Panama andino

28 Giugno 2010 di Oscar Eleni

di Oscar Eleni
Gli allenatori dei quali sparlare, i non affamati di Pianigiani, il gregariato senza speranze, l’addio di Binelli, le risate di Tanjevic, gli invidiosi di Treviso, il confronto Montepaschi-Simmenthal, la casa della gloria, la profezia di Kobe Bryant e la vita dopo Monza.

Oscar Eleni in viaggio premio nell’Ecuador che ti regala l’emozione della visita guidata dentro il regno del panama andino ( www.ecua-andino.com), il cappello che per 50 euro ti fa credere di essere come Napoleone, Churchill, Kruscev, Anthony Hopkins, il presidente Truman, nella speranza che non sia stato il cappello ad ispirarlo per Hiroshima, e , naturalmente, Paul Newman. Sbagliata la taglia, forse il colore, succede agli anziani che vogliono sprecare qualche soldo per sentirsi ancora vivi, ma il cappello arrotolabile permette di avere in tasca il biglietto per una vista gratuita nel regno del Panama Hat. Vi sembra poco per stare lontani da questo paese dei coriandoli? E’ il massimo, così col cappello sembri la scimmietta che non vede, le bocce sono ferme e non girano come al solito, non sente e questo è il momento dove se ne dicono di tutti i colori, si fanno passare per grandi allenatori i modesti ragionieri della panchina, si sparla di chi ha avuto un posto, si sparla di chi lo ha mantenuto, di chi è disoccupato ma potrebbe rubarti la prossima sedia.
La scimmia con cappello che non vuole vedere la lista dei convocati da Scariolo per la nazionale spagnola perché poi dovrebbe confrontarla con quella di Pianigiani per la nazionale italiana che si è radunata in una villa Reale, si è trasferita ai vecchi bagni di Bormio del balivo Pini, sfilerà a Firenze in casa Calamai dove non troveremo più la nostra cara Manuela Righini, profetessa di uno sport ragionato e pieno di vita, e poi sarà chiamata a dirci la verità in un torneo che comincia contro Israele e finirà affrontando il Montenegro a Bari. Il campo dove passeranno sotto le forche del caldo, del tifo non sapremmo dirlo, anche Finlandia e Lettonia. La scimmia con il Panama aspetta di capire davvero se Pianigiani avrà, come dice lui, una nazionale di gente giovane ed affamata. Giovane per età, ma non dentro, ma non certo affamata, visto quello che prendono certi cicis da un tallero al tiro, perché moltissimi di loro hanno passato una vita da gregari, ma è difficile che trovino un cielo diverso adesso che sono nelle mani di un Pianigiani che, invece, di fame ne ha sempre tanta anche oggi che potrebbe dire agli invidiosi: fate voi la casa con le macerie lasciate da chi giurava di lavorare per una scuola tecnica migliore aggravandone i costi quando doveva mettere punti sulla tessera per aggiornarsi ascoltando qualche grande e qualche modesto.
Non ci siamo e a Domegge la Under 20 che sembrava più bella e più forte del sollito non ha davvero incantato. Meneghin ci ha pensato sopra, ma ormai la situazione negli sport di squadra, sport invasi dallo straniero, è proprio quella del gregariato senza speranze. Vedremo come Simone il lupo si avvicinerà alla spada nella roccia lasciata dal Recalcati che torna a Varese, sulla panchina del suo scudetto più bello, dove però troverà un mondo ben diverso da quello rappresentato dall’organizazione Roosters bulgheroniana. Potrebbe trovare una spada di cioccolato, di latta, ma potrebbe anche non estrarre nulla dalla roccia dove lo spiano le suore cappuccine di madre Rubatto, tenutarie della casa dove si prepara l’assalto al palazzo federale con un ottimismo che va oltre l’età degli aggressori.
Vi serviamo salsa piccante per farvi riprendere dalle giornate di mundial sudafricano e dalle previsioni gazzosistiche sul mercato NBA nel giorno in cui si raduna la nuova nazionale. Per fortuna altre testate pensano a noi, per fortuna Walter Fuochi si ricorda che Egidio gli deve almeno un’isola felice dove raccontarci storie con classe, con sentimento e allora il suo pezzo sul Gus Binelli, che a fine mese dà l’addio al basket giocato, radunando gente vera, amici, gente grandissima, vale i mesi di astinenza passati guardando pagine che sembravano vuote anche se provavano a scriverci questi nuovi turchi da area pitturata.
Giorni di silenzio rispettando il fussbal palloso e pallonaro degli inviati tremendisti. Scopriamo un Sabatini felice perché nell’operazione Gira non ha trovato contrasti e nemici. Le cose fatte bene si applaudono, almeno all’inizio. Lui dovrebbe saperlo. Scopriamo che Bergamo è l’unico posto in Lombardia dove ci sono squadre per finali nazionali. Gloria a loro, ma vergogna per tutti gli altri. Brava Siena. Per il quarto scudo consecutivo? No. Per cosa? Per aver pensato al domani rinforzando lo staff tecnico, quello dove altri risparmiano e poi capisci tutto. Brava Roma che ci restituisce Boscia Tanjevic. Ora vedremo come si muoveranno i ser biss capitali, ma qui troveranno uno che ha riso in faccia ai chirurgo e sputato sulla chemio.
Bravo Andrea Benetton per aver detto alla Treviso che sbuffa, critica, ma ultima come presenze al pala Verde, che, da sempre, la famiglia ripiana per la gloria di una città che ama invidiare e mai aiutare. Bravo anche a chiarire il caso Repesa: lui dice che non ci sono mai stati problemi per arrivare fino alla scadenza fissata del 2012 con il Gelsomino che piaceva ai turchi. Se è così era giusto dirlo a voce alta e ora si metta al lavoro lasciando che Coldebella esprima quello che ha dentro, molte cose interessanti maturate nella testa di un bravissimo giocatore, di un uomo di basket che ha saputo imparare dai tanti maestri che ha avuto la fortuna di incontrare e che ha persino memoria buona quando parlando di Celada non si dimentica che i primi veri soldi glieli diede quell’omone che ne fece di ogni tipo, ma aveva anche genialità.
Nota per i biografi che raccolgono le figure di palta dell’uomo con il panama in gita: alla fine della quarta scudetto ci siamo avvicinati al sindaco Cenni che si abbracciava con Giuseppe Mussari, il primo cittadino e il primo nell’impero delle grandi banche, complimentandoci per la nuova paternità. Sguardo stralunato: per lo scudetto? No, per il figlio appena nato. Non era vero eppure nel rincoglio di Montalbuccio avevamo letto questa notizia. Scherzi dell’età, ombra di un cappello troppo pesante da portare. Confronto per il Simmenthal dei 4 scudetti fra il ’57 e il ’60 con la Siena di oggi. Anche allora cambiavano solo pochi giocatori, l’americano in genere. Le basi restavano Pieri-Stonerook come governo, Riminucci-Sato come luce, Tmac- con Vittori, Bertini, Augusto Giomo, persino Cescutti come ancore in terre sempre nuove dove il capitano era Riki Pagani il braccio armato del principe Rubini. Siamo d’accordo con Ferdinando Minucci quando ripete che non è il budget a dare gli scudetti. Infatti Roma e Milano che spendono come e più di lui e non vincono mai nulla e chi ha poco in casa fa cose stupende come abbiamo visto negli ultimi anni dalla coppa di Avellino in poi. Siamo sempre al discorso sui cuochi e sugli ingredienti perché altrimenti non ci sarebbero stelle e stelline e stalle.
Felici di aver ritrovato alla villa Reale Iellini, Brumatti e Giovanni Gavagnin, gente che aveva talento, gente di cuore, gente da Casa della Gloria, peccato che come gli altri eletti non sappiano dove diavolo sia questa casa. Comunque rose rose rosse per Nicoletta Persi, anche lei fra le regine del tempo. Comunque abbracci e commozione stringendo alla Gibaud estiva Taurisano e Corsolini, Gianni,
ovviamente, su Luca vedremo, per onorare Bogoncelli e Tracuzzi. Sono stati i padri fondatori di un bel basket, altro che storie, uno sport che in Italia ha avuto grandissimi personaggi, peccato che poi li nasconda in feste campestri e non si ricordi del loro reale lavoro sul campo e dietro le scrivanie. Mentre Kobe Bryant ci onora e ci spaventa con con una profezia (“Chiuderò la carriera in Italia”) in viaggio sudafricano dove lo sponsor lo ha vestito da samaritano, pensando che gli anelli al naso siano ancora vendibili da Forcelle a via Prè, ci inginocchiamo davanti a Sandro Galleani perché la nuova Nazionale avrebbe dovuto nascere ascoltando le sue storie di vita azzurra in 35 anni di gloria, dolore, felicità e tormento.
Tornati da Panama e passando per Monza ci rifaremo vivi, perché a Monza viveva il Grigoletti che ora si trastulla fra Rovereto ed Amblar dove il ricordo delle frittate alle ortiche e con ranuncoli di Gianni Menichelli ci permette di stare seduti al fresco ascoltando Gianni Decleva che ora parlerà soltanto al microfono dei telefonini come Carboni. Due voci, due storie, due belle storie eppure ci abbiamo litigato spesso, ma forse valgono più le cene a vino libero, valgono le giornate dei lamenti e delle feste senza dar peso alle parole dette o scritte. Quella era vita e lasciarla, sia chiaro, non ci fa sentire disperati. La ritroveremo oltre questi ostacoli.
Oscar Eleni
(si pregano i copiaincollatori senza idee proprie, quelli che poi pubblicano questi articoli su siti pieni di pubblicità, di citare almeno la fonte)

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