dà freschezza al suo nuovo album, senza farci sapere se il basket lo stuzzica ancora, se davvero è vicino il giorno in cui Trieste riavrà la sua bella squadra, il suo Tanjevic tonante, la sua scuola, il suo modo di essere così distante da quello di tante squadre che vediamo razzolare in giro. A Madrid siamo rimasti immersi nel sogno fino a quando ci hanno svegliato gli acrobati, i giullari, le ragazze svanite, fino a quando la moglie di Bob Morse non ci ha chiesto una fotografia del gruppo vecchia-santa Ignis scoprendo che l’incapacità è un dono anche soltanto per fare clic. Sotto la Sierra per ascoltare il vento, non la musica che ti stende e ti lascia senza pensieri come pensano all’ULEB, alla FIBA, dove volete voi, persino al Forum di Assago convinti che non si senta la puzza del fatiscente, l’oppressione di quel tabellone sopra il campo dalle lampadine consunte. Stefanel che potrebbe tornare nel grande basket è qualcosa di più del sogno, ci manca tanto e quando era a Milano, colpevolmente, noi che oggi rappresentiamo la minoranza anche nel Rinco-Sur in sessione permanente a Carisio anche senza l’autorizzazione del senato biellese, lo abbiamo trascurato, non siamo andati dietro all’aroma dei suoi mezzi toscani del Presidente. Perché parlare di Stefanel adesso che ci stiamo risvegliando con i play off, dopo tredici giorni di assurdo letargo dove persino i brocchi di stagione si vendevano come asparagi di lusso? Perché ci è piaciuta una sua frase nell’intervista fatta al settimanale Gente: “Fumare deve essere un piacere, non un vizio”. Ecco, la stessa cosa dovrebbe essere andare a vedere il basket: un piacere, non un vizio, non un esercizio di memoria, ma lo stimolo a vedere oltre certi muri.
Tornando a Madrid abbiamo visto la grande recita di chi conta, diciamo Gherardini, di chi è bravissimo, diciamo Messina, di chi vorrebbe contare, molte delle comparse al Pabellon, dei manager pentiti, ma non abbattuti, tipo Atripaldi, dei futuri presidenti, diciamo Djordjevic che vorrebbe l’elisir capace di farlo tornare giocatore in modo da potersi ritrovare con Pozzecco evitandogli di correre, sicuramente con successo, visto come lo amano tutti, per un posto in politica adesso che ha chiesto di poter incontrare Feltri nel regno di Libero, il suo nuovo guru che sarà meno severo del Repesa che lo cacciò via prima di vincere lo scudetto. In quella “galina ciega”. Mosca cieca per chi non ha manuali di pronto intervento, alla pradera madrilena c’era anche Lucio Zanca convinto che fino al 2015 il premio come miglior manager non avrà altri proprietari del Ferdinando Minucci che forse non sa ancora del suo possibile passaggio con Sale nell’arca di Giò all’Olimpia dove stanno cercando una sirena per far scendere Corbelli alla prima isola, senza capire che, fra tappeti e quadri, il romagnolo bresciano ha le sue stanze del tesoro e vorrebbe che Armani versasse dobloni per liberare la nave, senza obbligarlo a cercare la pianta per nuovi tesori. Certo è curioso Zanca: Montegranaro, Milano, il prossimo quarto di luna play off. Vedi dove vai a sbattere.
Distratti da tante cose, invidiosi per la pace della pallavolo che ha esaurito le sue finali in fretta pur di dare una possibilità alla Nazionale di andare a Pechino, ma non gelosi della tranquillità nei palazzetti dove potevi anche tifare per la tua squadra vista l’esperienza delle finali di Eurolega, dove i carabineros erano soltanto aggiunti a meravigliosi piatti della cucina basca, considerando che a parte l’indisciplina di chi rubava il posto ai possessori di biglietto, o impediva la visuale a chi lo aveva pagato tanto, non c’è molto altro da segnalare salvo il ringraziamento pubblico di Ettore Messina alla gente di Siena per l’omaggio dopo la quarta vittoria nella grande coppa senza orecchie. Pensando a come se ne era andato dall’Italia, stanco della cattiveria di chi tifava soltanto contro e non inventava mai niente di bello per la propria squadra, abbiamo anche immaginato che quell’omaggio senese avrebbe potuto spingerlo a rivedere l’offerta milanese, ma poi si è scoperto che se Djordjevic parla con gli agenti, come se fosse davvero operativo, come se davvero Dusko Ivanovic potesse essere il nuovo allenatore all’Olimpia, allora il Messina da sbarco non sarà mai sui Navigli, ma non lo sarà con nessuna altra proprietà, ammesso che ce ne possa essere una dopo questa. Il destino dei cavalieri Alatriste è segnato. O Armani o niente altro a meno che non torni Galliani con la corte degli sponsor, ma non esiste formula per lasciare Corbellon dei Corbelloni alle sue cornici.
Dicevamo play off con l’orgoglio di averli cavalcati seguendo la storia americana, con la spocchia di averli inventati noi, scoprendo che non ci sarà tanto da raccontare e, una volta tanto, sarebbe bello poterli prestare al calcio, rinunciando alla coda che per tutti non ha valore. Perché tanto pessimismo? Non è pessimismo, si chiama realismo. Contro Siena non ci sono possibilità in ogni senso e stupisce davvero il modo in cui i campioni d’Italia hanno lasciato l’arena di Madrid dopo la vittoria ai supplementari contro il Tau per ripulire il sangue. Erano felici di poter confermare di essere almeno terzi in Europa. Per noi erano anche i secondi e, forse, i primi, considerando le bufere CSKA. Ma volevano sentirselo dire, volevano l’assoluzione per la semifinale tranciata, volevano affetto, volevano qualcosa che hanno in abbondanza nel territorio, cioè fede e speranza senza pensare alla carità, convinti soltanto che non è più il caso di considerare tutti bravi e tutti santi, ci vuole anche un po’ della polvere magica che ha ispirato il camionista Sherf. Chiaro che Pianigiani ha vissuto da esordiente la sua fatica, chiaro che l’abbia anche sofferta, ma era logico, fa parte della naturale crescita di un allenatore, di un uomo. Perché domandarsi se intorno c’era soltanto consenso, se nel dopo partita c’erano soltanto critiche? Quella è la vita che si è scelto, se la goda.
Play off serviti con la tisana delle ventuno per la gloria maramalda di SKY che prende in giro i “patetici” delle ribattute spiegando che nel primo turno andranno in diretta soltanto due partite su quattro per cui la Lega avrebbe potuto benissimo cambiare orari. Ma la Lega, cari figlioli del codice maglietta, testa, Alcatraz, del bar all’angolo, pretende una lettera dagli indignati speciali per poterci fare una riunione con brindisi e poi non cambiare nulla. Sono giorno in cui si chiedono lettere come faceva sempre Rubini quando era re, quando era leone e non aveva la pazienza di ascoltare tutti. La pretendono gli indignati dal formulario di accredito proposto a Cantù dove si chiede d’inviare al sito societario la prova del lavoro svolto pena la non riconferma di un altro accredito per la partita che verrà. Tutti vogliono qualcosa di speciale negli accrediti, hanno paura di contare poco, di non avere posto abbastanza pur facendo entrare di tutto e di più come è successo a Madrid dove l’Uleb aveva i suoi coccolati e fingeva di non vedere gli altri con la scusa che conta chi conta, non chi pensa di contare, ma la verità è che vogliono prendersi piccole rivincite come è accaduto nella coppa Italia che la Lega ha lasciato navigare lontano dalla sua fiera, come si è visto nella Vecchia Pastiglia quando ci si doveva inchinare più alla quinta di Bertomeu che al presidente stesso.
Dicevamo play off invece di pagelle:
Quarti di finale
Siena-Fortitudo 3-0 e non ci vengano a dire che ha ragione Forte quando urla agli ex compagni che gliela darà lui l’Europa. Certo che la Mens Sana può perderne una, ma non due e vi ricordiamo sempre che fuori casa è una squadra che fa ancora più paura, mentre l’UPIM è un grande magazzino dove molti si giocano

il futuro, dove non c’è niente da perdere, ma dove non si può nemmeno stare ad ascoltare uno come Jenkins che tu urla in faccia: non mi avete capito. Riabbiamo capoito e come.
Montegranaro- Milano 2-3: Accidenti che rischio. Eh sì pensiamo che l’obiettivo eurolega stimolerà molto l ‘Armani facendo dimenticare a Caja di non essere quasi considerato da chi pensa al futuro biancorosso. Finelli giura di aver rifatto il pieno di energie e di poter reggere il confronto serrato, una partita, un viaggio, una cena, un viaggio, una partita anche con la panchina corta. Forse ha ragione, forse il fattore campo toglierà ai fieri guerrieri del Corbelli l’euroscialuppa. Ma il Gallo ballerino non ci crede.
Roma- Cantù 3-1: Anche nella Lottomatica ci sono momenti di confusione se ancora si rimpiange Allan Ray, se dal vergogna di Toti si è passati al sogno di finale con ammazzacaffè, ancora si parla di Tanjevic come futuro allenatore mirabile tutor per l’allievo Nando Gentile che ha un figlio prigioniero sulla panchina di Milano, ma uno, Alessandro, molto bravo, nel cuore delle giovanili Benetton dove, almeno si sente ancora il vento della Ghirada. Bodiroga giura di voler continuare con Jasko anche se l’orco mugugna. Vedremo. Per Cantù e l’esordiente Dal Monte giorni beati in attesa di avere un faccia a faccia con la nuova proprietà.
Avellino- Capo d’Orlando 3-2: serie durissima, il vero addio del Poz, il vero ostacolo mentale per l’Air prima di essere in Europa e quindi di gestire il futuro nella maniera migliore. Sarà una bella serie, sarà divertente, ma una dovrà andarsene. Peccato.
Per le semifinali? Ci sentiamo più avanti, non vogliamo dare tutti i vantaggi a Peterson.

Oscar Eleni
Fonte: www.settimanasportiva.it

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