Meglio satelliti che falliti

14 Luglio 2009 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
Cosa c’è di più demenziale che avere 90 squadre di serie C-Lega Pro? Forse ripescare realtà ancora più precarie quando qualcuna di queste 90 fallisce oppure prende coscienza dei suoi limiti finanziari. E’ proprio quello che sta avvenendo, nel giusto disinteresse generale (ma Ibra va o rimane?) per una categoria che ha un’identità ed un senso più forti rispetto alla B, ma che non può contare sullo stesso assistenzialismo. Dopo la scomparsa professionistica di Biellese e Ivrea, gestita in maniera trasparente, hanno rinunciato al ricorso alla Covisoc la Sambenedettese, realtà con un passato remoto in A come Pisa e Avellino e realtà con un passato recente nella massima serie come Treviso e Venezia. E varie altre sono sospese (Perugia, Catanzaro, eccetera), con problemi diversi, in attesa delle decisioni del Consiglio Federale di oggi e del ginepraio dei tribunali a cui fare ricorso. A parte l’ovvia considerazione che nessuna realtà di Lega Pro può sopravvivere con i costi della serie B (Treviso, Pisa e Avellino possono rendere l’idea, con la loro fresca retrocessione dal paradiso dei mantenuti), va detto che questa categoria potrebbe sopravvivere solamente in due modi: a) localismo spinto nella formazione delle rose, non per pulizia etnica ma per motivi di budget; b) affiliazione a club delle serie maggiori, diventando organicamente ‘farm team’ di quella quindicina di società in grando insieme di finanziare tutto il sistema. Due sbocchi differenti, il primo più da serie C nel senso tradizionale, ma entrambi migliori della situazione attuale: fallimenti, ripescaggi, altri fallimenti. Tutto per compiacere l’Associazione Calciatori, cioè il sindacato delle figurine (nel senso che esiste solo grazie alla Panini), oltre a vari lestofanti che i loro boss si vergognano a far lavorare in campionati visibili.
stefano@indiscreto.it

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