Okkio alla Perestrojka, l’Italia con il gas

4 Settembre 2022 di Stefano Olivari

La morte di Gorbaciov ci impone di ricordare un film girato proprio mentre l’Europa dell’Est stava liberandosi dell’oppressione sovietica e comunista. Certo Occhio alla Perestrojka non propone analisi politiche, ma in chiave comica e cialtrona esprime un’idea che chi viveva in Occidente si vergognava di esprimere. E cioè che quel mondo diviso in due grandi blocchi alla fine fosse rassicurante non soltanto per i ceti sociali più bassi dei paesi dell’Est ma anche per chi viveva in Occidente. L’opera del 1990 di Castellano e Pipolo è ambientata a Crema, ma ci si può ritrovare chiunque fosse all’epoca già in pista.

Protagonisti i dirigenti di un’azienda locale, interpretati da Jerry Calà, Ezio Greggio e Rodolfo Laganà, che negli anni Ottanta in trasferta di lavoro a Sofia contano sul fatto che le loro amanti bulgare mai verranno a trovarli in Italia, per le limitazioni all’espatrio. Cadute queste limitazioni, Olga e Tatiana si presentano a Crema, così come il fratello di Monica, un simil Ivan Drago che poi avremmo ritrovato nel Gladiatore. Poco male per Laganà, che non ha famiglia, mentre è molto male per Calà che è sposato (Corinne Clery la moglie) e Greggio (fidanzato con la figlia del principale, un sontuoso Guido Nicheli). Da lì una serie di equivoci, più o meno divertenti, secondo schemi collaudati e con un Calà in stato di grazia.

Gorbaciov appare soltanto in fotografia dentro una delle case bulgare, e non stiamo a raccontare un film che tutti gli interessati avranno visto più volte. Non è mai stato in corsa per il Leone d’Oro, e nemmeno per il Pardo, ma a distanza di oltre trent’anni rimane divertente e pieno di momenti di culto, da Calà quando prova a piazzare Olga in una pensione squallida popolata soltanto da africani che l’avido gestore infila ovunque per ottimizzare gli spazi (“Questa non è una camera, è il Camerun!”) al ritorno del presunto fratello di Nicheli sparito da anni, un inspiegabile Pippo Santonastaso, passando per il rimpianto per Stalin e BreznevMa più dell’esile trama e delle battute, alcune incomprensibili ai giovani di oggi (quale ragazza nel 2022 ambisce ad una pelliccia?) in Occhio alla Perestrojka colpisce la rappresentazione dell’Italia di fine anni Ottanta-inizio Novanta.

Un’Italia dove era credibile che un dirigente di secondo piano di un’azienda di provincia (Calà, appunto) riuscisse a mantenere moglie e figli in una casa enorme, con tanto di domestica fissa, per non dire dell’amante. E dove il più modesto degli italiani era nel 90% del mondo considerato una preda ambita, da tanta che era la differenza (in favore dell’Italia) come stile di vita e potere d’acquisto. Nel frattempo molto è cambiato nell’Europa dell’Est, per non dire dell’Asia, ma onestamente anche da noi. Che nel 2022 dobbiamo ascoltare l’elogio della cottura della pasta a fuoco spento, da parte di politici che vogliono svendere cioè che rimane del nostro miserabile benessere, fra gli applausi anche dei premi Nobel.

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