Livello da serie C

19 Giugno 2011 di Marco Lombardo

di Marco Lombardo 
Mario Macalli è molto geloso della sua serie C, soprattutto da quando si chiama LegaPro. “Cambierà tutto” aveva detto ai tempi. E finora – oltre alla nuova sede nella quale lui lavora – nessuno ha capito bene cosa. Due serie e tre gironi erano prima, due divisioni e tre gironi sono adesso. Non si pagavano puntualmente gli stipendi prima, ora lo si fa ancor meno, almeno a sentire le lamentele dei giocatori di terza serie.
Però Lega Pro fa figo, e allora inutile lamentarsi, anche quando si scopre che nel giro scommesse ci potrebbero essere molte partite che la riguardano. “Gli stipendi non pagati non c’entrano nulla – ha tuonato Macalli – e comunque se c’è qualcuno che è in difficoltà non c’è da vergognarsi a diventare poveri”. Vero. Come è vero che nessuno ti obbliga a investire in una squadra di calcio, soprattutto se non hai soldi. Ma comunque la Lega Pro guarda al futuro, finalmente si è decisa la riduzione delle squadre spalmata nei prossimi anni, annuncio accolto con lo stesso entusiasmo di quello che riguarda il prossimo taglio delle tasse. Ci credono tutti. Anche noi, che per toccare con mano ci siamo voluti allora infliggere le due finali playoff della Prima Divisione, trasmesse dai RaiSport sul satellite (e dove, se no?). Abbiamo visto insomma che cos’è la Lega Pro: due partite – tra le migliori – che ricordavano quelle viste per anni sotto casa, dove l’isterico, il sedicente campione e il capitano di lungo corso erano tra i personaggi della disfida. Calci, insomma, allo stato puro, con sceneggiate da cinema, petardi lanciati a ogni fischio dell’arbitro, gente portata via dagli spalti in barella, risse tra giocatori, bottiglie lanciate dalle (sedicenti anche queste) tribune e tutto quanto fa spettacolo, in Lega Pro s’intende. Sicuramente sarà stato il fascino della serie e Macalli probabilmente avrà avuto le lacrime agli occhi dalla commozione. Di sicuro, però, c’è chi ha fatto meglio di lui: dopo una telecronaca, quella di Atletico Roma-Juve Stabia, nella quale ci è stato ripetuto più volte dai microfoni Rai che la Capitale avrebbe meritato una squadra anche in serie B (con il sogno – è stato detto – di averne un giorno tre in serie A), l’avverso risultato finale ha stravolto il compito del bordocampista (ruolo che ormai non si nega a nessuno) , accorso immediatamente al capezzale del presidente dell’Atletico: “Mi fa male il cuore intervistarla – ha coraggiosamente incalzato -, onore all’Atletico Roma”. Con il suddetto presidente che non l’ha mandata a dire: “Loro hanno vinto perché sono dei mestieranti, ma il calcio è un’altra cosa”. Chissà se Macalli lo sa.
marcopietro.lombardo@ilgiornale.it
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